venerdì 2 dicembre 2022

Il racconto sul padre fascista che Camilleri tenne inedito


Articolo uscito su Libero il 1 dicembre 2022

Se la serie Tv con Montalbano continua ad essere replicata da Raiuno con largo successo, perché di Camilleri non dovrebbero essere riproposti anche i libri, benché siano tutti più che noti? E difatti la Sellerio non sta facendo altro, peraltro riscuotendo risultati commerciali degni dell’autore, del quale evidentemente il pubblico non è per niente sazio tre anni e mezzo dopo la scomparsa.
Così, dopo La coscienza di Montalbano di quest'anno e nel 2021 La prima indagine di Montalbano, ora l’editrice palermitana manda in libreria, per il ciclo “Altre storie di Vigata”, quelle cioè senza il commissario, quattro racconti già letti (due dei quali, La doppia vita di Michele Sparacino e La targa, addirittura in volumi autonomi) insieme con altri due ancora inediti. Ed è qui finalmente il nuovo Camilleri, soprattutto in “La guerra privata di Samuele, detto Leli”, che però non è un racconto bensì una testimonianza autobiografica del tempo del liceo, dall’autore tenuta sempre segreta (forse per non ammettere definitivamente di essere venuto da una famiglia fascista: “Mè patri era fascista e marcia su Roma”) e oggi resa pubblica dalla famiglia. 
La guerra privata di Samuele (pp. 268, euro 15) integra un’antologia che sembra ispirata a un criterio fondato sull’ambientazione storica, ovvero il Ventennio fascista, senonché soltanto tre dei testi dividono questo elemento comune perché “L’uomo è forte” richiama gli anni successivi alla crisi finanziaria del 2008, “La tripla vita di Michele Sparacino” copre un lungo arco diacronico dall’Ottocento alla Grande guerra e “I quattro Natali di Tridicino” è addirittura privo di richiami cronologici. Ma trattandosi di “storie” non possono che appartenere al passato ed è forse questo il fil rouge che li unisce.
Più convincente è tuttavia un altro collante, dato da una sorta di radiazione di fondo: il rivolgimento di stato e di carattere che si crea tra i fatti e i personaggi entro un processo di scambio di energia reciproco per il quale il principio normativo stabilisce come non si possa essere che quelli che le situazioni volute dagli altri ci fanno. Siamo nel solco novecentesco e pirandelliano della frantumazione dell’io, sicché Michele Sparacino diventa vittima di una “filàma” che gli imputa ogni misfatto opera altrui, Nené de “La prova” lucra a suo vantaggio la condizione di minorità dell’amico che induce a sposarsi solo per avere per sé la moglie, Tridicino vive una fiaba nella quale il mare che vuole ucciderlo alla fine lo salva, il circolo Fascio & Famiglia casca da un infortunio un altro per via di notizie sui trascorsi di un socio che si rivela sempre quello che non è, Tano Cumbo de “L’uomo è forte” sperimenta il senso della provvidenza che lo soccorre nel momento in cui la sua fabbrica chiude e rimane senza lavoro, infine Camilleri rialbeggia una sua amicizia con un compagno di classe ebreo riuscito a sfuggire alla persecuzione e ritrovato vivo quando ormai sono entrambi anziani.
L’inganno della natura umana o del contingente storico presiede dunque una compilazione di racconti che rispondono con diversi accenti alla cifra più originale di Camilleri, quella dello “scangiu”, del doppio e del ribaltamento, nella chiave di una sottile ironia che indulge al paradosso, alla fiaba, all’equivoco. Insomma anche qui a primeggiare è il gioco delle parti per assolvere al quale Camilleri tributa un ulteriore omaggio al suo primo padre putativo, il conterraneo Pirandello che gli ha insegnato a narrare la Sicilia come Sciascia, altro vicino di casa, gli ha insegnato a descriverla.