domenica 25 maggio 2014

Oggi chi va a votare tira a sorte



Il voto di oggi costituisce un test per tutti: Renzi, Grillo, Berlusconi, Alfano e il partito degli astensionisti. Probabilmente l'ordine di arrivo sarà proprio questo, ma è possibile che l'astensionismo possa bissare il successo delle Politiche dell'anno scorso e balzare in testa risultando il più amato dagli italiani rispetto a renzismo, grillismo e berlusconismo, ancor più perché l'Europa ha molto meno appeal rappresentando oggi - e ricordando a tutti - il famigerato euro e dunque la crisi economica che strozza ogni famiglia.

Astenersi equivarrà a esprimere la propria sfiducia all'euro e perciò all'Europa, un atto che suonerà a sconfessione anche dell'Italia e dei attuali ismi.
Gli "ismi contemporanei", per usare un'espressione di Capuana tolta alla letteratura, designano un fronte nuovo di astrazioni e inconcretezze nate in ambito politico e tali da legittimare la coniazione di sfere derivate dai loro primi artefici: cosicché se prima si parlava di solo berlusconismo per indicare una lunga stagione in qualche modo dominata dalla presenza e dalla egemonia dell'ex cavaliere, oggi è possibile parlare negli stessi termini quanto anche all'opera di influenza di Grillo e Renzi. 
Gli ismi non sono un segno di salute e di prosperità, ma di regresso e negatività: non solo perché riferiscono movimenti di pensiero e partiti a singoli individui ma anche soprattutto perché creano condizioni di forte precarietà, sono sinonimo di volatilità, astrazione appunto, e appartengono sempre a epoche di transazione, non necessariamente peggiori ma comunque provvisorie. Le grandi temperie, dal romanticismo all'illuminismo al fascismo o al socialismo, si sono distinte per il loro "ismo", cioè per un suffisso che connota una dottrina, una tendenza o una condizione.
Siamo oggi sotto l'egida di altri ismi e ne vediamo gli effetti. La preoccupazione di tutti gli ambienti politici è che l'astensionismo possa crescere superando il 30% che è l'ambitissimo traguardo, quasi un sogno, dei tre maggiori partiti: una preoccupazione fondatissima, che anziché spingere a giudicare lo spirito democratico degli elettori, agitando loro la fedina dello scorso senso civico e temendo un cedimento della coscienza politica, dovrebbe piuttosto suggerire un autoesame collegiale e indurre a chiedersi quanto colpa hanno gli ismi di oggi nella disaffezione di cittadini che fino a qualche anno fa accorrevano in massa alle urne dando costante prova di grande partecipazione.
Quando del resto la scelta dell'elettore si riduce a un sorteggio, essendo le liste pressoché omologhe e non distinguendosi i partiti in gara che per uno più o meno accentuato pragmatismo, mancando del tutto il contenuto ideologico, è naturale che si creino le basi bene rappresentate dalla favola dell'asino di Buridano che tra più biade uguali non sa scegliere e muore. Nel nostro caso l'italiano impossibilitato a scegliere affida la sua preferenza alla sorte o peggio ancora al capriccio o magari alla simpatia, non certo alla sostanza della scelta da fare. 
Distinguere l'offerta è la condizione irrinunciabile per stimolare la domanda, ma questo principio di base è venuto meno per cui è davvero difficile andare oggi alle urne pensando all'Europa o all'Italia e cercando di cogliere le differenze tra le proposte avanzate, essendo tutte un richiamo o un remake dell'altra. Se del resto il governo italiano è oggi composto da forze che sono teoricamente antitetiche ma che si ritrovano a condurre un'azione che le fa sembrare dello stesso schieramento, definibile progressista-moderato, decidere di non votare è a questo punto forse preferibile che votare tirando a sorte. 
L'attuale tempo che può essere posto sotto il segno del trattino che tutto lega, anche gli opposti, il solo risultato che può sortire in ogni elettore è un sacrosanto disconoscimento: tanto più consequenziale quanto meno lo stesso elettore intenda perdere il proprio portato di idee e convincimenti, il proprio retaggio di valori morali e il proprio spirito di appartenza ideologica che invece l'apparato politico nel suo complesso tende a globalizzare e uniformare.