giovedì 5 ottobre 2017

Il rosso ideologico di Guttuso


La mostra di Guttuso più facile da allestire è quella ispirata alla ricorrenza del colore rosso e delle sue variazioni, che in realtà ne attraversa tutta l’opera sin dagli anni Trenta. I maggiori capolavori, da Fuga dall’Etna alla Vucciria a La notte di Gibellina, sono intonati a questa tinta dominante e pervasiva, bruciante come un’ossessione e caustica come una passione. Perché il rosso così insistito? La critica vi ha sempre visto lo spazio interiore, la tensione tragica e simbolica fino pure alla memoria giovanile dei carretti siciliani, ma non è escluso che nel suo intento mai dismesso di riportare anche l’arte dentro il quadrante della politica, nel tempo di infiammato impegno che gli è toccato vivere, il rosso sia servito all’artista siciliano per perpetuare e testimoniare, sia pure in forme inconsce, la sua fede comunista, coerente e irrinunciabile, facendo della propria tavolozza una bandiera. 
E “Rosso Guttuso” si intitola l’esposizione aperta fino a novembre alla Fondazione La Verde-La Malfa di San Giovanni La Punta, promossa dalla galleria De Bonis di Reggio Emilia: un’occasione per godere anche di un dipinto di grandi dimensioni, poco noto ma per nulla inferiore ai quadri più celebri. Si intitola I Martiri e da solo vale la visita, nonché il gioco a capire se la parola è piana o sdrucciola. Realizzato nel 1954, un anno dopo il grande olio sul martirio di Portella, scandisce - in una sorta di guernica estesa alla storia dell’umanità - il supplizio delle figure espiatorie accomunate dal crisma dell’innocenza, da Socrate a Sacco e Vanzetti, con Cristo sulla croce che giganteggia al centro per ergersi a sacrificio universale.
La mostra espone opere magari assenti nei grandi cataloghi che però si raccomandano anche per il singolare richiamo ad altre tele. Carrettiere siciliano addormentato, per esempio, del 1946 coglie dei costumi nostrani un tema, quello del riposo associato al proprio elemento, che rimanda a Riposo del pescatore del 1955 (una barca con un uomo che dorme) come anche a Ragazzo sdraiato su un muretto di due anni prima. Ma c’è un’altra opera che incuriosisce non poco: è una delle ultime, del 1983 ed è senza titolo. Raffigura un camino, a lato del quale è dipinta una caffettiera. È quasi identica a quella del 1984 intitolata Interno con camino, salvo che al posto della macchinetta per il caffè appaiono le gambe scoperte e accavallate di una donna.

Articolo uscito giorno 1 ottobre su la Repubblica-Palermo