Studiosi israeliti, fra cui il celebrato Zeev Herzog, ci dicono che gli scavi archeologici incessantemente condotti negli ultimi decenni nelle zone teatro delle vicende bibliche non hanno rilevato alcuna traccia dei fatti narrati dalle sacre scritture, che sarebbero quindi frutto di un'impostura teologica, una macroscopica ricostruzione epica inventata a maggiore gloria del Dio degli ebrei cui dare una storia, un passato e un'origine quanto più evenemenziali.Sarebbero per esempio state cercate con ogni mezzo le possenti mura di Gerico, crollate per volontà divina, ma non sono stati rintracciati che residui secondo i quali Gerico altro non sarebbe stato che un villaggio, come d'altronde tutte quelle che dalla Bibbia vengono chiamate grandi città e in realtà non furono più che paesini di campagna. Dal canto loro Davide e Salamone non sarebbero peraltro stati che piccoli capitribù.
Eppure fino a un recente passato abbiamo letto libri di ricerca archeologica che avrebbero dimostrato come la Bibbia non abbia che detto sempre la verità essendone state trovare le prove. Uno di questi risale al 1955 ed è La Bibbia aveva ragione, scritto da Werner Keller e aggiornato fino a sette anni fa. Keller dà conto, sulla base anche di discipline diverse dall’archeologia quali la comparatistica, la geografia e la storia, di ogni ricerca tesa a verificare la corrispondenza del testo sacro con le tracce rivenute nel territorio. E non ha avuto dubbi a dare al suo libro un titolo privo di esitazioni: “La Bibbia come storia”. In un caso tra i tantissimi ha riferito che proprio un archeologo israeliano, Beno Rothenberg, ha scoperto “nella zona biblica delle miniere di rame di Timma un serpente di bronzo e un santuario-tenda”, a sostegno del racconto biblico della fuga dall’Egitto.
Quanto proprio a Gerico, Keller riferisce dell’esistenza delle mura e riporta ciò che annotò il direttore degli scavi, John Garstang, archeologo: “Lo spazio tra le due mura è riempito di macerie e rottami. Si scorgono tracce evidenti di un vasto incendio, masse compatte di mattoni anneriti, pietre crepate, legname carbonizzato e cenere”. Come stanno allora le cose? Perdippiù resistono e si avvalorano teorie, da Zacharia Sitchin al nostro rampante Mauro Biglino, secondo cui Gerico fu distrutta da alieni che abbatterono su di essa una bomba atomica proprio per l’impossibilità di distruggere le sue fortificazioni murarie.
E’ evidente che qualche archeologo mente, perché le ricerche non possono sortire allo stesso tempo l’esistenza e l’inesistenza di mura. Ma poco in realtà importa. Se la fonte che legittima il racconto biblico non è la storia ma la letteratura e se dunque abbiamo sempre ascoltato un racconto epico e mitico anziché una ricostruzione dal vero, nel sentimento religioso di milioni di credenti non cambia niente perché la fede richiede di credere e non di constatare. Se ci facciamo Tommaso e pretendiamo di verificare siamo destinati a diventare atei perché la storia non potrà mai dare tutte le risposte necessarie riscontrando supposizioni molte volte indimostrabili. Come sappiamo da un prezioso libro del 1994 di Wilhelm Reich, L’assassinio di Cristo, “anche se Cristo non fosse mai esistito, la sua tragedia sarebbe sempre ciò che effettivamente rappresenta. Ogni sua manifestazione sarebbe vera anche se si trattasse solo del sogno di un singolo individuo perché essa si verifica ogni giorno nella vita quotidiana. Centinaia di generazioni si rivolgono alle Scritture e in esse di sono riconosciute: ciò basta per renderle vere”.
Gerico può non essere mai esistita e così neppure Giosué, né la Fuga dall’Egitto può essere mai avvenuta, ma per il solo fatto che l’opinione prevalente reputa veri i fatti essi sono veri. Il “consensus ecclesiae” è infatti il fondamento del cattolicesimo, contro il “consensus singulis”. È grazie ad esso che si forma il canone dei libri sacri quando le grandi comunità come Antiochia, Gerusalemme, Roma riconoscono un patrimonio comune di fede. Questa regola è fatta propria anche dal mondo greco. Epicuro dice infatti che gli dei esistono al posto di altri in forza dell’universale consenso che l’umanità presta a una parte di essi. Sicché chi legga la Bibbia come un manuale di storia rischia di dover credere solo agli episodi dimostrati, presumendo che vada applicato lo stesso criterio valso per l’Iliade e l’Odissea e quindi per Omero, sul quale non si è mai smesso di chiedersi se sia vero o falso, se sia esistito o meno. Domanda più che fondata, riguardando i suoi due grandi poemi se siano da leggere come mera ma sublime letteratura. Domanda insensata se fatta davanti alla Bibbia, perché Dio non è Omero e a nulla vale se è vero o no, trattandosi di una questione che riguarda ogni singolo fedele, che se crede nella sua esistenza ritiene il suo libro storico, diversamente un romanzo divino.