domenica 16 marzo 2014

Bergoglio e Berlinguer: più che incontrarsi si incrociano









E’ proprio vero che a una certa età si diventa bambini e, vedendo il mondo popolato di eroi, si torna a fare domande del tipo se è più forte Tex o Zagor, incuranti del fatto che si tratti di personaggi appartenenti, anche nella finzione, a mondi ed epoche diversi. Oppure, al contrario, si affiancano sullo stesso piano, senza nessuna differenza, Capitan Miki e il Grande Blek. 
Nel suo immancabile articolo della domenica Eugenio Scalfari, che deve trascorrere una vecchiaia tormentata dai dubbi della miscredenza dopo l’incontro con Bergoglio, ha oggi accostato su Repubblica Enrico Berlinguer a papa Francesco, e pur avvertendo due volte che si è trattato di un paradosso, non ha resistito all’idea di trovare alla sua ultima più grande scoperta, appunto il capo dei cattolici e quindi il primo nemico degli atei come lui (quale si professa, sebbene sempre meno tenacemente), un confrére che forse è però ancora più lontano di lui dal momento che nello stesso articolo Scalfari dichiara di non essere mai stato comunista mentre a Berlinguer riconosce di essere stato il migliore comunista che il Pci abbia avuto. 
Bergoglio e Berlinguer non dividerebbero – ma questo lo dico io – le stesse iniziali ma forse – e questo lo dice Scalfari – lo stesso carattere e gli stessi programmi di innovazione relativi alle “due chiese”, come chiamava Sciascia cattolici e comunisti, tanto che se fossero stati contemporanei si sarebbero certamente piaciuti. 
Certamente Berlinguer non piacque a lui, se nella stessa prima pagina di Repubblica scrisse nel 1977 un articolo, intitolato “Berlinguer non è la Madonna”, per fermare il processo di sacralizzazione che era stato avviato da più parti e in ambiti anche della sinistra del segretario del Pci, chiamato non "il migliore", ma "il più grande". Ma oggi ci dice che pianse alla sua morte, che andò a Botteghe Oscure e abbracciò Ingrao commosso. 
E certamente non è davvero scontato che Bergoglio e Berlinguer si sarebbero trovati sulla stessa strada. Berlinguer fu quello che sostenne con forza il referendum per il sì al divorzio e lasciò la sua coscienza esprimersi pubblicamente in quello per l’altro sì, sette anni dopo, all’aborto. Semmai un parallelo fosse possibile tra le due figure, va visto nel senso di uno scambio di marcia: Berlinguer andò sempre più verso il centro e il papa sta andando sempre più verso sinistra, sicché più che incontrarsi diciamo che si incrocino. 
Un raffronto comunque non è possibile se non nei termini di un vero paradosso: non tanto perché sono diversi loro ma perché sono diverse le epoche. Negli anni Sessanta e Settanta la Chiesa cattolica si identificava con la Dc e decideva pure le liste nei collegi come nel precedente quindicennio post-bellico. Oggi invece ha assunto una posizione trasversale via via che gli schieramenti politici si sono liofilizzati perdendo ideologia e guadagnando pragmatismo. 
Parlare di destra e sinistra oggi è un anacronismo, contando più il contenuto che il contenitore per cui ci si divide semmai nelle fattispecie concrete della libertà di iniziativa privata, della distribuzione della ricchezza, dell’imposizione fiscale, dell’assistenza sociale, della libertà sessuale: argomenti che creano nuove formazioni di pensiero e coscienze che la Chiesa valuta non guardando più al partito ma alla loro consonanza con i suoi precetti. 
Negli anni di Berlinguer invece le scelte erano ideologiche e quindi nette. Fossero state più sfumate e svuotate della loro carica politica non si sarebbero potute avere la linea extraparlamentare e l’insorgenza terroristica. Berlinguer fu figlio del suo tempo, così come oggi Bergoglio. Ma va detto, a riconoscimento di Scalfari, che Berlinguer fu con Moro e La Malfa il leader più di tutti impegnato nel colorare di grigio lo scenario politico introducendo i mezzi toni. Non fu infatti solo il padre dell’eurocomunismo e dello strappo dall’Urss ma anche e soprattutto l’artefice del compromesso storico, dalla cui esperienza si è arrivati l’altro ieri al governo delle larghe intese. Il dialogo con gli avversari, che oggi Renzi ha messo in capo alla sua azione, fu aperto per primo proprio da Berlinguer che arrivò addirittura ad appoggiare il governo Andreotti consolidando così la visione di Moro circa la ricerca di convergenze parallele non solo tra maggioranza e opposizione ma tra Dc e Psi prima e tra Dc e Pci dopo. 
L’attuale governo d’intesa nazionale estesa all’accordo tra Pd e Forza Italia sulla riforma elettorale riecheggia il modello di solidarietà nazionale che in un altro tempo di instabilità politica Berlinguer propugnò in prima linea. Sicché, come si vede, sono cambiate le etichette e le ricette ma la merce e i mali sono rimasti uguali. Mentre è cambiata la Chiesa, o quantomeno ci sta provando.