venerdì 3 settembre 2010

Le mancanze di Mancuso



Sulla questione se sia etico pubblicare per Mondadori, dal momento che la major di Segrate è proprietà di Berlusconi, Vito Mancuso torna su Repubblica volendo avere l’ultima parola dopo aver avuto la prima.
Chi si aspettava un outing e l’annuncio che non avrebbe più scritto per Mondadori ha perso tempo a leggere il complicato articolo di oggi, perché Mancuso reitera il suo dubbio e si dice pronto ad esprimere ammirazione per quanti con i loro proventi di autori Mondadori vorranno non alimentare più il conflitto di interessi che per lui è “la madre di tutti i problemi”. Se dichiarasse che non sarà più un mondadoriano, qualcuno potrebbe provare la stessa ammirazione per lui: non tanto per la scelta etica ma per la rinuncia alle messi che in Mondadori corrono grasse.
Ma poi: ammirazione per cosa? Ritenere che chi pubblica per Mondadori debba sentirsi ricoprire di onta perché arricchisce il reprobo Berlusconi è come non prendere in locazione o acquistare un suo appartamento, come non andare a San Siro a vedere il Milan o non acquistare Panorama. Ma perché Mancuso addita alla loro autocoscienza soltanto gli scrittori? Che forse io vedendo Premium foraggio Berlusconi meno di Saviano? O, essendo uno scrittore, lui incide di più nel coonestare la madre di tutti i problemi? Se tra le attività di un capo di governo che è un imprenditore c’è conflitto di interessi, tali attività non possono essere solo quelle intellettuali, perché sono anzichenò quelle economiche a pesare semmai di più. Ma, a ragionare alla Mancuso, perché nessun dubbio è mai sorto in capo a un autore Feltrinelli al tempo in cui Giangiacomo militava in rosso sovversivo? Si dirà: perché non era capo del governo. Già, ma ci sono stati fior di capi di stato e di governo, in America e in Francia, e ministri italiani della Prima repubblica come della Seconda, sottosegretari in carica, ad avere conservato con profitto le proprie patenti di imprenditori molte volte in conflitto con interessi dello Stato. Il padre di tutti gli esempi: ci sono forse al mondo editori che facciano i loro giornali contro i loro interessi privati? O piuttosto non gestiscono le loro testate proprio per perseguire vantaggi economici, politici e strategici personali? Sono o non sono, questi, casi di conflitti di interesse a danno della società?
Mancuso, fine e acuto teologo, è stato fulminato sulla via di damasco e invece che, silenziosamente e senza pifferi, dire addio a Segrate, ha montato un putiferio che al direttore di Repubblica deve essere sembrato un jackpot. Quel che sorprende e dispiace di Mancuso è la sua perfetta conoscenza di temi e argomenti di carattere ordinario. Proprio così: perché quando credevamo che non potesse avere né testa né idee se non per l’immortalità dell’anima, condizione e professione che lo hanno reso meritatamente noto e stimato, e lo pensavamo intento unicamente sui suoi incunaboli, con grande – stavolta sì – nostra ammirazione, abbiamo invece scoperto che sa tutto del Lodo Mondadori e di ogni bega politica di maggior momento. La madre di tutti i problemi è allora l’industria della metamorfosi. E così come un imprenditore non dovrebbe, per ragioni etiche, scendere in campo mutandosi in politico e restando imprenditore, alla stessa maniera un teologo non può misurarsi con il secolo trasformandosi da pensatore in agit-prop. Unicuique suum, Mancuso. Primum philosophari, deinde vivere, direbbe un letterato.