Onofrio Allegra a Casalvecchio Siculo |
Tutta colpa di due sorelle zitelle e ricche che spasimano per avere un nipotino. Lo vogliono a tal punto che si dimenticano di essere anche bigotte e ordiscono un piano divenuto fonte di una storia di morte e dolore.
Loro vivono a Santa Teresa di Riva e la nipote Maria Cacciola a Casalvecchio Siculo, sposata con Onofrio Allegra, un ragazzone analfabeta che ha nascosto alla moglie un gran segreto: di essere sterile. Ma si sa com’è nei paesi. Lo vengono a sapere anche le zie che si lasciano prendere da un risentimento contro l’infingardo Onofrio così acuto da macchinare un piano diabolico. Aspettano solo il momento opportuno. Che arriva quando Onofrio è chiamato nell’esercito italiano impegnato nella Prima guerra mondiale. Le zie pensano che il ragazzo debba rimanere molto tempo lontano ma non è così. Il giovane è sì analfabeta ma furbo assai. Ogni mattina si fa vedere in caserma con il giornale in tasca e lascia generosamente che qualche ufficiale gli chieda di poterlo leggere. In cambio acquista la loro benevolenza e qualche notizia riservata, come quella del bisogno che le Forze armate hanno di carbone. Lui sa dove trovarlo e si offre di fornirlo personalmente. Ottiene così frequenti permessi e l’esonero di affrontare la trincea. A casa però le cose sono cambiate. Le zie, grazie a “Carmela ‘a sciancata”, hanno messo in atto il loro progetto di far sì che Maria resti incinta. Carmela avvicina un giovanotto, Michele Famulari (che sarà insegnante elementare), al quale garantisce una somma di denaro perché compia un atto irreparabile: ingravidare Maria senza però null’altro a pretendere da lei. Quel che vogliono le zie è insomma un donatore di sperma in tempi in cui il seme non stava nelle ampolle. Il giovanotto comincia a corteggiare Maria ma senza successo perché lei pensa solo al suo Onofrio soldato che va e viene ma è perlopiù fuori. Come fare? Ci pensa ‘a sciancata. Convince Maria ad andare in una casa dove la chiude dentro una stanza. Lì si trova Michele ad aspettarla e il più è fatto. Al resto ci pensa la natura.
Quando Onofrio apprende della gravidanza, si rende conto - come del resto tutto il paese - che non può essere figlio suo. Maria, costretta a coprire il suo stupratore, anche perché così vogliono le zie ormai al settimo cielo, cerca di convincerlo che Santo Onofrio, patrono del paese, ha fatto il miracolo di dare loro un figlio. Onofrio non sa leggere né scrivere ma non è scemo. Nondimeno finge di credere alla moglie, così per tacitare la gente, alla cui linguaccia provvedono soprattutto le zie, e la circonda di ogni premura, com’è giusto con una giovane donna in dolce attesa. Le compra le medicine, i dolci, i panni per il nascituro e le sta vicino quanto più gli è possibile. Non vuole nemmeno che faccia lavoretti fuori casa. Il più amorevole dei mariti. Il più subdolo, esattamente.
Qualche giorno prima del parto va a Messina e dal farmacista Cannavò si fa preparare tre confetti avvelenati che gli sono necessari per eliminare un cane. Torna a casa e li offre alla moglie. La quale gli sorride e poi comincia a sbiancare finché rantola e muore davanti a lui, l’adorato e costernato marito. "Non ce l’ha fatta a portare a termine la gravidanza" commenta impietosito il paese. Del resto sono tempi in cui è facile morire sia di parto che di preparto. E Onofrio lo sa, si è informato bene: per questo ha agito quasi a ridosso delle doglie. Ma la vista della salma ricomposta in casa Allegra, con quel misero feto senza vita fuoriuscito da solo dopo la morte rimanendosene tra le gambe con il cordone ombelicale irreciso, induce a guardare meglio il cadavere. È troppo gonfio per un decesso come quello toccato ad altre mamme sfortunate. La bava alla bocca non è segno di ben altra causa di morte che si chiama veleno? Così comincia a circolare la voce che Maria è morta avvelenata. E chi può essere stato, al di là di tutte le cerimonie che la gente gli ha visto fare alla moglie, se non il marito, venuto a conoscenza del tradimento?
In realtà il piano di Onofrio, che sa anche chi è stato a disonorare la moglie e farlo cornuto, è di uccidere anche Michele sparandogli un colpo di pistola nel momento in cui, per fargli le dovute condoglianze, si fosse presentato in casa e gli avesse stretto la mano: con l’altra lo avrebbe fulminato a bruciapelo ai piedi della “sua” Maria. Ma Michele Famulari si guarda bene, forse il solo in tutto il paese, a farsi vivo, così confermando il fatto e il misfatto. Michele bada anche a non incolpare Onofrio di uxoricidio; né il fratello di Maria, Antonio, fa niente contro il cognato. Non ha i soldi necessari per un avvocato e dopotutto è in partenza per l’America. Non agiscono neppure le zie, nel timore di essere messe in mezzo. Così la versione che si accredita è quella di morte naturale e Onofrio può scampare alla giustizia. Ma non alla colpa che si tramuta in peccato. Da quel momento la sua vita diventa un atto di espiazione.
Nonostante il suo profondo legame a Casalvecchio, Onofrio Allegra capisce che non può rimanere con i suoi fantasmi e tra i compaesani che nel solo sguardo gli rivelano di conoscere la verità. Va via, prima a Santa Teresa, dove avvia con dei parenti un magazzino che non ha fortuna, e poi ad Acireale dove sposa una donna che è titolare di una fabbrichetta di ombrelli ed è benestante. Onofrio, che non è più un ragazzo, impiega i soldi della moglie in un’attività commerciale di frumento e foraggi che vende obbligando i clienti a ritirare la merce direttamente nel magazzino all’ingrosso dove lui la lascia in deposito. Nella frazione di Santa Maria degli Ammalati compra anche un vasto giardino di oltre duemila piante, così accresce la sua rendita. Ma il pensiero è a Casalvecchio e a come guadagnare il Paradiso, da buon cristiano che è.
Con il provento dei suoi affari progetta di istituire a Casalvecchio un orfanotrofio e ci riesce facendo sì che il paese si popoli di monache. Ma il parroco del tempo, don Mario D’Amico, non vuole suore in giro e fa di tutto perché l’orfanotrofio abbia vita breve. Allegra non demorde e ne istituisce un altro a San Giovanni Bosco, altra frazione di Acireale. Il “Collegio Allegra” guadagna presto benemerenze e il suo fondatore, quando muore, viene prima seppellito nel cimitero locale ma poi viene traslato dentro l’istituto in un’apposita cappella.
Ma nemmeno l’istituto acese, che da orfanotrofio diventerà poi centro di accoglienza di ragazze-madri, avrà vita lunga. Chiuso e abbandonato da oltre vent’anni, è oggi solo testimonianza dell’opera di un uomo che è conosciuto per la sua attività imprenditoriale, tale da avergli meritato anche il titolo di cavaliere del lavoro. A Casalvecchio lo ricordano come lo “zio d’America” perché un giorno, per la festa di Sant’Onofrio, appare e si rivolge al fercolo argenteo ringraziandolo di averlo salvato dalla galera: così ammettendo il delitto, pubblicamente e finalmente, per scaricarsi la coscienza.