venerdì 1 agosto 2014

Buttafuoco butta veleno sulla Sicilia buttana


Un titolo che sarebbe piaciuto a Giuseppe Fava Buttanissima Sicilia, libro che lo stesso Fava avrebbe potuto scrivere, ma senza lo stesso livore. E senza tanta proterva antisicilianità.
Per ragioni che Buttafuoco comprenderebbe tra le "cose di Sicilia", cioè negli enigmi inesplicabili dell'isola, i due sono in qualche modo legati: non tanto perché il figlio Claudio, uomo di sinistra, più a sinistra di Vendola, ha presentato il libro di Buttafuoco, uomo di destra più a destra di La Russa (cose di Sicilia, appunto), quanto perché entrambi riconducibili al Teatro Stabile di Catania: Fava per esservi stato assassinato appena fuori e Buttafuoco per esserci stato presidente ben dentro. 
Allo Stabile il giornalista ennese, che essendo di destra e vispo ha l'opzione su tutti i posti che spettano alla destra, è rimasto cinque anni e poi se n'è andato, da siciliano sperto, proprio alla vigilia dell'elezione di Crocetta alla presidenza della Regione, ben sapendo che non sarebbe durato un solo giorno in più. Sperto perché, degno nipote del fascistissimo Nino Buttafuoco e fascistissimo dichiarato e confesso anch'egli, disse che si dimetteva per protestare contro i tagli della Regione. In verità lo cacciarono tutti, Cda e dipendenti del teatro, nonché mezza Catania: per incapacità, eccentricità, mania di protagonismo, assenteismo e spreco. Ma rimase in Sicilia come consigliere dell'Inda, al punto che, quando la Fondazione venne commissariata, fu tra i primi a firmare una protesta contro l'assessore regionale Stancheris per “l’inconsulta valutazione dell’operato del tutto trasparente della fondazione". Fu anche tra i primi, senza rossore alcuno, a proporre alla carica di sovrintendente dell'Inda il suo editore. Già. Ed oggi è membro del Cda dell'università Kore di Enna. Alla faccia della Sicilia buttanissima. Che sarà "una fogna del potere", ma è una fogna dove Buttafuoco-Tienilegna non si schifa di rovistare alla ricerca anche degli spiccioli.
In questo suo libretto (che raccoglie perlopiù articoli già pubblicati dove ministri dell'Interno e della Difesa sono ancora Maroni e La Russa: ma senza avvertire il lettore), Crocetta e Stancheris sono naturalmente i bersagli preferiti - non senza per la verità qualche fondo di ragione - perché rei di aver ridotto la Sicilia allo stato di buttanissima. Epiteto che dovrebbe additare l'isola come prona a tutti ma che forse significa "rovinata", al pari di una donna di malaffare. Difficile capire Buttafuoco. Anche quando scrive bisogna sempre rileggere, se è vero che c'è ancora chi legge suoi libri come Cabaret Voltaire e L'ultima del diavolo e sta cercando di capire che voleva dire.
Anche qui, in Sicilia buttanissima, non si capisce per esempio perché Raffaele Lombardo è chiamato "Mastro don Gesualdo": perché gli piace posare a contadino? Perché Vizzini non è lontana da Grammichele? Perché avrebbe un trasporto smodato per la roba? Beh, anche Buttafuoco è rurale, né Leonforte è più lontana da Vizzini e men che meno lui è tipo indifferente alla roba. In più è un Cagliostro redivivo dalle capacità trasformistiche inarrivabili: dirigente nazionale dell'Msi, giornalista del Secolo d'Italia, diventa poi un berluscones con la bava alla bocca tanto da meritare di essere assunto a Panorama e di partecipare l'11 febbraio 2011 al "Mutanda Day" al fianco di Giuliano Ferrara di cui diviene fedele camerlengo. Ma solo l'anno dopo passa inopinatamente il Rubicone e firma su Repubblica, il giornale più odiato dal Pdl, una paginata contro Berlusconi e tutta la sua cerchia non limitandosi a puntare l'indice ma anche ad alzare il medio e fare satira da avanspettacolo dove sarebbe bastata, in ricordo dei natali e del battesimo, una ragionata critica da ex embedded
Ovviamente Panorama lo licenzia (e qualcuno come Battista si indigna: tanto per fare le pulci a Berlusconi liberticida), ma lui guadagna un posto di collaboratore alla corte di Caracciolo, per meriti conseguiti sul campo nemico. Non solo: riesce a collaborare anche con Il Foglio, militando contemporaneamente su due fronti opposti, e ritrovando l'amico  e corregionario Giuseppe Sottile, al quale è dedicata l'epigrafe del libro, con una sibillina specifica: "manco a dirlo". Come se fosse ovvio che anche Sottile non possa non considerare buttanissima la sua terra: al pari di altri intellettuali siciliani della diaspora, fra cui Aldo Forbice, Mughini, Merlo, che vivendo fuori fanno come Pietro davanti alle guardie del sinedrio: tradisce. O come Bocca e Stella, jihadisti dell'antisicilia. Altri pamphlet letterari, altra statura e altro giudizio, Le pietre di Pantalica di Consolo o Inchiesta in Sicilia di Dolci o ancora Processo alla Sicilia di Fava.
