Esemplare del Damareteion fotografato da Rizzo |
Il Museo Orsi custodisce una moneta antica, il decadramma di Siracusa, meglio noto come il "Damareteion", che se non è di valore economico inestimabile (oscillando tra 150 mila e 225 mila euro) ha un’importanza numismatica che la pone, per la sua bellezza, seconda solo al tetradramma di Aitna, ritrovato nel Catanese, appartenuto a Giovanni Verga e oggi esposto a Bruxelles.
In L’arte della moneta nella Sicilia greca, il melillese Giulio Emanuele Rizzo, grande esperto di monete antiche siracusane, scrive del Damareteion in questi termini: “Chi guardi principalmente all’arte dovrà venire dai tetradrammi arcaici ad una veramente illustre moneta siracusana, caposaldo per ogni studio cronologico e artistico: al decadrammo coniato immediatamente dopo la battaglia di Himera (480 a.C.), al Damareteion.”
In L’arte della moneta nella Sicilia greca, il melillese Giulio Emanuele Rizzo, grande esperto di monete antiche siracusane, scrive del Damareteion in questi termini: “Chi guardi principalmente all’arte dovrà venire dai tetradrammi arcaici ad una veramente illustre moneta siracusana, caposaldo per ogni studio cronologico e artistico: al decadrammo coniato immediatamente dopo la battaglia di Himera (480 a.C.), al Damareteion.”
Il nome deriva dalla moglie di Gelone, Damareta, protagonista nella stipula della pace con i Cartaginesi battuti a Himera dai Siracusani e dai Sicelioti. La regina ottenne che i punici non sacrificassero più vite umane alle loro divinità e in cambio convinse il marito a stipulare un trattato di pace favorevole con la nazione sconfitta dopo il tentativo di conquista della Sicilia. In segno di riconoscenza i cartaginesi donarono alla regina cento talenti d’oro con una parte dei quali fu coniata il decadramma che prese il suo nome.
La datazione è però controversa. Recenti ricerche hanno proposto un conio molto più recente, riferito alla seconda metà del quinto secolo, ma depone in maniera determinante la testimonianza di Diodoro Siculo che attesta la coniazione alla luce dell’accordo di pace cartaginese: ancor più perché nel “dritto” la moneta riporta in esergo (cioè nella parte inferiore) un leone africano che è simbolo di Cartagine. Conviene lo stesso Rizzo, che aggiunge: “Moneta singolarissima, l’unica di cui gli stessi antichi scrittori ci attestino il modo e il momento della sua eccezionale coniazione. È monumento di storia, oltre che di arte, come prima medaglia commemorativa del mondo antico”.
La moneta offre nel dritto un auriga che guida tre cavalli sotto una Nike alata che incorona curiosamente non l’uomo ma gli animali. Nel rovescio è incusso il volto della ninfa Aretusa attorniato da quattro delfini, simbolo di Siracusa e da un etnico, Sirakosion, nel quale la omicron non è ancora distinta dall’omega e la lettera Rho è riportata nell’antichissimo segno, a riprova dell’arcaicità del conio.
Non è mai stata data un’identità all’autore, che ha avuto il generico appellativo di “maestro del Damareteion” al quale è anche attribuito il tetradramma di Leontini, una moneta che ebbe più conii e che non è molto rara. Rarissimo è invece il Damareteion di cui esistono solo 14 esemplari. Uno è quello d’argento conservato al Museo Paolo Orsi nella collezione numismatica che solo dall’anno scorso è stata nuovamente esposta al pubblico allestendo un’apposita sezione per accedere alla quale si paga un biglietto d’ingresso suppletivo. Purtroppo la moneta è confusa con tutte le altre e non gode di una particolare visibilità. Il suo stato di conservazione è pessimo ed appare anche danneggiata. Proviene dalla collezione della famiglia Pennisi di Acireale ed è arrivata a Siracusa, sua città d’origine, grazie all’acquisto che ne fece la Regione, presidente Rino Nicolosi. Il ritrovamento risale alla metà degli anni Trenta in occasione dei lavori di costruzione del Palazzo di giustizia di Catania. Per colpa degli scavi la moneta fu irreparabilmente danneggiata. Ma conserva interamente il suo fascino.
La moneta offre nel dritto un auriga che guida tre cavalli sotto una Nike alata che incorona curiosamente non l’uomo ma gli animali. Nel rovescio è incusso il volto della ninfa Aretusa attorniato da quattro delfini, simbolo di Siracusa e da un etnico, Sirakosion, nel quale la omicron non è ancora distinta dall’omega e la lettera Rho è riportata nell’antichissimo segno, a riprova dell’arcaicità del conio.
Non è mai stata data un’identità all’autore, che ha avuto il generico appellativo di “maestro del Damareteion” al quale è anche attribuito il tetradramma di Leontini, una moneta che ebbe più conii e che non è molto rara. Rarissimo è invece il Damareteion di cui esistono solo 14 esemplari. Uno è quello d’argento conservato al Museo Paolo Orsi nella collezione numismatica che solo dall’anno scorso è stata nuovamente esposta al pubblico allestendo un’apposita sezione per accedere alla quale si paga un biglietto d’ingresso suppletivo. Purtroppo la moneta è confusa con tutte le altre e non gode di una particolare visibilità. Il suo stato di conservazione è pessimo ed appare anche danneggiata. Proviene dalla collezione della famiglia Pennisi di Acireale ed è arrivata a Siracusa, sua città d’origine, grazie all’acquisto che ne fece la Regione, presidente Rino Nicolosi. Il ritrovamento risale alla metà degli anni Trenta in occasione dei lavori di costruzione del Palazzo di giustizia di Catania. Per colpa degli scavi la moneta fu irreparabilmente danneggiata. Ma conserva interamente il suo fascino.