Il messaggio di fine anno di Napolitano il 31 dicembre dell'anno scorso |
E' stato un anno che non ricorderà nessuno, l'anno di ebola, dell'Isis e di nient'altro. L'unico fatto positivo: il calo, negli ultimi mesi, del costo della benzina. Il più negativo: il calo dell'influenza degli Usa nel mondo. Che va sempre più orientalizzandosi.
La crisi economica non allenta il suo morso, la disoccupazione cresce, la diseguaglianza sociale si acuisce, la politica mostra di non essere in grado di portarci fuori dal tunnel. L'Italia precipita nella classifica mondiale, l'Europa soffoca tra Oriente e Usa, incapace di trovare un assetto che significa unità. Cosa dunque ci si può aspettare dal 2015? Ma forse per la prima volta è necessario chiederci cosa si deve temere dal 2015. Un segno non confortante è il discorso di fine anno che Napolitano farà stasera in televisione, discorso che sarà anche di fine mandato: un presidente che parla per l'ultima vota agli italiani alla vigilia delle dimissioni, sia pure da tempo annunciate, non ispira ottimismo perché dietro le ragioni della stanchezza dovute all'età traluce il sospetto che l'impegno di capo dello Stato sia diventato così gravoso da essere insostenibile. L'anno si apre quindi nel segno di un vuoto da colmare presto, quello della carica più alta dello Stato, un appuntamento che trasforma il vuoto in un vortice per via della fibrillazione che scuote i partiti e dei cui effetti non potranno non risentirne le "misere sorti e regressive" dell'Italia.
Forse per la prima volta quella che vediamo è il rovescio della medaglia: non più il volto della fiducia, parola feticcio che ogni 31 dicembre ci viene ammannita dal presidente di turno come antidoto ed estrogeno ma il ghigno della sfiducia che prenderà stasera i connotati della faccia di rassegnazione e rinuncia di Napolitano. Che più ci rincuorerà e consolerà e più sbiadirà, più ci dirà di stare sereni e più lui retrocederà dalla scena. Gli animi della gente sono come i listini delle Borse: reagiscono più ai gesti che ai colpi e sono sensibili anche ai movimenti che non vediamo. Basta un broncio per gettarli nello sconforto, non occorre un pianto.
Pieni di sfiducia, non possiamo non guardare con scetticismo e qualche smorfia all'appuntamento monstre del 2015, l'Expo di Milano. Quella che doveva essere l'Esposizione degli italiani è diventata l'iniziativa dei suoi soli organizzatori. Ne prendiamo le distanze, nel dubbio che possa addirittura svolgersi, per non essere poi chiamati a risponderne. Anziché correre per prenderci la nostra fetta di torta ci teniamo a distanza dal buffet. Nessuno infatti ne parla né i giornali e la televisione ci informano con costanza circa l'andamento dei lavori di allestimento. Fosse stata un Mondiale di calcio avremmo saputo ogni giorno anche i nomi dei muratori impegnati.
Il simbolo dell'incognito "batte nel cielo della nostra patria". Il 2015 arriva sotto la sua egida. Potrà essere anche l'anno delle elezioni politiche anticipate, se Renzi vorrà puntare tutte le sue risorse sul rosso cercando di vincere l'intera posta così da non stare più in compagnia di soci malfidati e di estranea estrazione: con l'ulteriore incognita però che anziché il rosso esca il nero, cosa che ci porterà a sbattere contro incognite ancora più numerose e grosse. Sarà l'anno delle scommesse impronosticabili: che ne sarà di Berlusconi? Come tornerà in campo, se tornerà? Che cosa farà Grillo del patrimonio che gli rimane dopo averlo per buona parte dissipato? Tornerà sulla scena teatrale abbandonando quella politica? E che futuro prossimo avrà Matteo Salvini, l'astro nascente con la grinza di Mangiafuoco e le felpe di Attila?
Sarebbe il caso di dire che ne vedremo delle belle se non fosse più corretto precisare che quelle che avremo saranno anzichenò brutte. Un punto fermo è papa Francesco, l'unico faro in circolazione dal quale emani qualche forma di luce e sia una fonte che instilli fiducia. Ma anche questo, a guardarlo meglio, è un punto instabile. Il ricorso sempre più massiccio alla chiesa di folle che sembrano spiritate e come colte da una nuova febbre spirituale sente di millenarismo, di oscurantismo. Rivolgerci al pontefice perché ci salvi su questa terra e non nell'altro mondo evoca i fantasmi della superstizione, un Medioevo di misticismo e fanatismo che non è certamente quanto vuole Bergoglio. Deve fare allarmare il fatto che i calendari dedicati a lui siano abbondantemente preferiti in questi giorni a quelli addirittura di Padre Pio e della Madonna. Quando la devozione si personalizza nella figura di un uomo pio o pontificio, la fede diventa tifo e la chiesa si fa piazza dove riunire nuovi eserciti della salvezza.
Il papa farà bene a tenersi nell'ombra, quantomeno in Italia, non perché la sua partecipazione alla vita sia indebita, tutt'altro, ma perché nel vuoto della politica e delle certezze esistenziali ogni sua apparizione si traduce in una specie di cerimonia ierofantica e divinatoria facendone un capo stregone o un papa nero di antica memoria italica. Un altro pontefice, Roncalli, fu altrettanto e forse più amato, ma l'attaccamento non raggiunse i picchi riservati a Bergoglio: perché gli anni Sessanta erano quelli del boom e la gente aveva certezze la cui natura bastava a distinguere la sfera spirituale da quella secolare.
Il 2015 sarà un anno da vivere piuttosto col fiato sospeso, con l'angoscia dell'imprevisto, tra speranza e timore, che sono i due volti dell'attesa. E l'attesa, sia del bene che del male, procura gli stessi effetti. Ad ogni modo è sempre una sospensione della vita, un'inattività nella quale ci si può ammalare. Non ci resta che augurarci che quantomeno non sia lunga.