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lunedì 6 ottobre 2025


 

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Un uomo suicida perché sfrattato non merita interesse

(8.10.25) Un 71enne di Sesto San Giovanni si è lanciato da una finestra di casa al sesto piano, dove viveva da solo in affitto, sfracellandosi sul marciapiede. L’uomo si è suicidato all’arrivo dell’ufficiale giudiziario e della polizia incaricati di eseguire lo sfratto per morosità. Ha lasciato sul tavolo un biglietto: “Non ce la faccio più”. I video girati subito dopo mostrano i soli mezzi della polizia scientifica e alcuni agenti. Nessuna folla, nemmeno un capannello, anzi non si vede una sola persona ferma a guardare, chiedere, farsi il segno della croce. L’uomo era solo in tutti i sensi. Il volontario di un’associazione di assistenza sociale ha detto in Tv che non si era mai rivolto a loro. Era un moribondo sfuggito a tutti tranne che al sistema giudiziario, che lo ha perseguitato e alla fine ha provato a buttarlo per strada. In uno Stato civile, quell’uomo ridotto in condizioni miserabili di vita, nell’indigenza e nella solitudine, pur nel cuore della pulsante e industriosa Lombardia, sarebbe stato individuato e sostenuto anche al momento dello sfratto, con la concessione di un alloggio temporaneo. In uno Stato civile non si lascia che un pensionato sfortunato debba togliersi la vita per togliersi tutti i debiti e che lasci cinque parole che nella loro essenza costituiscono la più fulminante condanna della civiltà umana e della solidarietà cristiana. Lo Stato e la Chiesa sono responsabili della sua morte ma per legge non ne risponderanno ad alcuna autorità: nemmeno alle decine di migliaia di coraggiosi e generosi cittadini pronti ad affrontare in piazza la polizia per gridare contro Israele e del tutto assenti quando si tratta di ragioni ben più vicine, impellenti, diffuse, terribili e scandalose.

In piazza al fianco dei musulmani e non più in nome di Dio

(4.10.25) La fede religiosa non unisce più, come è sempre stato, né vale a combattere guerre decennali e sanguinosissime. L’Occidente cristiano, in particolare l’Italia, si è trovato in centinaia di migliaia in piazza a inalberare bandiere palestinesi e sostenere una causa che un tempo sarebbe stata ritenuta estranea e forse anche ostile. Anziché parteggiare - in nome di Dio: quello degli ebrei, che è lo stesso dei cattolici - a favore di Israele, si è schierato, tradendo il proprio credo, al fianco dei musulmani, ciò che è impensabile da parte anche solo araba. Una prova di illuminismo gravido di coscienza laica e di superamento delle barriere fatte di superstizioni alzate dalla storia? Oppure una perdita di identità nazionale e uno smarrimento collettivo che spinge a rischiare l’arresto creando disordini e assalendo la polizia per ragioni che nemmeno si conoscono nella loro più radicale sostanza? Se il sommovimento di questi giorni non è un attacco contro il governo Meloni, ma un’iniziativa popolare spontanea non comandata a distanza dalla sinistra (poco plausibile se sulle barche c'erano parlamentari della sola sinistra che hanno ringraziano Schlein, Fratoianni e Conte), perché tanti spiriti indignati protestano in massa città per città contro i barbari bombardamenti di Israele su Gaza, tesi a uccidere soprattutto civili (più o meno innocenti giacché Hamas è un partito legittimamente al governo perché eletto dai palestinesi), e prendono dunque posizione pretendendo di riaprire un corridoio marittimo in pieno stato di guerra - una guerra sia pure estremamente sbilanciata e ingiusta -, ma tornano ad essere spiriti indifferenti di fronte a milioni di poveri che pure in Italia riempiono le città e per i quali sarebbe eccome santo e giusto, davvero al di là di ogni fede, “rompere e fermare tutto” contro non il governo in carica ma tutte le istituzioni pubbliche rappresentative? Certo, fa più rumore un terremoto con diecimila vittime che mille palazzi che qui e là crollino, per smottamenti e dissesti idrogeologici, provocandone in dieci anni il triplo. Certo, colpisce più un’epidemia che uccide in massa piuttosto che il cancro che ammazza singolarmente e in silenzio. Ma per essere begli spiriti bisogna saper guardare la sostanza delle cose, perché si finisce per essere tanto più simili ai barbari che si vogliono cacciare quanto più come i barbari ci si muove sulla forza di istinti ciechi e di sensibilità corte. Sarà un giorno speciale, per dirla con Trump, quello in cui tutti gli spiriti indignati e ribollenti del momento si troveranno nei flash mob, come quelli che abbiamo visto al grido social venuto dalla Flotilla di fermare tutto, quando qualcuno inviterà su Instagram a protestare in piazza contro la fame di qualsiasi ghetto di qualunque città italiana o degli zingari oppure di uno solo dei tantissimi barboni che vediamo per strada, senza nemmeno voler sapere se siano musulmani, cattolici o anche palestinesi.

