Un certo movimento di pensiero, non del tutto composto solo di donne, propugna il cambiamento di genere di sostantivi e aggettivi comunemente declinati al maschile. Vorrebbe che si dicesse ministra, medica, capa... Ma non funziona così.
Le parole non diventano femminili per decreto o decisione condivisa ma seguono il criterio dei motori di ricerca su internet: più vengono usate e maggiore rilievo assumono. Quelle che sono in uso da molto tempo, coetanee delle maschili, hanno addirittura non un genere diverso ma un termine distinto. E' il caso di moglie, femminile di marito. O di madre. Via via che una parola prende corpo si fa perciò strada da sola e diventa propria.
Le parole non diventano femminili per decreto o decisione condivisa ma seguono il criterio dei motori di ricerca su internet: più vengono usate e maggiore rilievo assumono. Quelle che sono in uso da molto tempo, coetanee delle maschili, hanno addirittura non un genere diverso ma un termine distinto. E' il caso di moglie, femminile di marito. O di madre. Via via che una parola prende corpo si fa perciò strada da sola e diventa propria.
Prendiamo i nomi delle città straniere. Hanno una versione italiana quanto più note la storia ha reso in Italia quelle città. Per cui non diciamo London o Parigi ma Londra e Parigi, né diciamo Marseille o Moscow. Allo stesso modo pronunciamo Manchester come gli inglesi e Bruxelles in francese, trattandosi di città che, pur essendo molto note, la storia ha tenuto distanti da relazioni italiane stabili e intense. Ma ci sono altri toponimi che, benché entrati nella sfera di interesse italiano, come Chicago o New York, hanno conservato la loro pronuncia: si tratta di arrivo nel nostro mondo semantico avvenuto con il Novecento, quando, con le grandi emigrazioni, si hanno i primi vagiti della globalizzazione. Nel caso invece di città come Londra e Parigi, o Lisbona, Berlino, Praga e tante altre, la loro frequentazione da parte italiana, anche solo letteraria, risale ai secoli precedenti, diventando accezioni familiari come fossero Roma o Napoli, da rendere cioè italiane.
Per le parole comuni vale lo stesso principio di frequenza e di anagrafe lessicale: più una parola è corrente e storica e più si completa nella terminologia propria e nel genere. Se perciò di molti termini maschili non esiste il corrispettivo femminile non è colpa della supremazia maschile e della cultura patriarcale che dominerebbe anche i modi di espressione ma effetto di un fenomeno da imputare alla mancanza di oggetto reale noto al femminile. Sicché abbiamo la professoressa accanto al professore, come la bidella accanto al bidello, perché le insegnanti e le bidelle ci sono note come entità concrete da un tempo che è stato sufficiente a legittimare un genere distinto. Ma non abbiamo la pretessa, la ministra, la prefetta, la questora o l'arbitra o la maggiordoma perché si tratta di figure inesistenti o che soltanto da qualche decennio, salvo sparute eccezioni più remote, sono apparse nel nostro orizzonte: via via che tuttavia si avvicineranno declineranno il loro genere o si daranno un nome distintivo, com'è stato per esempio nel caso delle suore rispetto ai monaci o delle ancelle rispetto ai paggi.
Ma come ci sono termini che al momento conoscono il solo maschile (come per esempio bullo, di recente acquisizione: a designare un atteggiamento machista), ce ne sono soltanto femminili perché nati per indicare solo le donne: le prostitute per esempio o le vestali o ancora le nutrici o le balie.
Queste sottili sfumature sono meglio osservabili in riferimento a un cambiamento di genere che sia avvenuto solo poco prima di un altro: così diciamo poliziotta ma non diciamo carabiniera perché le donne in polizia sono entrate prima, ma non molto prima, delle donne nell'Arma. E' dunque il tempo a decidere la precisazione più definita delle parole e dei termini secondo l'uso che se ne faccia e la loro frequenza. Questo necessario stato di attesa ha determinato l'invariabilità di molti sostantivi e aggettivi, che non hanno un genere femminile ma neppure maschile: vergine, gentile, celeste (ma non rosso o azzurro), onorevole, agente e quante parole abbiano la desinenza neutra in e.
Senonché anche sostantivi che finiscano in e come generale o altri non neutri, quali regista, astronauta, colonnello, vigile urbano, consigliere comunale, conservano un'accezione maschile anche quando si riferiscano a cariche o gradi femminili. Tuttavia, in presenza di figure professionali o sociali che hanno guadagnato posizione, com'è stato per le senatrici e le deputate, il genere femminile si è affermato rapidamente: quanto più un fenomeno si assesta tanto più un termine si attesta. Salvo verificare in futuro il peso delle parole straniere che difficilmente potranno avere in italiano due generi distinti e saranno definite in base al solo articolo: la manager, la film-maker, bodyguard. Dipenderà da quanto e quando le donne sapranno occupare anche questi spazi.
Un giorno anche le donne avranno perciò il loro linguaggio cochon con il quale potranno, riferendosi a organi femminili, imprecare e dire volgarità. Per il momento devono servirsi, del tutto impropriamente e con effetti da ridere, delle parolacce dell'altro sesso.