mercoledì 26 luglio 2017

Gli zii di Sicilia / Il gioco a nascondersi di Frank Sinatra


Questo articolo è uscito il 16 luglio 2017 su la Repubblica-Palermo

Quando il 13 giugno 1987 Frank Sinatra disse alla Favorita «Sono siciliano, mio padre è nato qui» e si fermò un attimo per poi precisare «…a Catania» (confermando quanto aveva già detto un anno prima a Milano), nessuno pensò a un depistaggio.
In realtà sapeva da almeno dieci anni di essere originario di Lercara Friddi avendolo confidato a Mino Reitano che voleva con sé negli States e al quale, parlando in dialetto lercarese, aveva confidato la sua origine. A rivelarlo è stato nel 2015 il fratello del cantante calabrese sbugiardando così “Frankie”. Che, temendo ripercussioni sulla sua immagine già compromessa, mentiva per non apparire compaesano di Lucky Luciano che gli era ben noto. Aveva anche cercato di accontentarlo convincendo l’amico Dean Martin a interpretarne la parte in un film che fu poi bocciato dalle “famiglie”. E mentì al punto da dire di voler cominciare il nuovo tour italiano da Palermo perché vi era nato il padre, dimenticando che aveva già autorizzato una biografia ufficiale sulle sue origini etnee. 
Di fronte a tanta confusione, l’ingenuo “Club italiano amici di Frank” offrì, qualche giorno prima del concerto palermitano, cinque milioni a chi avesse trovato documenti certi sull’anagrafe paterna e, benché il premio fosse destinato a parroci e segretari comunali, si presentarono un’operaia del Massimo di Palermo dagli occhi blu e un’intera famiglia di eredi della Kalsa che si aggiunsero a due sorelle suore di Randazzo e a un paio di “cugini” di Palagonia.
Don Filippo Vitanza

Alla caccia del padre e del tesoretto, a Lercara si mosse per primo don Antonino Scianna, morto nel 2000, mentre a Palagonia si diede un gran da fare padre Filippo Vitanza, oggi parroco a Grammichele. Il primo esibì un certificato di battesimo di un bambino nato a Lercara di nome Antonio, figlio di Salvatore Sinatra e Antonina Dina; il secondo un intero albero genealogico nel quale il padre di “The Voice”, nato a Caltagirone (città che pullula di Sinatra) e vissuto a Palagonia, si chiamava Saverio Antonio. L’ipotesi del primo prete è caduta presto mentre quella del secondo resiste ancora, giacché per don Vitanza non ci sono dubbi: «Le origini sono palagonesi. Ma dei cinque milioni, con cui volevo farci un campetto di calcio, non ho visto mai niente». Né lui né altri in verità, perché il mistero è rimasto oscuro, voluto dallo stesso Sinatra che, se sul padre stese una fitta nebulosa, non esitò invece a riconoscersi nella provenienza ligure della madre, tanto da volere essere seppellito con la cravatta rossoblù dei colori del Genoa.
Il supposto padre di Frank Sinatra

A favore di Palagonia si pronunciò un altro supposto cugino, Giuseppe Scaccianoce, scomparso due anni fa, avvocato e già sindaco. Riferì a don Vitanza di aver parlato con Sinatra Junior e di aver appreso che il padre cambiava discorso quando si parlava della Sicilia. Al sacerdote Scaccianoce diede pure una foto del padre di Frank, pubblicata da don Vitanza in un libro del 1997, Sinatra: le origini, che era stata spedita ai parenti palagonesi dallo stesso Saverio negli anni Cinquanta. «Basterebbe tutt’oggi mostrarla ai nipoti del cantante per vedere se riconoscono il nonno - dice il parroco. - Sarebbe la prova che Saverio era di Palagonia. Scappò in America per avere commesso un delitto d’onore del quale nella prima edizione del mio libro non ho voluto fare cenno. Ne parlo nella seconda: Saverio uccise l’uomo che si era rifiutato di sposare una sorella dopo averla costretta alla fuitina e, commesso il delitto, dovette emigrare in America gridando “Palagonia, non mi vedrai mai più” e cambiando nome in Anthony Martin, una volta arrivato».
Nicolò Sangiorgio