Il ritorno flop di Maurizio Crozza che sembra un disco rotto

(3.10.25) Stagione dopo stagione, Maurizio Crozza diventa una crosta. La prima puntata della ripresa autunnale sul Nove è apparsa stanca, senza mordente, stucchevolmente ripetitiva nella riproposizione di figure come Urso, De Luca e Feltri, fin troppo spremute per dare ancora qualche succo. Il ritorno di Bersani, la solita tirata sulla Meloni e Salvini, quella saputa sul papa (il nuovo che scimmiotta il vecchio): è sembrato di vedere l’ultima puntata stirata della passata serie. Le novità hanno riguardato solo la parodia di “Grado zero”, la trasmissione crime di Gianluigi Nuzzi, risultata appunto una parodia e non uno sketch chiamato a far ridere. Non c’è stata una sola battuta che abbia davvero divertito qualcuno, in compenso sono aumentate la coprolalia, le canzoni mimo di dieci anni fa con testi da dopolavoro e le chiamate di applausi per autori, pulizieri e portieri. Se non si rinnova subito e bene, Crozza rischia di rimanere con i soli suoi "fratelli": il fido Zalone e l’impalpabile Belfiore.

Miracolo, Sgarbi da gravemente depresso a politico rinato

(2.10.25) Da caso politico a caso giudiziario fino a diventare un caso clinico. Vittorio Sgarbi, ricoverato al Gemelli di Roma a febbraio per una grave depressione, è stato dimesso dopo circa due mesi in condizioni tali da rilasciare, proprio alla vigilia delle elezioni nelle Marche, lucidissime interviste, proporsi come assessore regionale ad Ancona, annunciare il ritorno ad Arpino come sindaco, andare a votare, promettersi di scrivere nuovi libri, pensare a sposarsi, prepararsi ad affrontare due processi, avere tempo per battibeccare con una figlia. Se il suo non è stato un miracolo, allora il Gemelli è l’Eldorado della salute: si entra Billy Bibbit e in poche settimane si esce Jane Ayre. Una persona con la forma depressiva che ha avuto lui può in due mesi soltanto essere stabilizzata, ma certamente non messa in grado di svolgere un’attività fisica e mentale che richiede ben altro che un mantenimento farmacologico a domicilio. Finora abbiamo saputo che la depressione tende in chiunque a cronicizzarsi e richiede anni e molte volte decenni per permettere il minimo indispensabile per condurre una vita se non attiva perlomeno cosciente. Dobbiamo prendere atto che al Gemelli fanno miracoli e compiacerci che Sgarbi, smagrito e più giovanile, sia tornato tra le capre.

