Gaspare Agnello, il giurato dimissionario del Premio Racalmare, motivo di un'accanita polemica per aver lasciato la commissione giudicatrice dopo la candidatura del libro di Giuseppe Grassonelli, Malerba, poi risultato vincitore, scrive in risposta a un mio articolo e in generale a quanti sono intervenuti nella disputa. Ecco la sua lettera integrale. Segue la mia replica. Doverosa.
Il mio dissenso relativo alla scelta della terna del Premio Racalmare-Sciascia 2014 mi ha provocato tante amarezze e ha avuto una risonanza che io sicuramente non mi aspettavo. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che il mio diniego al libro di Grassonelli avrebbe potuto avere una rilevanza mondiale. Ci sono alcune ragioni che cercherò di spiegare.
Su questa vicenda non avrei voluto mai più ritornare, dopo il mio articolo su “La Sicilia”. Ho solo risposto, via internet, alle maldicenze e mi sono astenuto da altri interventi organici. Ora sono costretto a farlo per rispondere all’articolo di Gianni Bonina che io stimo molto perché l’ho seguito su “La Sicilia” e quando pubblicava la bellissima rivista "Stilos" e per stigmatizzare il comportamento di Gaetano Savatteri che ha dimostrato di non avere il senso dell’amicizia e della lealtà che io gli ho sempre dimostrato e ne fanno fede il mio blog dove ci sono tantissime recensioni dei suoi libri e la mia modesta libreria dove c’è tutto quello che lui ha pubblicato.
Non voglio parlare dei suoi collaboratori del giornale "Malgrado Tutto" che sembrano presi da sindrome idrofobica nei miei confronti. Gli attacchi che mi hanno fatto sono inauditi e fuori luogo. Ho dissentito da una scelta, l’ho notificata a Savatteri che mi ha suggerito di dissociarmi con un comunicato stampa, così ho fatto e dopo ecco l’aggressione. Sono stato indicato come uomo rissoso, affetto da varie sindromi, è stato imbarcato nel loro giornale un articolo spazzatura altamente diffamatorio nei miei confronti, sono stato additato come un incoerente che la sera vota a favore e l’indomani se ne pente. Insomma "Malgrado Tutto", dove scrivono amici miei carissimi come Egidio Terrana e l’avv. Gigi Restivo e che sono sotto l’egida di Savatteri, mi ha dipinto come uno squilibrato e questo mi addolora perché Savatteri e i suoi amici hanno perso il senso dell’amicizia e il buon gusto di trattare con più garbo e cortesia un uomo che nulla ha fatto di sconveniente nei loro confronti. Comunque ognuno ha il suo stile e quindi tralascio questa dolorosa polemica, che sa di paesano e che non interessa chi fa cultura.
Ma andiamo a Savatteri, presidente della Giuria del Premio, cui voglio dire con molta franchezza: c’è stata una polemica letteraria, tu hai sostenuto alcune cose inesatte e io ho subìto, ci siamo incontrati al teatro greco di Taormina, ci siamo stretti la mano e poi scrivi su "Malgrado Tutto" che dopo la polemica trionfa il perdono e che l’amico Gasparino, come Enrico IV, è stato a Canossa dove il buon Gregorio VII (ovvero Gaetano) ha perdonato.
Gaetano, forse hai dimenticato di essere un uomo di cultura e hai dimenticato le buone maniere? Tu sei un letterato, o presunto tale, e non puoi volare così basso. La polemica letteraria era finita, ci si incontra e si ritorna a essere amici. Invece torni a infierire. Ho provato la stessa amarezza e delusione che Sciascia ha provato nei confronti di Guttuso.
A questo punto ho l’obbligo morale di dire tutta la verità sulla vicenda.