Se questo è Buttafuoco - ed è esattamente questo: un opportunista voltagabbana che deve la sua "fortuna" solo alla Sicilia, dove Catania gli ha pure conferito un premio alla catanesità, ma prima che si facesse conoscere bene - c'è allora da supporre che Buttanissima Sicilia sia stata l'arma impropria che Buttafuoco, siciliano dell'ostracismo, ha tirato fuori dal mantello per brandirla innanzitutto contro Crocetta che deve avergli detto più di un no suonando le sue trombe e costringendolo ad attaccarsi alle sue campane. Perché, se così non fosse, non si capirebbe - ancora una volta - la ragione per cui il libro esclude altri responsabili della supposta rovina della Sicilia, che non sia anche Lombardo, fra cui l'unico governatore in galera, il Cuffaro considerato una specie di martire e arcilodato per l'unica iniziativa che si presta a un giudizio molteplice: il suo romanzo candidato e silurato allo Strega e da Buttafuoco definito "potente". Scherzi di uno spirito che se non vede stravede, come nel caso dello sperticato elogio al film La mafia uccide solo d'estate, che in verità è un monumento al più corrivo sicilianismo degli ultimi decenni (sulla scia della invalente antisicilianità che si esercita sul giudizio tranchant e volgare e non sulla riflessione sciasciana), ma per Buttafuoco un capolavoro assoluto.
Né si capirebbe, se Buttafuoco non fosse mosso da sacri furori sommari, perché, à la sicilienne, per colpire Crocetta si fa Crozza Due e sciorina tutta una ciceronata contro due sodali del governatore gelese: Antonio Ingroia e Pietro Grasso. Facendo pessimo giornalismo ma buon cabaret, perché non c'è una sola notizia che non si sapesse ma c'è molto spirito di papere.
Tuttavia nel suo pamphlet Buttafuoco perde l'occasione, parlando di Sicilia casta o buttana, di spiegare bene come sono andate le cose al tempo della sua presidenza allo Stabile, quando a Catania era ospite privilegiato delle colonne del quotidiano locale, proprietà di un editore inquisito esattamente come l'esecrato Lombardo, ma mai nominato. Ci dice solo una sua solitissima frase enigmatica: "Io che ho avuto tutto il mio da fare in Sicilia, tra Teatro Stabile e rapporti istituzionali, me ne ritraggo sporco e intossicato". Sporco e intossicato? Perché? Per via evidentemente dei "rapporti istituzionali". E quali sono stati questi rapporti istituzionali sporchi e tossici? Buttafuoco tace e dice che è solo una parentesi l'accenno che fa allo Stabile e al resto. Ma come? Una parentesi (per la quale chiede pure scusa) quando ci aspettavamo rivelazioni e prove bene in chiaro del motivo che ha ridotto la Sicilia sul marciapiede?
Così è. Chi dunque ha intrattenuto vaghi e imprecisati rapporti istituzionali, contribuendo giocoforza a sporcare e intossicare, rimanendone alla fine fregato e ora corso lesto a prendere il coltello nel cassetto e tornare in piazza gridando come un pazzo, conclude facendo mea culpa e avvisando tutti che il 2 settembre si farà un bel regalo di compleanno: le valigie per il continente. Forse per questo nel suo libretto scrive "lì" e "laggiù" parlando della Sicilia come gli amici di Brancati che si sognano a Roma e spregiano la Sicilia da lontano. Lascerà comunque qualche pizzino, qualche gratulatoria e qualche sassolino. 
Il più grosso è da conservare: definendo carneadi Mariarita Sgarlata e Michela Stancheris, nominate al posto di "due personalità dal profilo eccellente", Battiato e Zichichi - eccellenti sì, ma a guardare lo stellato e cantare ballate zen - Buttafuoco evoca i tempi "beati (sic!) in cui il pur dileggiato Totò Cuffaro (eh già) chiamava alla responsabilità di assessore un fuoriclasse come Fabio Granata, il più bravo nel gestire un patrimonio culturale e artistico come quello siciliano".
Stavolta, anziché tutti quelli presi di mira, è stato Buttafuoco ad "annacarsi" troppo, facendo pure le mossettine ai vecchi padroni. E annacandosi si è dimenticato gli articoli che il suo ex giornale, Panorama, ha dedicato al fuoriclasse Granata, rivelando sì che è il più bravo ma in tutt'altri campi che non quello culturale. Tant'è che è sparito totalmente dalla scena. Lui.