In una vignetta la crisi palestinese: non bastano cento cortei

In una vignetta la crisi palestinese: non bastano cento cortei
(23.9.25) C’è un genio al Corriere della sera. Non è un giornalista, ma un vignettista, Emilio Giannelli. Molte volte una sua vignetta in prima pagina vale il prezzo del giornale. Come oggi. In una sala di riconoscimento della polizia, quattro donne di nazionalità diversa vengono fatte allineare perché Macron e Tajani riconoscano quella che si chiama “Palestina”. Il presidente francese dice di sapere chi è, il ministro italiano dice invece di no, come in effetti ha dichiarato dichiarando che la Palestina non è uno Stato. Eppure è evidente la riconoscibilità della donna che eponima la Palestina: così come è chiaro che la Striscia è già uno Stato. Ma il genio è nel doppio piano sotteso dato dalla supposta condizione di fuorilegge della Palestina e soprattutto dalla presenza, di spalle, di Trump, Merz e Von Der Leyen, che aspettano l’esito del riconoscimento per prendere a loro volta posizione. Il punctum individuationis è mirabilmente l’omino in nero, un poliziotto americano: per dire che ad arrestare le quattro donne sono stati gli Usa. Bastano una pagina di giornale o cento manifestazioni di piazza per coprire tutti i significati che la vignetta offre?

Dazn sotto assedio, la partita persa dell'Inter e i fischi degli utenti

(22.9.25) “Si bloccaaaa”, “Sgrana tutto”, “Mille volte meglio Sky”, “Incompetenti”, “Soldi rubati”. Un rosario interminabile di imprecazioni di ieri sera per la partita Inter-Sassuolo su Dazn, la piattaforma più cara sul mercato, tanto che la Fanzone (l’area dei commenti) è stata di colpo chiusa, impendendo agli utenti pure di lamentarsi. Qualcuno è stato bloccato, per violazione delle Linee guida, solo per aver espresso la sua opinione non su Dazn ma sulle improbabilissime maglie esibite dall’Inter, prive di ogni traccia di azzurro e di nero (“Tute mimetiche” le ha definite un telespettatore) e tali da sembrare un prestito avuto dalla Roma. Non è la prima volta che Dazn pianta in asso i propri clienti, senza peraltro fornire alcuna spiegazione, né tantomeno delle scuse, semplicemente ignorando i ripetuti guasti e considerandoli come non avvenuti. Non sarà nemmeno l’ultima.

Ammirare in gita le rovine di Gaza dalle colline israeliane

(21.9.25) Cittadini israeliani vanno sulle colline per vedere, con un potente cannocchiale messo a disposizione a pagamento, le macerie di Gaza City e assistere ai bombardamenti. Ci vanno con viveri e bibite, qualche famigliola anche con le sdraio. Intervistati da un giornalista, dicono che si godono il paesaggio. Non diversamente si comportarono Gengis Khan, Attila, Napoleone, assisi sulle alture ad ammirare le rovine delle città distrutte e dei nemici massacrati. Gli israeliani hanno le ragioni dell’odio quando sostengono che i bambini palestinesi mangiavano dolcetti il 7 ottobre e che le madri della Striscia educano i figli perché diventino martiri e uccidano ebrei. Ma non ci sono che due verità: il risultato dello sforzo delle potenze mondiali che hanno voluto lo Stato di Israele nel 1948 e l’esito del genocidio di sei milioni di ebrei annientati dai nazisti perché fornissero oggi un alibi a un altro genocidio.

Stefano Di Martino prende il pacco, anzi glielo fanno

(20.9.25) Stefano Di Martino ha pescato il pacco nero, perché gli sta andando tutto storto: il vantaggio di “La ruota della fortuna”, la profanazione della sua intimità sul web, la lite in un ristorante con la nuova fiamma. E per ultima la rapina a Milano del suo orologio di quarantamila euro. Il caso più clamoroso è quest’ultimo. Che un napoletano rimanga fregato, cioè gabbato e derubato, da due delinquentelli di strada meneghini è proprio il colmo. Per giunta con il trucco dello specchietto, inventato a Napoli e ormai noto pure ai bambini. Due tizi su una motoretta si sono accostati alla sua auto urtando di proposito lo specchietto laterale e, come al solito, chiedendogli una somma contanti come risarcimento. Ma, vedendo cosa aveva al polso il noto presentatore, hanno cambiato subito strategia, mutando la truffa in rapina e intimando di aver l’orologio. Di Martino, napoletano sì ma non cuor di leone, ha ceduto alle parole che i due fossero armati, cosa davvero molto ma molto improbabile per truffatori che non sanno che farsene delle pistole. Quanti punti ha perso nel giro di poche settimane?

