mercoledì 7 giugno 2017

Gli ex voto di Trecastagni, museo del dolore e della fede


Non conta niente che nessun miracolo sia mai stato attestato dalla Chiesa, visto che i “miracoli” non hanno mai smesso di arrivare al museo degli ex voto di Trecastagni, il più grande della Sicilia, nato nella sagrestia del santuario di Sant’Alfio.
Miracoli sono detti le tavole votive e i reperti che testimoniano le grazie ricevute dalla metà dell’Ottocento ad oggi: un tempo scene di guarigioni dipinte ad olio e in appresso riproduzioni in cera o plastica delle parti risanate del corpo. Da un lato una pinacoteca di oltre mille tavole tutte della stessa fattura e forma, da un altro una scansia di teste, arti, busti che a vederli sembrano un ossario oppure un’opera di Boccioni o Arcimboldo.
E poi lettere, tuniche rosse di “torcianti” e “nuri” del “viaggio di Sant’Alfio”, fotografie, documenti, disegni, quadri, ricami e grembiulini in un grandguignol di fede e miracolistica che fa di Trecastagni l’intramontabile meta della devozione più sentita per i fratelli Alfio, Filadelfo e Cirino, i santi martiri che secondo la tradizione il primo settembre 252 passarono da qui nel tragitto verso il loro golgota di Lentini e vi lasciarono il seme di un fervore che in oltre 1700 anni non ha fatto che alimentare il sacro popolare. Con un elemento del tutto originale: il sentimento laico. Le tavole votive, più che una professione di fede, sembrano infatti documentare una cultura dello scampo tutta etnea, entro la quale anche tornare vivi dalla guerra, sfuggire a una colata lavica, sottrarsi ai ladri come ai carabinieri, è motivo di gratitudine verso i “tre casti agnelli” divenuti eponimo del paese, perché capaci di togliere dalle contrarietà e perciò meritevoli di essere ringraziati con un’opera non di fede ma di arte, quella naif degli abilissimi decoratori che, riuniti in poche famiglie, hanno nei secoli dato vita a una scuola metafisico-realistica che oggi qualcuno vedrebbe candidata alla protezione Unesco. 
I popolani che ordinano tavole dipinte perché sopravvissuti a un intervento chirurgico, a un cavallo imbizzarrito o a un calesse fuori controllo, come infine a una delle prime vetture a motore,sono raffigurati tutti nelle sembianze e nello stesso stile artistico dei paladini pavesati sui cartelloni dei cantastorie e dei contadini profilati sulle fiancate dei carretti siciliani.È uno stile che lascia la piazza ed entra in chiesa e che raccoglie entro un’unica sfera la stessa visione del mondo, tenuta molto sicilianamente tra credo e credenza.
Gli ex voto di Trecastagni (che valgono a questo punto un salto alla basilica minore del Carmine di Catania dove è visitabile un’altra cospicua raccolta di doni di grazia) hanno questo da vedere: la spiritualità che fa di materiali bozzetti di vita quotidiana il portato di una iconografia intesa come preghiera popolare. Non hanno un grande valore artistico perché troppo elementari, di un gusto propriamente infantile, ma certamente, proprio per questo, hanno un interesse etnografico che li rende a buon titolo beni immateriali degni di tutela.

Articolo uscito giorno 1 giugno 2017 su la Repubblica-Palermo