mercoledì 27 agosto 2014

Il voto di scambio non ha buon senso


Il voto di scambio è considerato reato se il politico che chiede il voto promette quanto legalmente non può dare (un posto di lavoro che richieda il concorso). Non è reato se invece può farlo (una concessione edilizia). Se il voto è richiesto alla mafia è sempre e comunque reato. Come se la mafia di per sé avesse diritto di voto.
La mafia è una intermediazione parassitaria (secondo la definizione di Sciascia) che nella sua ultima elaborazione si stabilisce tra stato e cittadino. Se io, candidato a sindaco, mi rivolgo alla mafia per avere voti, la mafia deve poi rivolgersi a ogni singolo cittadino per ottenerli. Dunque la legge suppone che il cittadino sia tenuto a ubbidire alla mafia e non possa non votare secondo le sue indicazioni. Mettiamo che sia così - ma così non è perché il voto è segreto e perché la mafia non usa metodi nazisti di decimazione nel caso in cui in un seggio i voti non risultino quelli previsti. In base a questa supposizione di fatto, è la stessa legge a riconoscere e quindi a statuire il rapporto di influenza della mafia su ogni singolo cittadino. Volendo in sostanza punire gli effetti del sistema, la legge accetta che la cause siano ineliminabili e quindi da accogliere o tollerare. 
Si è davanti a un'assurdità: come se Obama volesse distruggere gli islamisti lasciando attivo l'islam; o come se la chiesa decidesse di scomunicare i peccatori senza condannare il peccato. Nel caso del voto di scambio politico-mafioso, lo stato intende perseguire gli atti della mafia ma riconoscendone allo stesso tempo l'esistenza e l'operatività: una licenza a mafiare secondo precise limitazioni.
Ora, a ben vedere e secondo logica, non sarebbe da perseguire la mafia ma il cittadino che accetta di esprimere il voto che gli viene imposto con l'intimidazione e che in realtà non ha alcuna utilità perché il tornaconto, in termini di appalti e favori, è della mafia. 
Ma se invece del cittadino, che per paura si piega alle indicazioni della mafia, abbiamo il fedele che per il suo credo accetta i suggerimenti che il parroco gli instilla dal pulpito, perché non si parla di voto di scambio dal momento che viene comunque esercitata un'azione di influenza da parte di un potere? Perché, si risponde, la chiesa indirizza le coscienze al fine del bene pubblico e nulla ottiene in cambio da chi quel bene è chiamato a realizzare. Sappiamo che non è vero perché ce lo dice la storia dei rapporti tra stato e chiesa quanto ai tanti privilegi che quello ha concesso a questa soprattutto al tempo della Dc che nella chiesa ha trovato sempre un enorme serbatoio di voti. 
Ma ammettiamo che sia così. Resta il fatto che il cittadino è necessario che per lo stato ubbidisca alla mafia e si presume che lo faccia solo per il fatto che la mafia ha stretto un patto con il politico di riferimento, mentre il fedele è libero di ubbidire alla chiesa e si presume che possa non farlo perché non è oggetto di intimidazione: il che è assolutamente falso, perché anche oggi il potere di influenza della chiesa è mille volte più grande di quello della mafia.
Il problema è che lo stato punisce, nel caso del voto di scambio, chi non commette il reato, cioè la mafia, mentre accetta che chi esprime il voto rimanga indenne e quindi nella condizione di reiterare ad libitum il reato stesso. Invece, così come al cittadino viene vietato di evadere il fisco, anche se lo fa perché costretto dalla dissennata politica fiscale dello stato, gli dovrebbe essere vietato di votare su suggerimento di chiunque. Essendo ciò impossibile e insensato, perché è lo stesso politico che si rivolge a ogni cittadino presentando un programma che è un elenco di promesse sul soddisfacimento di interessi legittimi e molte volte di diritti soggettivi, bisogna accettare che l'elettore sia libero di votare dando ascolto a chiunque, che sia mafioso, cardinale, terrorista, pazzo e pure spirito che gli parli nel sonno.
Se il voto di scambio è configurato dalla dottrina giuridica nella specie della corruzione, è dunque al reato di corruzione, che prevede un corruttore e un corrotto, che occorre rifarsi. La responsabilità penale è sempre personale ed è inconcepibile che possa aversi un'associazione a delinquere nella quale ogni associato non risponda di quanto ha fatto in collusione con altri. Ma in Italia, per volere combattere la mafia, è stato introdotto il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, per il quale si è incriminati non per aver commesso un reato tipico ma per fare parte, o solo starci vicino, di un clan. Il voto di scambio politico-mafioso è una delle conseguenze di questo sistema legislativo che smentisce la realtà e la ragione. 
Già nel 1970, dodici anni prima dell'introduzione del reato di associazione mafiosa, Henner Hess disse tutto nel suo libro Mafia, prefato da Leonardo Sciascia che lodò l'autore per il suo buon senso, quello che ci è poi mancato e che manca: "L'imputato Mini [epiteto che sta per mafioso] non mente affatto quando, alla domanda se fa parte della mafia, risponde 'non so che significa'. In realtà egli conosce individui detti mafiosi non perché siano membri di una setta segreta ma perché si comportano in un determinato modo e cioè in maniera mafiosa".