Il dito puntato della Meloni contro Odifreddi

(14.9.25) Piergiorgio Odifreddi, un materialista attratto dalla massima astrazione della matematica, è stato additato dalla presidente del Consiglio Meloni al pubblico disprezzo per avere detto una cosa sacrosanta: chi semina vento raccoglie tempesta. L’assassinio di Kirk, fan esagitato di Trump e suo beniamino, è giunto al culmine di una escalation di odio sociale fomentato proprio da Trump e non solo negli Usa. In un clima di pacifica convivenza e di sereno dibattito politico non sarebbe mai maturato. Forte è stata la frase di Odifreddi in Tv, “Non è lo stesso uccidere Martin Luther King e un Maga”, per intendere Kirk, ma coincide con la sua natura di pensatore estremista e paradossale, sicché non va colta oltre l’assonanza che sottende tra King e Kirk. Più grave quanto ha invece detto, per il suo ruolo, la Meloni, che non ha capito la boutade di Odifreddi e lo ha dato in pasto ai facinorosi e agli integralisti.

Ancora con questa storia degli arancini e delle arancine?

(3.9.25) Quando cesserà questa stucchevole solfa che chi non è siciliano ripete sulla differenza tra arancine e arancini per dire quanto si distinguano Palermo e Catania? L’ultimo è il pisano Marco Malvaldi che si è impegnato in una tirata interminabile presentando un libro di Camilleri su Montalbano. Com’è possibile che le “cento Sicilie” appaiano ai continentali, anche quelli che dovrebbero essere più avvertiti, nella sola diversità maschile o femminile di un prodotto tipico? Una diversità che dopotutto i siciliani - siculi, sicani o elimi che siano - non capiscono e non vedono, perché al bar dicono “n’arancin” senza vocale finale: non troncata, ma non prevista. Perché, oltre il Faro, tutti si sono amminchiati, per dirla con Camilleri, con gli arancini/e? Ci sono termini, come “cucchiaio” e “tavolo”, che a Catania sono maschili e a Palermo femminili, ma non fanno impressione a nessuno. E comunque neppure gli arancini sono motivo di rivalità tra i due capoluoghi, diversi sì ma entrambi profondamente siciliani: non come la Pisa di Malvaldi, richiamata da lui per contrapporla a Firenze, esse sì città del tutto coscienti di essere estranee.

Sì alla partita Italia-Israele, per essere complici di Netanyahu

(2.9.25) Sembra nato un fronte a sostegno della partita di calcio Italia-Israele. Secondo il commissario tecnico Gattuso si deve giocare e nello stesso tempo si deve stigmatizzare il governo israeliano. Non è possibile. E non lo è in base a un principio di cui proprio Israele sta dando agghiacciante prova: consuma un genocidio perché imputa a ogni palestinese inerme o imparziale la presenza e la permanenza di Hamas. Allo stesso modo è da aspettarsi che ogni israeliano, compresi i calciatori, si senta nell’obbligo di contestare l’azione disumana di Netanyahu. E una partita di un Mondiale di calcio è l’occasione più ghiotta per stabilire una distanza, una diversità civile. Ma finora dalla Nazionale di Tel Aviv non è giunto alcun segnale in questo senso. Di conseguenza, così come in ogni manifestazione sportiva dal 2022 è esclusa la Russia, con il solo permesso che i suoi atleti partecipino a titolo personale, allo stesso modo non possiamo né vogliamo vedere e sentire, per giunta in Italia, Israele con il suo inno, la sua bandiera, i suoi colori, la sua sola presenza. Ferruccio De Bortoli, per ultimo, scrive che “se li consideriamo (i calciatori ebrei) responsabili di quello che sta accadendo scivoliamo in una deriva che fa torto al nostro senso di civiltà”. Al contrario invece, se consideriamo inimputabili gli israeliani che non accusino il loro barbaro governo, non possiamo che giocoforza ritenerli collusi, mostrandoci responsabili noi stessi.

