lunedì 26 maggio 2014

La manovra spericolata di Crocetta


Il risultato del voto europeo sta avendo, a stare alle prime reazioni, un effetto sul piano nazionale di gran lunga maggiore di quello che avrebbe dovuto avere su quello continentale. In Sicilia i commenti adombrano addirittura un remake del voto regionale del 2012 accampando un referendum che lanciato da Rosario Crocetta gli si è ritorto alla fine contro.
L'aver candidato la sua ex segretaria e attuale assessore Michela Stancheris, sfidando Giovanni Fiandaca e quindi il Pd, si è rivelata una mossa sbagliata. Ma astuta nelle sue intenzioni: affrontando di petto Fiandaca, accusato in definitiva di essere un favoreggiatore della mafia o un incompetente in materia, Crocetta aveva voluto stanare il Pd e metterlo di fronte a una scelta che, al minimo, avrebbe contrariato Renzi, il cui imperativo era stato quello di tenere il Pd se non unito quantomeno non ufficialmente spaccato. La scelta di Raciti, Cracolici e gli altri sarebbe stata tra votare Stancheris e quindi Crocetta oppure Fiandaca, via obbligata e dichiarata questa se non ci fosse stata la candidata del presidente e se votare Fiandaca non avrebbe significato consacrare la spaccatura. 
Più dunque Crocetta ha colpito Fiandaca più ha costretto il Pd a ripiegare su un altro candidato di cartello. Le circostanze hanno voluto che Michela Giuffrida sia stata il collettore di voti anti Stancheris figurando nella lista pd ancorché in quota Leanza, cioè l'ex delfino dell'impresentabile Lombardo, l'ex democristiano ed ex Udc transitato a sinistra e finito a braccetto con Crocetta. La Giuffrida, che se avesse dovuto contare sui suoi voti e quelli di Articolo 4, sarebbe rimasta ai nastri di partenza, ha accumulato un exploit di oltre 90 mila voti grazie alla sua posizione estemporanea di equilibrio tra Crocetta e Pd, grazie cioè alla multiforme ubiquità di Leanza. Attraverso il quale in fondo ha anche vinto Crocetta oltre che il Pd. Che può fare sapere a Renzi di avere tenuto unito il partito e che adesso, come ha già fatto Raciti, può chiedere a Crocetta di tirare le somme: o governo ter con il Pd (e Articolo 4) gagliardamente egemone o voto di sfiducia. 
Crocetta fa però finta di non aver sentito e manda a dire a Raciti che pensa solo a governare e andare avanti: anche a costo di sbattere. Il rischio è proprio questo. Se Crocetta non la smette di sentirsi il messia mandato dal fato in Sicilia e di parlare di rivoluzione cominciando a pensare invece alla rotazione e al suo ridimensionamento, finendo di scaricare ogni impasse all'Ars, la possibilità che l'azione di governo e parlamentare riprenda è ancora viva. Con l'incognita che Crocetta non si lascia tentare, à la Leanza, come dire à la Lombardo, di saltare da sinistra a destra e guardare con occhi nuovi a un Centrodestra, Forza Italia innanzitutto, che esce ringalluzzito dal voto europeo in Sicilia rispetto al dato nazionale. Il rimedio sarebbe certamente peggiore del male, ma chi è al governo si crede inamovibile se non per rinuncia. E Crocetta, che la rivoluzione finora fatta è quella del carosello di figure improbabili portate dalla strada alla porpora, si è fin troppo legato alla poltrona per pensare di lasciarla. Fino a qualche tempo fa minacciava le dimissioni sperando di ottenere dall'elettorato il sostegno necessario a governare da solo, ma ora non parla più di dimissioni e di ritorno alle urne. Al momento deve curarsi la scottatura che s'è preso.