martedì 10 giugno 2014

Gomorra, la fabbrica del male voluta da Saviano





Su Gomorra di Sky Roberto Saviano ha scritto oggi per Repubblica una cosa giusta a metà e un'altra completamente sbagliata. La prima è che la miniserie costituisce una novità perlomeno in Italia, mancando la figura del buono, dal momento che la vicenda gira attorno ai soli cattivi: quindi senza redenzione alcuna. La seconda, consequenziale, è che questa scelta non minaccia di creare emulazione e perciò di mutare i cattivi in eroi, perché "l'immedesimazione non avviene con la realtà ma con una sua rappresentazione".
 Ci sono due forti contraddizioni in questa tesi: una, la realtà viene sempre percepita in forma di rappresentazione, anche quando ne siamo testimoni diretti (bastano Aristotele, Nietzsche e Schopenhauer?), caso nel quale la nostra rappresentazione è il frutto della nostra sensibilità; due, è proprio la rappresentazione della realtà a determinare emulazione perché sublima l'atto in gesto astraendolo e, nello stesso tempo, estraendolo da una realtà che di per sé non può costituirsi come eguagliabile essendo comune, ordinaria, inattingibile come eroica. Ma andiamo per ordine.
Quando dice che Gomorra La serie costituisce una novità italiana assoluta, Saviano dimentica Romanzo criminale. Quanto poi ai modelli di importazione, il riferimento più immediato non è tanto The Wire, dove i buoni ci sono eccome, bensì The Sopranos dove il male, sia pure coniugato in forme grottesche, non ammette il bene: ma lo esclude appunto perché reso inemulabile, giacché nessuno pensa di imitare Tony Soprano, cattivissimo ma risibilmente depresso. 
Secondo Saviano occorre conoscere il male anche nei suoi effetti estremi per scegliere poi il bene. In realtà avviene esattamente il contrario, come attesta anche San Paolo: "Non faccio il bene che voglio, ma il male che non voglio", precisando di non comprendere quel che fa e di cedere a quanto odia anziché secondare quanto vuole. Non è dal male perciò che si risale al bene ma è dal bene che si cade nel male. 
Uno sceneggiato come Gomorra indica un mondo dove il male è talmente imperante da sembrare congenito, compenetrato al punto che il bene (quello che - nella rappresentazione - adduce emulazione) non è che il male minore. Di quale rappresentazione dopotutto parliamo se la serie è stata girata nel crudo della realtà più mimetica, cioè a Scampia? Il successo di Gomorra televisivo è infatti tutto nell'effetto di realtà che adduce: effetto appunto e quindi rappresentazione.
Nel suo articolo di oggi Saviano fa di tutto per giustificare il male su cui Gomorra è basato e che lui stesso ha voluto come coautore. Evidentemente si rende conto di dover addurre ragioni a favore di una scelta che, innanzitutto per quanto riguarda lui, sottende un carico che si fa di vite umane: lo spirito di emulazione può lasciare immune un pubblico adulto ma in quello giovane può determinare guasti devastanti, riproponendo in sostanza il mito della caverna per il quale se si vede una sola realtà proiettata (rappresentata) su un muro si finisce per credere che quella sia l'unica esistente e possibile. 
Allo stesso modo i ragazzi che hanno visto Gomorra La serie si sono raffermati nella dottrina dell'esclusività del male a loro inculcata dai capi per cui ritengono non solo che siano da emulare ma che non esistano altre scelte.
Saviano, faticando (e si vede leggendolo), prova a giustificare la trasposizione in film del suo libro evocando il teatro elisabettiano e la tragedia greca per dire che lì il male era rappresentato sulla scena perché alla fine si avesse la catarsi, la purificazione, e quindi la realizzazione del bene. In realtà la catarsi è la nemesi, l'affermazione cioè di una giustizia divina che afferma un'idea del bene frutto di una vendetta o di una ricomposizione di un ordine naturale che è stato violato: quindi non si ha la scoperta del bene mercé la dimostrazione del male, quasi nell'equivalenza che quanto maggiore è il secondo tanto più grande diventa il primo, ma la ricostituzione del principio primario, il bene. A questo schema dopotutto si rifà da sempre non solo il teatro, ma anche la letteratura e con essa il cinema. 
Se l'arte è aristotelicamente mimesi della realtà, proposta come dovrebbe essere piuttosto che mostrata com'è, teleologicamente edificante quindi, la contrapposizione del bene e del male è necessaria perché si affermi un'idea di buono e di giusto, ed esteticamente anche di bello, che la realtà reificata non può nemmeno immaginare essendo immodificabile. Un film che racconti solo il male del mondo, senza - come precisa Saviano - offrire alcuna via di fuga non è dunque un'opera d'arte ma al limite una perizia di parte. Spacciandosi però per una narrazione spinge il fruitore, com'è per tutte le narrazioni, a parteggiare, trovando qui a dovere tifare per uno dei tanti cattivi: come se si possa davvero scegliere tra Genny Savastano e Ciro l'Immortale.
Esiste per Saviano un male dunque relativo quando ci ha sempre fatto pensare all'esistenza di un male assoluto? Ci sono cattivi meno cattivi degli altri o cattivi che lo spettatore può pensare di salvare e il ragazzo di adottare come modello?
Ma in definitiva: ci sarà o no una ragione per cui da quando il racconto è nato, già a partire dai miti arcaici prima anche che greci, non c'è stata storia narrabile in cui un buono non venga aggredito da un cattivo che sembra avere la meglio e che poi deve soccombere? E' davvero una novità da salutare con i fasti del trionfo quella che Saviano vuole farci accettare augurandosi che venga il suo Gomorra televisivo non solo doppiato ma anche emulato ed esportato?
Ci auguriamo piuttosto che abbia scritto l'articolo di oggi per questioni di casa di produzione e di difesa del proprio prodotto: dove si dimostra che insistendo sulla docu-fiction il rischio è di fare corto circuito. Così come è successo a lui, che adesso scrive in stato confusionale tanto da raccomandare la non emulazione nel momento stesso in cui la incoraggia pur negandola. Sarebbe paradossale che i tanti Ciro e Genny che stanno nascendo oggi non solo a Scampia, rifacendone prima le mosse e poi le gesta, non debbano un giorno ringraziare Saviano e il suo Gomorra.