Che brutta espressione "Intelligenza artificiale"

(1.9.25) L’espressione “Intelligenza artificiale” combina in forma ossimorica una proprietà naturale dell’uomo e una qualità non presente in natura. Quindi non ha un senso se non contraddittorio. “Intelligenza” è parola usata un tempo per indicare potenze straniere, quindi i loro Servizi segreti o esseri alieni, poi giochi per bambini svegli e oggi telefonini multiuso e il lavoro da casa. Diventando “artificiale” è stata promossa da aggettivo a sostantivo: un bell’avanzamento di carriera. Ma l’intera espressione, Intelligenza artificiale, mai è stata usata in termini così impropri, a dispetto della capacità umana dimostrata negli ultimi decenni di coniare neologismi. Appare peraltro autolesionistica perché intesa ad esautorare l’uomo, cosa che magari un domani avverrà. Trattandosi alla fine di sistemi software di generazione di testi, immagini e video, perché non vengono chiamati semplicemente “generatori”, come vengono detti i dispositivi che producono energia?

Trump o Putin? L'imprevedibile o il preventivabile?

(31.8.25) Chi minaccia di più la pace mondiale? Uno come Trump che decide cosa fare di giorno secondo come ha passato la notte o uno come Putin la cui volontà e i cui scopi sono chiarissimi? Insomma fa più paura un orso grande e incombente o una entità invisibile di cui senti vicina la presenza? Gli equilibri sulla Terra sono affidati a uomini con le peggiori intenzioni e ad altri che non ne hanno alcuna. Un presidente degli Stati Uniti che toglie la scorta alla moglie di un suo ex parigrado solo per avere scritto un libro di successo ma non gradito costituisce un pericolo di gran lunga maggiore di un nuovo zar che vuole ricostituire con la massima brutalità la Grande Russia. Tra Scilla, che è un mostro, e Cariddi che è un gorgo naturale, Ulisse sceglie Scilla perché è preferibile combattere contro un gigante feroce ma prevedibile che contro un turbine incontrollabile e privo di istinto.

Quei bambini malnutriti offerti alla pena del mondo

(30.8.25) In televisione passano sempre più pubblicità progresso che mostrano bambini africani malnutriti, cisposi, malati, in lacrime, aggrediti dalle mosche e ripresi tuti in primissimo piano: puntano sul cuore del mondo invitato, con voce accorata e mistica, ad offrire denaro per la loro sorte. Che a vederla com’è sul teleschermo sembra proprio irrecuperabile, tale da scoraggiare ogni generosità. Ma tale anche da chiedersi perché gli operatori televisivi hanno registrato immagini così penose piuttosto che soccorrere quei bambini, ostentati per muovere alla compassione. Ma il dolore nel mondo non si risana con il pietismo. Non è il telespettatore che deve sentirsi in colpa e mettere mano in tasca. Basterebbe che ogni governo del pianeta rinunciasse a comprare un solo fucile per destinare i fondi a medicine da mandare in Africa e salvare tutti i bambini con il tracoma e altre malattie. Rivolgersi al cuore della gente e non al comune grado di civiltà e al generale spirito umanitario, di cui sono portatori gli Stati, significa non indicare mai i responsabili di questo orrore. Portarcelo in casa per scuoterci è come se, al tempo dei lager nazisti, gli ebrei moribondi fossero stati mostrati nei cinegiornali perché gli spettatori facessero qualcosa per loro.

