mercoledì 13 luglio 2011

La storia di Stilos, una storia siciliana


Stilos è stato il giornale siciliano che ha dimostrato come in Sicilia sia possibile realizzare un progetto di respiro nazionale e come allo stesso tempo non sia possibile mantenerlo in vita. Si tratta di un teorema che isterilisce lo spirito machiavellico perché non offre soluzione alcuna alla questione circa la possibilità di conservare un potere o salvare comunque una acquisizione. Se pensiamo a Brancati e alle sue due categorie di siciliani, i «pigri onesti» e «gli uomini animosi e spregiudicati» che menano strame dei primi, capiamo che soltanto un’azione di forza può avere in Sicilia successo: ma sulla testa di quanti si confanno a un ideale di onestà nell’avvio di un’intrapresa.
Di qui una morale individuale dell’inedia, ricavata da un’etica collettiva della prevaricazione, che definisce il costume dei siciliani. Il principe di Lampedusa vedeva nella spinta altrui a fare qualcosa il male primo dei siciliani: «Il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è quello di fare. Il sonno è ciò che i siciliani vogliono». Fare qualcosa è sinonimo dunque di peccato, di trasgressione, perché è il sonno, l’acquiescenza alla logica dominante, che la cultura siciliana pone a statuto. 
Quando oggetto di un’iniziativa è la cultura, ecco allora che le cose si complicano, perché, come diceva proprio Brancati, «il contatto dei siciliani con la cultura è sempre drammatico». E’ un problema antichissimo: Platone viene a Siracusa per edificare uno stato di stampo culturale e finisce addirittura schiavo. Gli aristocratici siciliani guardarono sempre con disgusto quanti esercitassero le arti liberali e fossero dunque persone istruite e di buone letture. La Sicilia delle classi al potere ha sempre dato scarso spazio alla cultura come industria della conoscenza: un po’ perché non perdona la smania di fare e un po’ perché teme la cultura. 
La cultura in Sicilia è storicamente vista come eretica e anticonformista, tale da costituire una minaccia per il blocco di potere dominante. Da Vittorini a Sciascia, la proposta è di una letteratura che non consoli ma che inquieti, una letteratura non asservita alla politica ma capace di influenzare la società. La logica prevalente della stampa quotidiana in Sicilia è andata invece sempre nel senso di soffocare la cultura riducendola nella condizione degli altri settori, la cronaca e la politica, cioè alla stregua di un addomesticato strumento di potere: forse ancora di più perché la cultura ha in sé una forza di persuasione che le altre branche del giornale non hanno.
In questo clima di sfavore nasce nel 1999 una rivista che pretende di occuparsi solo di cultura letteraria forte del fatto di operare in una regione che ha dato i migliori frutti nazionali sul campo dell’attività culturale sin già dall’esperienza dei dioscuri della letteratura italiana contemporanea, Pirandello e Verga. 
Per un gioco del destino, Stilos nasce in seno a un quotidiano che, come del resto gli altri giornali siciliani, tratta la cultura nei modi di una presenza marginale e residuale. Sin dal primo momento quindi Stilos si pone come elemento estraneo e di disturbo ed è costretto a misurarsi con logiche contrarie e contrastanti che si fanno nel tempo sempre più pressanti. Ma sin dal primo momento si assiste a un fatto del tutto nuovo e imprevedibile: Stilos va in edicola come allegato a La Sicilia e registra un successo di vendite che scoperchia un mondo di lettori inesplorato. Il gradimento della platea siciliana giunge a riprova di un facile postulato: se la Sicilia è fucina di autori che costituiscono la parte migliore e direzionale della letteratura italiana, non può non costituirsi anche come mercato di una forte domanda di libri e di cultura. 
Trova perciò conferma la teoria per la quale non esistono lettori provinciali ma soltanto giornali provinciali mentre cade il pregiudizio secondo cui la Sicilia non ama la cultura dal momento che è gravemente priva di librerie, case editrici e riviste culturali. Sulla base di questo convincimento, la Sicilia non ha mai provato a verificare la rispondenza al vero di tale postulato e soprattutto non ha mai voluto sapere se la mancanza di un commercio culturale dipendesse dalla rinuncia delle classi detentrici dei mezzi di produzione e delle imprese editoriali di scommettersi e andare a vedere. In questo quadro il florilegio sempre più massiccio di scrittori siciliani divenuti protagonisti della scena nazionale era visto come un fenomeno indipendente dalla situazione di regresso della cultura in genere. Eppure anche in altri campi, quali l’arte figurativa, il cinema e il teatro, era possibile cogliere in Sicilia segnali di un fermento che aspettava di essere messo a frutto nelle sedi deputate, cioè i giornali e le radiotelevisioni private. 
