lunedì 6 giugno 2022

L'ultimo Caravaggio, l'ennesima questione di attribuzione

 

Articolo uscito il 5 giugno 2022 su Libero

Se già nel catalogo di una mostra gli esperti si dichiarano in disaccordo circa l’autenticità di un dipinto, non ci si può poi aspettare che un simposio - o assise o processo che sia stato quello di ieri a Ragusa - raggiunga un parere univoco: a meno che la voce non sia una sola. Nondimeno il San Giovanni Battista giacente esposto nel capoluogo ibleo come opera ultima di Caravaggio è uscito in stato confusionale dal convegno di studiosi convocati come per un concilio. Dopo il restauro e la presentazione nel 2018 a Santa Maria Tiberina, la tela proprietà di un collezionista maltese è stata in tre metropoli giapponesi e lo scorso anno anche a Camaiore, riscuotendo ovunque ammirazione e consenso di massima circa la sua paternità. Approdata invece a Ragusa (e la mostra guarda caso si intitola beffardamente “Ultimo approdo”) ha scatenato un vespaio, con il Consiglio comunale pronto a gridare al falso e la rabbiosa reazione dell’organizzazione (Happee Place di Roma e Mediatica di Catania) che ha rifiutato lo stanziamento comunale di appena seimila euro rispondendo alle accuse con un rendez-vous visto come un redde rationem.
Ma mancando appunto le voci contrarie all’attribuzione, si è avuta ieri solo una expertise di parte: sostenuta, non senza argomenti, già dal curatore della mostra Pierluigi Carofano e quindi dalla restauratrice dell’opera Roberta Lapucci, dal fisico diagnostico Teobaldo Pasquali, da Francesco Moretti, membro del comitato organizzativo, dal chimico Leonardo Borgioli, nonché dal caravaggista Emilio Negro. Se fossero stati presenti Rossella Vodret e Claudio Falcucci, oltre a Vittorio Sgarbi e soprattutto Mina Gregori, la cassazione in materia caravaggesca – i primi due negazionisti, gli altri scettici ma più per il no che per il sì – il simposio sarebbe stato un agone.
Le parti si sono confrontati piuttosto nel catalogo, dunque a distanza, misurandosi su una questione altamente specialistica: la tecnica esecutiva adottata da Caravaggio nello stendere le sue tipiche campiture di nero. Secondo Vodret, che richiama le conclusioni della riflettografia digitale servita a Falcucci, nell’opera in questione la parte scura è sovrapposta a quella in luce, contrariamente alla prassi dell’artista che costruisce le ombre lasciando in vista la preparazione scura della tela. La replica della Lapucci è una confutazione del metodo di ricerca perseguito: le stesure come base “soggiacente” e le riprese “sovrastanti” per le zone d’ombra sono tipiche del Caravaggio siciliano e maltese, per modo che la Vodret e gli altri dovrebbero estendere gli studi caravaggeschi oltre il periodo romano, quando il Merisi cambia pennello. Le fa eco Pasquali, sulla base delle stesse tecniche di indagine di Falcucci: le campiture sono sovrastanti e non soggiacenti, per cui la tela è un Caravaggio. Per la Lapucci lo dimostrano anche i “pentimenti”, cioè i cambiamenti in corso d’opera cui va incontro un artista, che sono numerosi negli originali a differenza che nelle copie dove sono pressoché assenti.
Proprio per non averne trovati nella tela (che per primo vide il compianto critico Maurizio Marini, cui si rivolse il collezionista maltese dopo l’acquisto dell’opera a un’asta online statunitense), il San Giovanni è stato giudicato inizialmente una replica, senonché negli ultimi anni i sempre più sofisticati mezzi di indagine hanno minato tale tesi, dando così fondamento alla scoperta della storica dell’arte Nadia Bastogi che nel 2010 scovò il dipinto negli inventari medicei di Villa Poggio Imperiale, riportato peraltro con grande importanza e senza perplessità alcuna circa la titolarità del Merisi. Sembrò così posta una parola certa sull’attribuzione, ma la disputa ha intanto aperto un ulteriore fronte per via di un San Giovannino disteso che si trova a Monaco di Baviera e anch’esso proprietà di un collezionista.
Tolta la croce di canna che nella tela maltese non è a terra ma eretta ai piedi del santo, le due opere hanno lo stesso soggetto e, secondo ipotesi rimaste tali, sarebbero due delle tre tele che Caravaggio aveva con sé nell’ultima fuga, giocoforza abbandonate. Quale delle due è l’originale? Secondo la Gregori lo è la bavarese e adesso, uscendo dall’ondivago, anche Sgarbi si è detto d’accordo. Depone a sfavore di quella maltese lo stato di deterioramento del dipinto che ha fatto pensare a un’opera incompiuta, sebbene la Lapucci sia convinta della sua completa definizione; ma la Gregori ne vede piuttosto, con un colpo di genio o una funambolica impennata, “una prima impostazione presa direttamente dal modello per la posa della Madonna della Natività messinese”. Ipotesi suggestiva che immagina un corpo femminile ed è suffragata dalla presenza di una tunica bianca, come una sottoveste di cui un lembo si intravede sotto un’ascella, con l’apposizione di una testa maschile. La tela maltese sarebbe dunque poco più di un cartone preparatorio, che però a Ragusa è stato assicurato per 25 milioni e ha registrato dal 13 maggio ben oltre mille visitatori. Tutti paganti per un Caravaggio alla fine suggestivo.