Le nefandezze di cui si è resa responsabile l’Asp di Ragusa, che ha vaccinato a Scicli ex sindaci, medici arrestati e licenziati, dirigenti sanitari e parenti, nonché una insegnante che con la sanità ha il solo rapporto costituito dal marito medico oltre che da qualche imprecisato malanno, smascherano uno stato di illegalità imputabile non al singolo vaccinato, che ha approfittato dell’occasione, ma all’Asp che i vaccini li ha somministrati a soggetti non in diritto di averli. Tutti i beneficiari si sono rifiutati di dare spiegazioni del loro riprovevole comportamento e, negandosi anche alle telecamere, hanno ammesso una colpa fatta di vergogna. Volevano fare tutto di nascosto e invece sono finiti al centro della piazza mediatica. I nomi e i volti sono stati resi noti, a loro mai sufficiente disdoro, mentre all’oscuro sono rimasti quelli di quanti, tra medici, dirigenti, addetti e infermieri, li hanno favoriti reiterando atti non solo illegali ma anche e soprattutto immorali. Di fronte ai quali il direttore generale Angelo Aliquò è apparso in televisione costernato, dicendosi ignaro ma tradendo allo stesso tempo una totale incompetenza e impreparazione, dal momento che ogni misfatto è stato consumato sotto il suo naso senza che nessuno dei sottoposti gli abbia nemmeno fatto una soffiata. Invece di dimettersi per manifesta inadeguatezza e per responsabilità oggettiva, Aliquò ha preferito imprecare e fare le bocche di meraviglia, come qualsiasi altro cittadino disgustato e indignato.
C’è del marcio nell’Asp iblea e anche del grottesco: sentire in televisione il direttore generale smadonnare apprendendo della presenza nel suo recinto di volpi fatti lupi che non ha saputo né prevedere né fermare lascia campo alle più inquietanti deduzioni. Faccia tosta la sua e faccia ancora più tosta quella messa dai volpini di Scicli che si sono pure inviperiti alla contestazione – mossa in verità da un solo giornalista: quello di “Piazza pulita” – del loro arbitrio.
La volpina più furba, Valentina Maci, ha addirittura affidato a un legale la sua giustificazione per dichiarare di non aver commesso nulla di illegale e di aver ottenuto il vaccino semplicemente chiamando l’Asp e fissando un appuntamento, adducendo pluripatologie che però non le hanno impedito di svolgere simultaneamente una mezza dozzina di attività una più impegnativa dell’altra, fra cui quelle di giornalista de La Sicilia e di portavoce di una deputata nazionale. Non contenta della nota del legale passata alla stampa, la Maci – evidentemente credendosi nel pieno delle ragioni – ha concesso un’intervista al giornale sul quale scrive per ribadire la piena legittimità del suo operato, basata sulla supposta precarietà di condizioni di salute proprio in forza delle quali invero il governo nazionale ha predisposto un programma di vaccinazioni contingentate. Nell’intervista si dice incredula e amareggiata del clamore suscitato e non accenna al benché minimo segno di pentimento, probabilmente non rendendosi conto di quanto è arrivata a mettere in atto, né spiegando come sia stato possibile, senza alcuna pressione e raccomandazione, che un intero apparato sanitario impegnato in un’emergenza epocale e per giunta a corto di dosi abbia accolto la sua egoistica e pretenziosa richiesta di vaccinazione.
Fatto si è che il primo effetto, oltre all’immunizzazione, è stata la sospensione del rapporto di lavoro con la deputata cui la Maci ha fatto da portavoce, sospensione decisa, a dire di entrambe, di “comune accordo” e nondimeno segnale lampante di un disagio che ha consigliato la deputata a prendere le distanze. E ad attestare il sopruso commesso.