Anche gli attori comici sono oracoli e predicatori

(29.8.25) Fa una certa impressione sentire gli attori pontificare e paupulare in lucco di grandi saggi, un po’ come atleti e calciatori parlare di politica. Il successo - e ancora di più la popolarità - muta i personaggi in personalità. Gente che si esprime appena in un italiano comune, che una volta si sarebbe detto volgare, assurge a opinion maker e predicatori la cui parola fa stato ed è ascoltatissima. È la stessa gente che la pubblicità usa come testimonial per prodotti la cui qualità è garantita dalla loro faccia. Ma crea davvero sconcerto vedere che anche i comici godono di questa posizione sociale. Ultimo Carlo Verdone, che decreta come gli attori non siano inquisitori e la cui firma in un manifesto propal, insieme a tanti altri nomi dello spettacolo, è stata richiesta e sbandierata come fondamento della causa palestinese. Prima di lui persino Pierino (Alvaro Vitali) e Fantozzi (Paolo Villaggio) sono stati trattati come guru e oracoli. Ma dopotutto, anche Rocco Siffredi e Moana Pozzi sono stati elevati allo stesso rango.

I Propal visti come antisemiti ma sono antisionisti

(27.8.25) Contestare la politica di governo di Netanyahu non è antisemitismo ma antisionismo. Non si fa razzismo, bensì civilismo, per cui si critica non l’esistenza dello Stato ebraico ma ciò che oggi è diventato. Epperò i filo-israeliani e gli israeliani stessi tendono a trasferire nella sfera semitica il risentimento mondiale per il genocidio che Tel Aviv sta perpetrando in Palestina. Vogliono fare apparire frutto dell’odio razziale la sollevazione Propal (che piuttosto nasce dall’atteggiamento antiumanitario proprio di Israele), quasi che essa sia diretta non ad affermare sacrosanti principi di civiltà ma a condannare il diritto degli ebrei a non essere discriminati. Tuttavia la presenza - o resistenza - di Hamas contribuisce ad alimentare questo atteggiamento equivoco. Il 7 ottobre non ha armato Israele e provocato la sua ferocia, è vero, perché la questione israelo-palestinese è aperta da decenni, ma il trauma che ha determinato nella coscienza popolare, soprattutto ebrea, è pari, se non maggiore, a quello che sta suscitando ora la carneficina di Gaza. Con la differenza decisiva che è venuto prima.

Sinner si sente già vecchio: "Un anno in più pesa"

(24.8.25) Iannik Sinner dice che a Cincinnati è stato costretto al ritiro per un’indisposizione ma anche perché, rispetto al successo del 2024, ha un anno in più: “A quest’età un anno pesa” ha specificato. Il tennista oggi numero uno al mondo ha 24 anni appena compiuti ed è ancora in una soglia anagrafica che non può dirsi nemmeno “piena”, eppure si sente già afflitto dall’età. Dovrebbe parlare con calma e a lungo con tennisti di larga fama come lui che hanno superato da un pezzo i 35 anni e sono ancora in attività o si sono appena ritirati: Nadar a 38 anni per esempio. L’esempio più splendido è quello di Novak Djokovic che ha 38 anni ed è ai massimi livelli mondiali. Ma ce ne sono altri, come Stan Wawrinka, che ha 40 anni, e Gaël Monfils che ne ha 38. Il nostro Sinner è certamente un grande campione ma spara idiozie con la forza dei suoi aces.

Carlo Rovelli: la guerra atomica? Solo questione di giorni

(23.8.25) Il fisico teorico Carlo Rovelli ha indossato i panni del monaco trappista ricordando al mondo che deve morire, anzi che sta per morire per via degli arsenali atomici che le Superpotenze starebbero per svuotarsi addosso. Sembra proprio questione di giorni. Sia nei suoi video sul sito del Corriere della sera che in un articolo nello stesso giornale, l’autore di “Sette brevi lezioni di fisica” è convinto dell’ineluttabile imminenza dell’apocalisse. Non spiega cosa lo induca a professarsi così catastrofista, ma è convinto che la fine del mondo è proprio all’inizio. Per fortuna dell’umanità non ci sono segnali di alcun genere che depongano per atomiche sulle rampe, anzi attraversiamo un’epoca, rispetto a quella del riarmo atomico che funestò gli anni Ottanta, nella quale più guerre esplodono e meno si pensa all’arma letale. Paradossalmente la sicurezza del pianeta sta proprio nella deterrenza: come in un saloon del West nessuno sguainava la colt se ce l’avevano tutti pronta all’uso, così oggi nessuno Stato è così folle da cominciare per primo, perché sarebbe come lanciarsi addosso un’atomica solo di un’altra marca.

