sabato 9 dicembre 2017

Il teatro che a Sambuca dà valore alle idee


Articolo uscito l'8 dicembre 2017 su la Repubblica-Palermo

Diceva Sciascia che i siciliani non credono nelle idee. Però a Sambuca di Sicilia, nella sua stessa provincia, il teatro comunale si chiama proprio “L’Idea”. E pare che il nome risalga proprio all’anno della sua costruzione, cioè al 1848, quando un convivio di galantuomini della meglio borghesia, ispirati da retaggi illuministici trasposti nel pieno della temperie risorgimentale e innestati nel nerbo della creatività romantica, intesero farsi dono di un gioiello che (al pari del Teatro Amazonas di Manaus, nato 36 anni dopo nel posto più sperduto del Brasile ad opera di altrettanti notabili) fu concepito come un’oasi di civiltà nel deserto culturale e sociale della Sicilia del tempo: un’idea nuova appunto. Che ancora oggi vale un’istanza di sviluppo rimasta pendente, se è vero che per taluni nobili eredi dei fondatori, sebbene il teatro sia proprietà del Comune già dal 1866, vigerebbe un diritto di esclusiva su alcuni palchi, a suggello di un privilegio che apparirebbe perciò come un incantesimo. 
Eppure il prossimo anno L’Idea festeggerà ben 150 anni, in coincidenza con un’altra ricorrenza, simbolo di una ricostruzione non solo del teatro ma pure del territorio: i settant’anni del terremoto del Belice. La presidente Costanza Amodeo e il direttore artistico Salvatore Ferlita progettano, insieme con l’amministrazione comunale, un libro che racconti la storia pluricentenaria del teatro, capitolo eminente di una storia ultramillenaria dell’antica Zabut che risale ai Sicani, da inserire nel più vasto ed eccezionale caso, anch’esso tutto da studiare, di una provincia che conta un teatro quasi in ogni Comune, pur piccolo che sia e qualche volta chiuso, come quello stesso di Sambuca fino a quattro anni fa. 
Ma non è certo un paese per vecchi il borgo colore del vino che l’anno scorso è risultato il più bello d’Italia, né il suo teatro - di classico stampo ottocentesco ma restaurato con il gusto del Novecento - tradisce l’età e sa di museo. La stagione teatrale 2017-18, che comprende prosa, musica e danza, ha infatti operato scelte di sapore moderno e levato uno sguardo, curioso e originale, anche fuori dell’Europa. Domani sera, per esempio, due tangeros argentini balleranno sulle note di un ensemble della pampa conosciuto oggi per essere il primo nel mondo del tango, mentre il 22 sarà un’orchestra tutta siciliana di fiati e percussioni a rinverdire il clima natalizio secondo un ritmo jazz chiamato a rivisitare la tradizione. Fino a maggio, con due appuntamenti al mese, il cartellone dell’Idea continuerà poi a proporre commedie, adattamenti, concerti - e pure spettacoli carnascialeschi col pubblico in maschera - cui farà da complemento fisso, più per il palato che per lo spirito, il piacere delle libagioni offerte dalle migliori cantine, nel segno del dio del teatro che è anche il più allegro compagno di bevute. 
Il teatro di per sé vale il viaggio, per il suo stile combinato di neoclassico e liberty, la forma a ferro di cavallo, i tre ordini di palchi e l’aria che manda di una belle époque di provincia rimasta come sospesa tra due età. Dove al cosmopolitismo del concittadino Navarro della Miraglia fa da contrappunto il campanilismo tutto rurale del pittore sambucese Gianbecchina entro un precario equilibrio di costumi e mode che sembra riflettere le maree del lago Arancio, giù nella valle, sulla superficie del quale ora si inabissa e ora riemerge il fortino arabo di Mazzallakkar. E il teatro L’Idea che chiude per anni e poi riapre, secondo gli slanci culturali e i rigurgiti passatisti, sembra fare da spia e terminale a una paese che sulla “plaga del feudo”, per dirla con Sciascia, vanta una “classe di notabili aperta alle nuove idee”. Idee, giustappunto, nate in un paese il cui nome significa “remoto luogo” e il cui teatro si chiama Idea. Perciò la visita non può che cominciare da qui.