La teoria di don Vitanza divenne ed è rimasta per lungo tempo quella prevalente, sicché Sinatra poté morire credendo di avere gabbato il mondo, ma agli inizi degli anni Duemila due giornalisti irlandesi, Anthony Summers e Robbyn Swan, marito e moglie, impegnati in una biografia sul grande cantante da poco scomparso (Sinatra, the life uscirà nel 2010 solo in inglese) scoprono nei registri di Ellis Island i nomi di quattro Sinatra sbarcati a New York nel 1903 e provenienti da Lercara. Vengono nel paesino palermitano di ex zolfatari e parlano con uno storico locale, Nicolò Sangiorgio, che oggi ricorda: «Iniziammo le ricerche di archivio e fu Robbyn a trovare in parrocchia il certificato di matrimonio dei genitori del padre di Frank: Francesco Sinatra e Rosa Saglimbeni. Francesco emigrò da solo nel 1900 e tre anni dopo fu raggiunto da Rosa e da tre figli». 
Fra questi c’era Antonino, nato nel 1894 a Palermo dove la famiglia si era trasferita da Lercara, come dimostra il certificato di nascita nel quale il nome della madre appare trascritto in Saglimini. Antonino ha dunque nove anni all’arrivo negli Usa e venti quando si sposa nel 1914, un anno prima di avere Frank. «Per anni - dice Sangiorgio - ho cercato parenti lercaresi, ma non ne ho trovati proprio perché la famiglia lasciò il paese, né qualcuno si è fatto avanti a rivendicare la parentela. Ma ricordo che quando proiettavano film di Sinatra in piazza la gente diceva “Andiamo che c’è il nostro compaesano”».
Dunque i Sinatra di Palagonia non hanno nulla a che vedere con il cantante da 600 milioni di dischi venduti. Don Vitanza non ci sta: «Abbiamo un’altra prova che è come dico io: Saverio si fece chiamare anche Joseph e un ospedale con questo nome fu realizzato, come è noto, da Frank Sinatra. E c’è poi nel cimitero di Palagonia una tomba con due gemelli di nome Sinatra, figli di Giovanni, il padre di Saverio. Il fatto strano è semmai che sono scomparsi i registri cimiteriali».
Il Museo Sinatra a Lercara Friddi

Tanta perseveranza da parte di don Vitanza non ha però trovato sponda alcuna a Palagonia, dove non c’è traccia di Frank Sinatra, a differenza che a Lercara Friddi, teatro di numerose iniziative dopo la scoperta da parte dei coniugi irlandesi dei documenti che attestano i natali lercaresi dei nonni paterni di Frank. Nel 2009 una lapide è stata murata in Via Regina Margherita dove sorgeva la loro casa: “L’amministrazione comunale ricorda le origini del grande The Voice simbolo dei tanti emigrati lercaresi che varcarono l’oceano sognando un futuro migliore”, sorvolando sul fatto che ad emigrare e diventare un simbolo furono i nonni. È stato istituito il “Parco della musica Frank Sinatra” dove si tiene un festival canoro, intitolato “My wayfest”, che è giunto alla nona edizione  ed è riservato a nuovi talenti. Il festival è promosso dall’associazione “Life and art” che è animata da due musicisti locali, Gianfilippo Geraci e Antonio Licata, ai quali si deve il ritrovamento dell’atto di nascita di Antonino e anche la gestione del Museo Sinatra ospitato nella Proloco ma destinato presto in appositi locali proprietà del Comune. Per il centenario della nascita è stata poi inaugurata una statua in Piazza Indipendenza, non esattamente al centro quindi, opera dello scultore locale Carlo Guttilla che l’ha immaginata stilizzata ma molto realistica nella posa iconica di Sinatra in concerto suggerita da Antonio Licata. 
La statua che ricorda Sinatra

Si poteva tuttavia fare di più. Nel 2008, quando il Comune fu invitato a Lumarzo per le celebrazioni in omaggio della madre di Frank, la delegazione di sindaco, assessori e studiosi assistettero sorpresi alla manifestazione di un vero e proprio culto che a Lercara (colpa anche di un riconoscimento tardivo e di un’amministrazione poco entusiasta, tant’è che il sindaco Giuseppe Ferrara non trova motivo per parlare di Sinatra) non c’è mai stato: tant’è che non si è ancora pensato a una strada a nome di Frank Sinatra, mentre per la cocciutaggine di un dipendente comunale l’ha avuta intitolata, sia pure per poco tempo, addirittura Jimi Hendrix.