Le feci di Putin, un boccone ghiotto per le spie Usa

(22.8.25) La notizia che Putin è andato in Alaska con un gabinetto personale e un raccoglitore di feci (che sembra pratica comune per i leader almeno russi e un tempo sovietici) desta interesse non tanto per i dubbi circa la salute del premier moscovita o per la constatazione che anche i capi di Stato, come i pontefici, sono mortali che vanno di corpo, quanto per la sottile logica che regola i rapporti tra Stati non proprio alleati, entro i quali la costipazione o la diarrea di un capintesta possono condizionare trattative, scenari prossimi e futuri, scacchieri di pace e di guerra. Sembra incredibile, ma le feci di Putin non solo sono state appositamente raccolte ma addirittura portate in Russia per essere, si spera, debitamente smaltite in patria. Lasciarle negli Usa avrebbe senz’altro incoraggiato gli spioni di Trump a guardare nella cacca come fanno i medici quando cercano sangue occulto nelle feci dei pazienti. Pare infatti sia convincimento diffuso che non “in vino” ma “in faece veritas”.

I funerali quasi di Stato di Baudo, personaggio e non personalità

(21.8.25) Pippo Baudo ha avuto funerali ufficiali con i carabinieri in alta uniforme, il presidente del Senato e quello della Regione. Ma non è stato una personalità, quanto un personaggio, un beniamino del pubblico e non una carica istituzionale. Ha esercitato potere, ma non è stato un’autorità. Eppure, dopo la morte, è stato trattato dai media e dalla stampa come se lo fosse, con profluvi di pagine e trasmissioni televisive dedicate. Se, come preconizzava Guy Debord, la società è diventata davvero spettacolo, si spiega tanto interesse. Che forse è nato dall’affetto del pubblico o forse dall’alta notorietà del personaggio e dal riconoscimento generale del peso che ha avuto. La sua celebrazione è stata ben maggiore di quella tributata a Umberto Eco, benché il semiologo fosse conosciuto in tutto il mondo e visto come un’autorità indiscussa. Volendo alla fine fare un confronto tra spettacolo e cultura, il primo subissa il secondo. Ma la personalità è Eco e non Baudo.

Quando Pippo Baudo sposò Katia sotto gli occhi dell'Italia

(17.8.25) Pippo Baudo ha portato il segno fastidioso dello strapotere mediatico. Ero direttore della Rtp di Messina quando sposò a Militello Katia Ricciarelli. Quel giorno in un paesino, Rometta, si sposavano un contadino e una casalinga. Aprii il telegiornale con ampi servizi sulle nozze dei due sconosciuti, corredati di schede e interviste pure ai parenti e alla gente per strada. Quello che a Militello stavano facendo tutte le altre Tv, dalla Rai in giù. Dopo, la speaker annunciò il servizio sul “matrimonio del decennio”: «Oggi a Militello Val di Catania si è celebrato un altro matrimonio: quello tra Pippo Baudo e Katia Ricciarelli. Ecco il servizio».

Ponte sullo Stretto, stavolta Buttafuoco è sicuro: si farà

(15.8.25) In un’intervista, Pietrangelo Buttafuoco accenna al Ponte sullo Stretto e per la prima volta ne prefigura la realizzazione quando - ministro Delrio e premier Renzi, comunque con governi di sinistra - si è sempre dichiarato scettico, arrivando anzi a dirsi certo che non si sarebbe mai fatto. Ora, ministro Salvini e governo di destra, dà per sicura l’infrastruttura preconizzando addirittura che tutti saranno d’accordo, come è stato per il Mose di Venezia, sulle prime osteggiato. Non si è detto né favorevole né contrario, scegliendo una posizione di comodo che gli permette di tenersi in campana: per non fare come Salvini che dieci anni fa andava dichiarando che il Ponte era un’“opera faraonica inutile”.

