domenica 28 dicembre 2014

Gli effetti speciosi di Hunger games

La giovane protagonista, Katniss Everdeen, della serie Hunger games
Metti molto X Factor, L'Isola dei famosi, Il grande fratello, poi un po' di The millionaire e di The Truman Show, ed ecco in Italia un prodotto come Hunger Games, il più avanzato risultato dell'evoluzione del reality che fonde tutti i generi in voga e tiene la scena da sei anni. Un'operazione multimediatica e mondiale partorita dalla mente di un'appassionata di Tv, Suzanne Collins, americana, diventata scrittrice un po' come la J. K. Rolling: facendo troppo la casalinga.
Si parla di qualcosa come 700 milioni di dollari solo per gli incassi delle tre trasposizioni cinematografiche (la terza è uscita da poco, la quarta è attesa fra un anno) e di un successo editoriale che ha espresso la sua gigantesca propulsione fino a qualche anno fa in libreria. Nel tempo, dal 2008 in poi, Hunger Games si è trasformato da prodotto editoriale e cinematografico per bambini in un must per adolescenti e ragazzi, per essere oggi uno degli idoli del pubblico anche adulto.
Documenta il punto di incrocio tra science fiction, reality televisivo e cinema d'avventura ponendo così il crisma al genere postmoderno più sublimato e sofisticato, dove l'immaginazione si vale di ogni contributo invenzionale e di ogni apporto che sia provento della cultura semantica, cioè della cultura che appartiene a tutti. Così la Collins ha potuto mutuare dall'epica dei gladiatori romani e dal mito greco la lotta per la sopravvivenza contro esseri del proprio rango al fine dello spettacolo pubblico, dalla letteratura d'evasione lo spirito di conquista e di esplorazione e dal cinema apocalittico l'ambientazione di un mondo dopo il mondo.
I libri della Collins sono pessima letteratura, ma costituiscono il portato di una fantasia che sembra effetto di una intensa attività onirica. Non è un deficit. E' un uovo di Colombo. La scrittrice del Connecticut incarna non l'americano medio ma il più comune uomo contemporaneo che nel nostro tempo ama affidare al sogno più sbrogliato il carico strozzante delle proprie angustie mentali e delle ristrettezze soffocanti della personale esistenza. E' fantasia allo stato puro quella che propone Hunger Games, ma è anche un'altra dimensione della realtà: dove le scene, sospese tra nazifascismo e impero romano, miscelate in un nuovo contesto, evocano i nostri spettri più remoti mentre lo spirito del survival sollecita il nostro istinto naturale alla salvezza, integrato da altri stimoli collaterali, quali l'amore, l'amicizia, la solidarietà, l'indignazione e la coscienza del bene.
Tutto è molto americano, eroicotragico, escatologico, soterico e distopico. Ma è reale nell'immaginare una "arena" dove ogni persona sia vittima e carnefice di un'altra e dove si viva in un perenne stato di guerra dentro una soluzione estrema che conosce la sola legge del motto "mors tua vita mea".
Hunger games è l'elaborazione più vertiginosa di un modello letterario che risale a Il signore delle mosche di William Goldng e trova un vicino antecedente in Battle royale del giapponese Koushun Takami, romanzi venuti dopo la Seconda guerra mondiale della cui idea di sopravvivenza hanno mutuato la lotta corpo a corpo. In Il signore delle mosche come in Battle royale l'isola è l'arena dove la guerra ispirata all'uno contro tutti viene ingaggiata. L'isola in Hunger games diventa una foresta chiusa e controllata da una centrale e i bambini di Goldng, passati negli adolescenti di Takami, diventano nella Collins ragazzi vicini alla maggiore età: a segnalare un effetto avveniristico del mondo che verrà. Proiettati in un futuro anche lontano, i tre romanzi - il cui culmine è la trilogia della Collins - sono portatori di un credo fondato sulla speranza che il bene prevalga alla fine sul male, il bene che verrà domani e il male che regna oggi. Artefici non potranno che essere i più giovani, incaricati di rendere il pianeta nuovamente sostenibile e tramandabile in condizioni vivibili. 

Non si tratta di fantascienza classica né di ucronie che uniscono tempi distanti. Forse siamo nel solco di una visione da ultimi tempi, millenaristica e apocalittica, entro una dimensione vista come rifondazione e ricominciamento, nella quale la tecnica avrà assunto il comando o comunque la supremazia sull'umanità e le risorse naturali tenderanno a imporre una nuova selezione. L'esplorazione, tipica della sf al modo di Guerre stellari ed Et, ha lasciato spazio a urgenze più terrene e immediate: quasi che i romanzi di avventura di un tempo, come L'isola del tesoro e Ventimila leghe sotto i mari, abbiano corretto la propria ricerca dell'ignoto in una nuova quête, da un lato di un mondo rigenerato e da un altro di un'umanità ricreata.