Sai benissimo che la giuria del premio ha ben lavorato e ti ha suggerito una serie di libri che sono stati ritirati dalle case editrici e quindi letti dai giurati. Durante la riunione per stabilire la terna ogni giurato ha proposto di premiare i suoi scrittori preferiti e tu hai sostenuto, ritengo in buona fede, che nessuno di tutti gli scrittori segnalati era disposto a partecipare al nostro premio. Hai tirato fuori la soluzione di ripiego, con l'opera Malerba che ci hai consigliato come libro di Carmelo Sardo, unitamente agli altri due che sono stati poi finalisti. Il libro Malerba non era tra quelli proposti dalla giuria e nessuno lo aveva letto (forse lo aveva letto solo il dr. Mimmo Butera).
Qualcuno proponeva altre soluzioni, ma io, che ho sempre nutrito grande stima nei tuoi confronti, ho detto che bisognava fidarsi della proposta del presidente e quindi è passata la scelta da te indicata. E’ stato richiesto il testo alla Mondadori che lo ha inviato dopo circa 10 o 15 giorni e allora mi accorgo che il libro non è di Sardo ma dell’ergastolano Grassonelli, il fondatore dell’associazione mafiosa “La stidda” i cui aderenti hanno ucciso il giudice Livatino. E a proposito dell’uccisione di Livatino devo dire che Grassonelli si è complimentato con gli esecutori del delitto, cosa che ha causato le dimissioni da consulente del premio di Vincenzo Consolo. Mi accorgo anche che il libro cerca di accreditare la tesi secondo la quale Grassonelli sia diventato stiddaro per necessità e cioè per vendicare i propri cari assassinati e che in fondo la Stidda è un’associazione antimafia, quindi un’associazione benefica.
Insomma Grassonelli, che non è collaboratore di giustizia, si redime ma cerca anche una velata giustificazione al suo operato. Poi il libro, ad arte, è infarcito di scene sessuali molto forti che cercano di soddisfare le gole profonde. Per questi e altri motivi telefono a Savatteri dicendo che mi dissociavo dalla scelta. Savatteri mi suggerisce di farlo con un comunicato, cosa che ho fatto con un articolo su “La Sicilia”.
Da qui si scatena il putiferio. Savatteri va alla conferenza stampa e sostiene che il sottoscritto ha prima votato la terna e poi si è pentito. Lui sa che non è così perché tutta la giuria si è fidata del suo presidente e poi ha inghiottito il boccone amaro. Fa dire a Liguori che la sera ho votato la terna e la mattina mi sono ricreduto. Mi dice e mi fa dire dallo stesso Liguori che se sogno Sciascia vuol dire che sono un soggetto da cure psichiatriche.
Le mie dimissioni trovano eco in tutta la stampa nazionale e questo per due ragioni. La prima perché il problema da me posto era ed è reale e poi perché il gruppo Mondadori - Mediaset fiuta l’affare e fa montare la polemica. Viene mobilitato Liguori, che è stato molto scorretto nei miei confronti, e il buon Sallusti che ha sparato a vanvera senza conoscere i termini della questione e si dà il via alla pubblicità del libro che, grazie alla polemica, ha avuto diverse edizioni. Ma questo non mi interessa perché io non ho niente da recriminare contro Sardo e Grassonelli; la mia è una battaglia letteraria tendente a tenere alto il livello del premio Racalmare che è stato il Premio di Sciascia, Consolo e Bufalino.
Del resto il premio, da qualche tempo, è appannaggio di giornalisti-scrittori e di questo mi sono lamentato nella intervista fatta a Francesco Pinto, intervista che la Rai ha cancellato dal mio sito.
Sciascia ci diceva sempre di tenere lontano dal premio gli interessi editoriali e aveva ragione. Purtroppo ci siamo cascati in buona o in mala fede. Io mi ostino a non pensare male di nessuno perché forse le cose si combinano per caso, però avrei gradito dal mio amico Savatteri un comportamento più corretto nei miei confronti, anche in considerazione dell’affetto che sempre gli ho dimostrato. Mi chiedo se è possibile che a un tratto una persona possa cambiare e diventare cannibale di se stesso.
