Nello Musumeci, deputato regionale siciliano |
Articolo pubblicato sulla Repubblica di Palermo il 4 novembre 2014
Nel dibattito all’Ars sulla sfiducia, tra gli interventi tutti pressoché di basso profilo, si è distinto quello di Nello Musumeci: perché preparato per iscritto e perché più argomentato, anche per via del ricorso ad alcune citazioni colte.
Dopo aver richiamato la figura del comunista Pietro Secchia e il libro appena uscito che lo ricorda, Le rivoluzioni non calano dal cielo di Marco Albeltaro, parlando dell’uomo di Togliatti nei termini di colui che «sognava la rivoluzione proletaria e si è ritrovato ad essere uomo di apparato del Pci, confinato dal suo stesso partito fra le ovattate stanze di Palazzo Madama», chiaro riferimento all’isolamento di Crocetta da parte del Pd, Musumeci ha inteso esibire il suo acuto nel pezzo finale del discorso quando ha evocato Nicodemo: «Presidente Crocetta, riuscirà lei, anche stavolta, ad evitare la sfiducia di questo Parlamento? Riuscirà, in quest’Aula, a vincere anche stavolta il partito di Nicodemo? Sì, sì, il partito di Nicodemo riuscirà a vincere anche stavolta? Di quella figura che ci hanno consegnato le sacre scritture, di quel personaggio, Nicodemo, che di giorno stava con Cristo e di notte con i Farisei nei Sinedri. Il simbolo della doppiezza era Nicodemo, della fragilità, della incertezza, della debolezza, del dubbio. Dopo settimane di attacchi, di critiche feroci, di apprezzamenti non certo benevoli, dopo implacabili condanne pronunciate anche da questa tribuna, nei suoi confronti, quanti saranno stasera, presidente Crocetta, i deputati del centrosinistra iscritti al partito di Nicodemo? Speriamo nessuno, speriamo prevalga in tutti la responsabilità, la coerenza, il coraggio».
Dopo aver richiamato la figura del comunista Pietro Secchia e il libro appena uscito che lo ricorda, Le rivoluzioni non calano dal cielo di Marco Albeltaro, parlando dell’uomo di Togliatti nei termini di colui che «sognava la rivoluzione proletaria e si è ritrovato ad essere uomo di apparato del Pci, confinato dal suo stesso partito fra le ovattate stanze di Palazzo Madama», chiaro riferimento all’isolamento di Crocetta da parte del Pd, Musumeci ha inteso esibire il suo acuto nel pezzo finale del discorso quando ha evocato Nicodemo: «Presidente Crocetta, riuscirà lei, anche stavolta, ad evitare la sfiducia di questo Parlamento? Riuscirà, in quest’Aula, a vincere anche stavolta il partito di Nicodemo? Sì, sì, il partito di Nicodemo riuscirà a vincere anche stavolta? Di quella figura che ci hanno consegnato le sacre scritture, di quel personaggio, Nicodemo, che di giorno stava con Cristo e di notte con i Farisei nei Sinedri. Il simbolo della doppiezza era Nicodemo, della fragilità, della incertezza, della debolezza, del dubbio. Dopo settimane di attacchi, di critiche feroci, di apprezzamenti non certo benevoli, dopo implacabili condanne pronunciate anche da questa tribuna, nei suoi confronti, quanti saranno stasera, presidente Crocetta, i deputati del centrosinistra iscritti al partito di Nicodemo? Speriamo nessuno, speriamo prevalga in tutti la responsabilità, la coerenza, il coraggio».
Nella visione di Musumeci l’equazione “partito di Nicodemo uguale centrosinistra” valeva come sospetto, nato dagli ultimi contrasti in seno al Pd, che i deputati del partito di governo lasciassero la loro posizione critica nei confronti di Crocetta per schierarsi al suo fianco. Senonché, nei fatti, è stato proprio nello spirito di Nicodemo che il Pd ha bocciato la mozione di sfiducia, dimostrando giustappunto responsabilità, coerenza e coraggio.
Musumeci ha in realtà fatto confusione tra il Discorso della montagna di Cristo che ingiunge a non servire due padroni, Dio e Mammona, e il discorso di Nicodemo, capo dei giudei che ai Farisei dice: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Frase che nel dibattito di sala d’Ercole sarebbe semmai suonata come fiducia nei confronti di Crocetta e riapertura di credito. Talché Nicodemo non è nelle sacre scritture il simbolo della doppiezza e della fragilità come vuole Musumeci ma al contrario la metafora della forza e dell’attaccamento al proprio credo. E’ un fervente cristiano (tanto da aiutare Giuseppe d’Arimatea a seppellire Cristo dopo la Croce) che ha il coraggio di passare in partibus infidelium senza perdere la propria fede e rischiando la vendetta del nemico.
Nicodemico è perciò chi si rafferma nei propri principi al punto da non tradirli neppure partecipando alle adunate di guerra dei nemici nella veste di un loro adepto quale è creduto. Non è doppiezza quindi, ma costanza.
E allora nicodemici si sono dunque rivelati quei deputati del centrosinistra che, ancorché vestiti col laticlavio dei giudici e assisi a censurare Crocetta, sono rimasti fermi nei loro ideali: soddisfacendo proprio quella sostanza di cui Musumeci ha accusato Crocetta di essere privo vedendolo alla stregua di «un personaggio pirandelliano, l’incarnazione cioè del contrasto tra l’apparenza e la sostanza».
Musumeci ha parlato alle 19, dopo Falcone e Zafarana, quindi tra i primissimi. Dopo di lui, nonostante i ripetuti riferimenti al suo intervento, anche molto polemici, nessuno lo ha corretto ricordandogli chi è davvero Nicodemo e facendogli notare che non poteva rendere omaggio migliore ai suoi nemici di sempre.