Si è assistito, fino alla nascita di Stilos, a un crescente processo di divaricazione tra la cultura da un lato e l’editoria dall’altro, processo che ha portato la parte più avvertita dell’isola a prendere le distanze da un’editoria che si è mostrata cieca di fronte alle spinte vocazionali più attive. Cosicché mentre i quotidiani hanno continuato a trattare con sufficienza la cultura siciliana, il mondo culturale siciliano si è chiuso nel suo regno dell’inavvertenza dissipando le proprie energie in effimeri atti di presenza privi di risultato in mancanza di propulsori quali sono i quotidiani. Che, interrogandosi sul calo di vendita e soprattutto di prestigio, non sono mai arrivati a capire che il loro male oscuro è nella sordità opposta agli appelli della cultura e ai suoi stimoli. 
Stilos arriva nel momento in cui, alle soglie del nuovo secolo, la separazione in casa tra cultura ed editoria ha raggiunto il culmine. Gli ambienti culturali non possono più accontentarsi di una sola pagina culturale al giorno, una pagina che in tutti e tre i giornali siciliani è perlopiù estranea, perché frutto delle agenzie di stampa. In qualche modo Stilos sana (o apre la strada per farlo) questa frattura avvicinando la cultura all’editoria e dando alla società siciliana una chiave d’accesso nel mondo culturale. Pur tra mille difficoltà e correnti interne contrarie, il primo Stilos ottiene negli anni di esordio, tra il 1999 e il 2000, un risultato che va incontro alle attese. Esce ogni quindici giorni, allegato a La Sicilia, e offre una proposta culturale di argomento esclusivamente siciliano, comprensiva di ogni genere, dalla letteratura alla fotografia, dal teatro all’arte. Scrittori, pittori, commediografi, figure di spicco estranea alla politica o all’economia hanno finalmente uno strumento di mediazione. Il successo suggerisce di fare di Stilos una testata indipendente dal quotidiano, da portare in edicola autonomamente. Ne esce un solo numero, sul finire del 2000, che non ha però la fortuna del supplemento allegato, forse perché appunto privo del traino del quotidiano. Questa considerazione suggerisce di riportare Stilos dentro La Sicilia cosicché il magazine rimane un supplemento allegato ma cambia formato: da tabloid a lenzuolo. Cambia anche il target: da ampio osservatorio e terminale di ogni iniziativa culturale, diventa sede di interesse della sola produzione libraria con uno sguardo particolare alla letteratura. Cambia soprattutto l’orizzonte: non più autori e artisti siciliani, ma apertura sempre più convinta ad esperienze e vicende nazionali e internazionali. L’attenzione delle case editrici nazionali permette poi di accedere a un genere molto frequentato dalla stampa nazionale e cioè l’anticipazione. Romanzi e saggi di autori famosi trovano in Stilos uno spazio di presentazione che diventa crescente ed evidente. Il consenso intorno al magazine trova risposta nella disponibilità di molti autori della nuova scena nazionale di pubblicare racconti inediti mentre circostanze più che altro fortunate permettono di scoprire, non solo in Italia, ma anche all’estero, testi inediti che attirano sempre più l’interesse nazionale. Autori e critici di meriti riconosciuti accettano con entusiasmo di pubblicare loro interventi su Stilos, mentre si allarga il numero dei collaboratori e le interviste a tutta pagina a scrittori famosi anche stranieri diventano la parte più consistente del magazine. 
I tempi sono maturi per un lancio nazionale ma le forze interne a La Sicilia, contrarie sin dal primo momento a Stilos, hanno il sopravvento e ottengono un ridimensionamento del magazine che da supplemento esterno diventa un inserto del quotidiano, con poche pagine e con una improbabile carta di colore rosa. Da quindicinale si trasforma in settimanale, elemento questo che permette a Stilos di mantenere anche in ambito nazionale i consensi ottenuti, di incentivare soprattutto le anticipazioni di libri in uscita presso i principali editori e di stabilire un contatto più diretto con il pubblico dei lettori. Arrivano anche non pochi riconoscimenti, fra cui il Premio Vittorini. 
