lunedì 25 agosto 2014

L'assoluto che viene dalla letteratura


La letteratura invita a chiamare l'appello degli assenti e non dei presenti perché favorisce l'escapismo, cioè l'impulso a estraniarsi dal contingente e rifugiarsi nel transeunte.Oggi parliamo di letteratura quando facciamo riferimento a ogni storia inventata e raccontata non solo in un libro ma anche in un film o in una serie Tv. E ne parliamo se troviamo in essa una forma di irrealtà che non è nel romance, cioè nell'invenzione narrativa, ma nei personaggi. I quali, in un film o in un romanzo, ci appaiono come se stessero facendo e pensando solo quanto mostrano, fuori anche dal tempo, mentre nella realtà ognuno di noi fa o pensa una cosa dentro una sfera di implicazioni: ha un appuntamento dopo, è assillato da un pensiero, è impegnato a fare una cosa dopo averne fatta un'altra di tutt'altro genere. In un film invece ogni personaggio è assimilato all'atto che compie e solo a quello, appartenendo quindi a un orizzonte assoluto quando invece la vita è sempre relativa.
La tendenza all'assoluto è la grande chimera del nostro tempo e la ricerca impossibile della fede cristiana che combatte con forza il relativismo. A raggiungerlo non è però la religione ma la letteratura. Nelle cui mire ci piace vedere uomini e donne compiere un solo atto e avere una sola occupazione mentale senza essere legati a un tempo presente ma a uno irrelato. Così, se nella realtà tendiamo a conformarci all'elemento relativistico che è proprio di essa ed è ineliminabile, nella nostra immaginazione proviamo a crearci un tempo assoluto dove la vita, anche la peggiore, appare desiderabile perché mondata dalle sue infrastrutture e ci immedesimiamo nei personaggi perché vorremmo essere al loro posto: non perché ci appassiona quanto fanno ma perché invidiamo la condizione in cui si trovano, senza pensieri, senza riferimenti temporali, senza altro che non sia quello che vediamo loro fare, privi di un ieri e di un domani, privi anche di una circostanza e di una contingenza, calati in un eterno presente che è proprio la dimensione che la civiltà informatica oggi sta cercando di riprodurre rendendo disponibili al momento tutte le informazioni passate e future. 
Ma è un tentativo fiero e perdente, perché in verità non cerchiamo la conoscenza a portata di mano ma vogliamo essere noi presenti a noi stessi, senza ieri né domani, senza nemmeno l'attimo che verrà dopo o l'appuntamento che abbiamo preso. Un problema posto già dalla filosofia greca che cercava un presente che era solo un transeunte perché immaginava un futuro che diventava subito passato. La letteratura aiuta a fermare questa transizione e creare il presente. Con il moltiplicarsi dei mezzi di invenzione letteraria, questa ipotesi dell'impossibilità, la grande ricerca dell'uomo, promette di diventare realtà.