Il disagio giovanile? Chiedere alle istituzioni pubbliche

(13.8.25) Dopo la morte a Milano di un’anziana signora travolta dall’auto rubata dai quattro bambini dei campi Rom fermati e riaffidati alle famiglie, le indicazioni che emergono sono rivolte a dare maggiore peso alla scuola. Dove soltanto i bambini imparano però a diventare bulli e più tardi ad aggredire i professori. Allora il ripiego sarebbe la famiglia, che tuttavia è proprio molte volte la culla che scalda i delinquenti di domani. Mancando la chiesa con gli oratori di una volta, un bambino senza freni che comincia a misurarsi con la strada non può non educarsi secondo i suoi principi, ancor più se si vive in periferia e appartiene a una famiglia emarginata e in difficoltà economiche. Che fare allora? Gestire il disagio giovanile, che diventa sempre più precoce, è compito che spetta agli enti territoriali. Comuni e Regioni devono vigilare e intervenire, ma non lo fanno. In verità l’irrequietezza degli adolescenti è vecchia quanto il mondo. Se oggi è esplosa è perché sono venute meno le istituzioni nate per domarla e dirigerla.

Le radio private nazionali, un circo disperso nell'aria

(12.8.25) A chi capiti di ascoltare in auto la radio e sentire i conduttori delle emittenti nazionali (tutte milanesi e dunque ribalta per una pirotecnica coazione a ripetere i “lì”, gli “ok”, le “cose”, le “robe”, i" ragazzi"…), può farsi un’idea del perché i disc jockey di un tempo, che si limitavano a presentare i brani fornendo (come tutt’oggi continuano a fare molte trasmissioni radiofoniche Rai) informazioni sugli artisti, le correnti musicali, le tendenze, si sono mutati in petulanti e pedanti intrattenitori che paupalano e pontificano su ogni cosa, volendo dire per forza la loro e infilando peraltro vertiginosi rovescioni in italiano e crasse prove di ignoranza, quando non si lasciano andare il più delle volte a conversazioni di fronte alle quali quelle dell’ultimo bar di Caracas sono decisamente più interessanti ed edificanti. Non se ne salva una: da Radio Deejay a Radio 105, da Radio Italia a Radio 102,5, ma anche quelle romane come Rds e Kiss Kiss, sono il regnicolo di giovani saputelli e quarantenni arrivati che sembrano aver riesumato la commedia dell’arte senza però le qualità degli attori estemporanei. Vogliono fare ridere o perlomeno sorridere, quasi che la radio fosse nata come fucina di buffoni e giullari. Sono stati proprio loro ad averne fatto un circo.

Com'è bello andare a mare e fare il bagno nella pipì

(9.8.25) Tempo di mare, tempo di pipì (e non solo) a mare. “Enrico” dice la mamma dall’ombrellone al bambino “vai a fare la pipì in acqua”, quando a casa ha detto a Ernestina “Ma non perdere tempo, tesoro; stiamo andando a mare, la fai lì”. Milioni di bambini, adulti e anziani, uomini e donne, non riescono a resistere all’idea di liberarsi vescica e intestino in acqua. Si fanno scoprire nell’atto di espulsione perché assumono una posizione strana: stanno qualche attimo fermi, poi si allontanano quasi di corsa per sfuggire ai loro lasciti. Bisogna essere accorti e fare altrettanto, ma è estremamente difficile, perché così fan tutti, sicché tuffarsi significa entrare per forza in contatto con sostanze organiche infinitesimali ma decisamente presenti. Poi bisogna vederli e sentirli quando escono dal mare: “Ah, com’è bella l’acqua oggi!” sospirano giulivi e beati. Ma nessuno che gli dica, ovviamente per fatto personale: “Volevi dire la pipì, forse”.

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