venerdì 11 luglio 2014

Così l'uomo prese il posto della donna



In principio fu la donna, non l'uomo. Le prime divinità furono femminili e Gea la grande madre originaria. La donna era un essere celeste, l'uomo una creatura terrena. Poi le cose cambiarono, ma dovette passare moltissimo tempo.
Fino a quando l'uomo è cacciatore, costretto ad assentarsi per intere stagioni raggiungendo anche luoghi lontani per procurare il cibo per le donne, gli anziani e i bambini rimasti insieme nella caverne, la sessualità è vissuta in maniera omoforme. E tale, cioè con approvazione generale, è vissuta fino alla civiltà greca e romana. Ed è più appagante perché tra loro gli uomini si vedono non solo simili fisicamente ma diversi dalle donne, che hanno una natura infernale o divina, comunque soprannaturale. Quel che sconcerta i maschi e li tiene distanti dalle donne, facendo loro preferire la caccia in zone anche remote, pur di stare lontani, è l'incredibile fenomeno per cui sono dotate del potere di creare esseri viventi, un fatto spiegabile solo alla luce dell'intervento divino, in base al quale un dio, che sia un feticcio o una stella, decide chi di loro e quando devono figliare. 
Gli uomini non riescono perciò a capire che quanto hanno fatto con le donne, che è poi quanto fanno tra di loro, seppure con "tecniche" diverse, possa dopo nove mesi sortire un prodigio che nulla può avere a che fare con un atto di piacere. Hanno di conseguenza ragione di supporre che siano gli dei a scegliere le donne incaricate di dare la vita. Se hanno dunque rapporti tali con le divinità è segno che sono come loro, divinità anch'esse. Ma visto che invecchiano e muoiono, come muoiono i maschi, non partecipano della stessa natura celeste. Sono tuttavia delle maghe, sacerdotesse interpreti della volontà divina e care agli inferi. 

Di qui l'insorgenza di una fede animistica e totemica tutta al femminile che spinge i maschi ad essere accorti, consapevoli del fatto che congiungersi carnalmente con le donne dà piacere ma può comportare dei rischi, non ultimo quello di irritare gli dei oltre che offenderle con un'eiaculazione che può sembrare una minzione. Vedono peraltro che sono troppo diverse: non solo figliano come fanno gli animali, che si danno piacere al loro stesso modo, ma espellono periodicamente sangue, secernono latte dalle mammelle simili a quelle delle bestie che loro cacciano e uccidono, non hanno peli e hanno una grazia di cui solo forze sovrannaturali possono provvederle. Vanno insomma avvicinate e rifuggite, come una tentazione cui dover resistere e alla quale è però bello cedere. Il dominio matriarcale che perdura per millenni ed è la prima forma di autogoverno umana nasce dal riconoscimento che il maschio tributa alla donna e non da una presa di potere del sesso allora forte, quello femminile. 

Le cose cambiano quando da cacciatore il maschio primitivo diventa agricoltore e raccoglitore, cioè si ferma e scopre il mondo circostante e soprattutto come esso funziona. Scopre innanzitutto che la terra, se inseminata, produce dopo qualche tempo frutti e alberi dai quali è possibile ricavare prodotti alimentari. E fa caso finalmente, affinando l'osservazione, che quanto succede alla terra avviene anche nel mondo animale e nel proprio: le femmine degli animali così come le loro donne figliano non per effetto di volontà ultramondane o dinamiche bestiali ma in conseguenza di un atto che non è solo di appagamento ma anche di riproduzione. 
La fertilità che scorgono nella terra che arano e coltivano è perciò la stessa fecondità che scoprono nelle donne, che stando ora a casa vedono cambiare fisicamente. Si rendono dunque conto di essere loro gli artefici della creazione, non le donne, e capiscono che gli dèi non hanno alcun ruolo nel ciclo vitale: né umano né animale né vegetale. 

La donna non è simile agli dèi e non è neppure una maga da temere perché dotata di poteri superiori. All'adorazione delle dee subentra quindi quella degli dèi e il sistema sociale intanto si rovescia: da matriarcale diventa patriarcale. L'uomo è padrone della donna come è padrone del proprio terreno. Né la donna né il terreno possono infatti dare frutti senza il suo intervento. E' lui che decide e governa la nascita. 
Senonché si chiede perché fertilizzando i campi non si procura alcun piacere mentre fecondando la propria donna ne ha godimento fisico. In realtà non c'è alcun legame tra la procreazione e l'orgasmo: l'una può avvenire senza l'altro. Ma un legame c'è tra il piacere che gli dà la donna e quello che gli dà un altro maschio. La conclusione logica è che gli dèi lo hanno reso arbitro del grande miracolo della riproduzione, atto evidentemente sacro e quindi di devozione al cielo, e lo hanno ripagato donandogli il piacere, da utilizzare in forma doppia: omo ed eterosessuale. Piacere che, essendo di sua esclusiva spettanza, non può dunque appartenere anche alla donna. Il cui grado a questo punto comincia a decrescere senza più fermarsi. Da maga diventa strega e poi costola. Il resto è storia nota.