Nel 2005 la svolta, frutto di una rivincita interna al giornale contro le sacche di resistenza e opposizione: l’editore accetta di lanciare Stilos su scala nazionale e di farne un giornale autonomo e distribuito in tutto il territorio italiano. Il giornale cambia numero di pagine, arrivando a 24, e da settimanale torna a essere quindicinale. Cambia anche l’allestimento grafico e recluta opinionisti fissi fra cui Walter Pedullà, Aurelio Grimaldi, Arnaldo Colasanti che formano un reparto d’onore e una presenza identitaria. Cresce il numero dei collaboratori, sparsi in tutta Italia e all’estero, realizzandosi uno scacchiere che permette a Stilos di essere presente in ogni regione. Le vendite iniziali sono lusinghiere ma le difficoltà di gestire un giornale nazionale, con problemi legati alla raccolta pubblicitaria e alla distribuzione, la mancanza di un sito internet e l’oppressiva manovra contraria cui si dedicano non pochi quadri interni a La Sicilia segnano dopo un anno un leggero regresso, che l’editore comunque coglie per decretare nel settembre del 2007 la chiusura del magazine dopo una stagione di conflitti interni. 
Si chiude, ma solo temporaneamente, un’esperienza che in Sicilia è stata unica. Stilos non è stato il solo giornale siciliano di interesse culturale che sia diventato nazionale, ma anche il solo che sia nato all’interno di un quotidiano. A fronte delle numerose riviste storiche che pur hanno raggiunto un pubblico ultra siciliano come Il Lunario o Galleria, Stilos si è distinto per il suo carattere non di rivista ma di giornale, cioè di strumento più divulgativo e popolare. L’attenzione di Stilos è sempre stata infatti puntata su temi e autori che non costituissero argomento accademico né facessero medaglione ma che appartenessero alla contemporaneità e fossero i più vicini a un pubblico non paludato né specializzato. 
In questa prospettiva, lo strumento più adoperato è stato quello dell’intervista che costituisce il mezzo principe del giornalista. Modelli di riferimento sono stati La Fiera letteraria ma in un passato più recente Wimbledon di Repubblica, il mensile Millelibri, il bimestrale Pulp. Il suo merito maggiore è stato forse di aver dimostrato un teorema ritenuto improponibile: che in Sicilia è stato possibile realizzare un giornale culturale che potesse competere sul piano nazionale e che della Sicilia restituisse l’immagine di una palma che risalisse il continente portando non mafia ma cultura. Il male del provincialismo, l’ipoteca lampedusana, il pregiudizio brancatiano hanno contribuito ad affossare un’iniziativa che aveva solo bisogno di crescere per diventare grande. 
La ripartenza di Stilos nel 2010, con un nuovo editore, un nuovo programma, ma essenzialmente con la stessa squadra, porta sul mercato una rivista mensile di qualità, riprende lo spirito della vecchia testata, ne mantiene le prerogative e l’essenza, ma ambisce a imporsi come presenza nazionale e non più siciliana. In Sicilia mantiene la sede e la redazione ma la rivista guarda ormai alla Sicilia con lo stesso grado di attenzione rivolto a tutte le altre regioni. 
Il nuovo percorso dura poco più di un anno. La crisi economica internazionale, il calo di lettori di libri, la difficoltà a gestire una macchina editoriale molto complessa, l’alto costo della rivista concepita e realizzata nel migliore allestimento grafico, portano a una nuova sospensione. Cadono nel vuoto i tentativi di sensibilizzare la Regione siciliana, che si rifiuta di sostenere l’unico giornale, non solo culturale, che la Sicilia abbia mai esportato oltre lo Stretto. La Regione manca inaspettatamente l’obiettivo di valorizzare attraverso la sua unica rivista di argomento culturale, apprezzatissima in tutta Italia, la Sicilia nelle sue eccellenze. Viene così dimostrata una condizione di assoluta insipienza, che non è molto diversa dalle lotte ingaggiate contro Stilos quando era inserto e poi supplemento de La Sicilia. Anche allora Stilos era appena tollerato e tenuto dall’editore in vita solo per evitare (come avvenne dopo la prima sospensione) le proteste e le indignazioni del mondo culturale ed editoriale nazionale. Ma fu lo stesso editore, Mario Ciancio, a farsene vanto in un convegno nel quale un giornalista, Antonio Calabrò, accusò la stampa siciliana di disdegnare la cultura. Ciancio poté prendere la parola e dire che lui era l’editore di Stilos, il solo magazine culturale che uscisse con un quotidiano regionale. Ebbe un applauso.