Gaetano, in tutta questa vicenda avresti dovuto notare la signorilità del sindaco di Grotte che, preso di contropiede, ha scelto il silenzio e nell’invito non ha scritto il nome di Grassoneli ma ha attribuito il libro Malerba al solo Carmelo Sardo. Questo non ti dice niente?
Tu sai che il libro non è di Sardo ma di Grassonelli e per avere detto questo il tuo amico Sardo mi ha minacciato per ben due volte di denunzia penale. Questo ora lo scrive Bonina che sostiene che Sardo ha fatto solo lavoro di editing e non succede nulla, anzi Sardo condivide l’articolo e quindi mi assolve del reato di lesa maestà. Dovresti intanto riflettere sul silenzio del sindaco e sul modo in cui è stato scritto l’invito e il manifesto del premio.
Poi voglio rispondere all’articolo su "Repubblica", pubblicato successivamente sul suo blog, di Gianni Bonina che mi punge perché proviene da un letterato di tutto rispetto.
Veda Bonina, si dà il caso che il mio autore preferito in assoluto è il più illustre carcerato del ‘900 e cioè Antonio Gramsci che i suoi ex amici (ah l’amicizia!) e la cultura italiana tendono a dimenticare. Il suo articolo è un grande saggio di letteratura che io apprezzo, però scomodare San Paolo, Caravaggio, Agostino, Pellico, Verlaine, Rimbaud, mi sembra un poco eccessivo rispetto al killer Grassonelli. Veda, intanto le voglio dire che non ritenevo opportuno che il libro partecipasse al premio perché le ferite degli stiddari sono ancora vive nelle carni degli agrigentini, poi perché l’autore non è un collaborante e poi perché il libro non merita nulla in quanto, come detto, tenta di giustificare le sue scelte criminali e, in questo, ci casca pure lei con un’affermazione che ritengo molto grave.
Lei afferma testualmente: “Gaspare Agnello, autore peraltro di un libretto intitolato Dalla parte di Sedara, cenno dopotutto di accoglimento delle ragioni del lupo o di un dropout qual è il terragno borghese di Donnafugata, eppur convinto che un ergastolano condannato per numerosi omicidi, ancorché compiuti non da mafioso ma da giustiziere in cerca di vendetta per l'uccisione dei propri parenti, sia uno scandalo se candida la sua vicenda personal a un alloro, ha inteso non più ripristinare l'Index librorum prohibitorium, ma fondare l’indice degli scrittori al bando dove vengono proscritti gli autori che ambiscono a un riconoscimento pubblico senza però avere la fedina penale pulita”.
Vede, anche Lei è caduto nella trappola e chiama “giustiziere” un killer spietato. Forse si è lasciato prendere la mano dalle note di Carmelo Sardo che afferma: “Aveva solo vent’anni Giuseppe Grassonelli quando la vita lo consegnò a un irrimediabile e mostruoso destino. Vent’anni e vedersi sterminare l’adorato nonno, l’amato zio, un cugino a cui era legatissimo e scoprire che vogliono morto anche lui”. Quanto lirismo in queste parole. Ma dietro ci sono altre cose terribili che dal libro non emergono, tant’è che, dopo 23 anni dai fatti, il sindaco di Porto Empedocle si è rifiutato di presentare il libro proprio nel paese di Grassonelli. Del resto è lui stesso che afferma: “Sono sempre stato, fin da ragazzino, un delinquente, ma paradossalmente non sapevo di esserlo”.
E infine le voglio dire che il mio dissenso aveva anche ragioni di opportunità in quanto nella terna c’era il libro della Chinnici E' così lieve il tuo bacio sulla fronte edito da Mondadori.
Guardi cosa scrive la sottosegretaria ai Beni culturali Barracciu a tal proposito: “A colpirmi negativamente non è solo la proclamazione del vincitore, ma, ancor prima, la scelta operata dalla giuria di accostare due opere così profondamente diverse, di mettere in competizione la toccante vicenda di un martire di mafia con le memorie di un malvivente ancora in vita. Siamo di fronte a una mancanza di sensibilità, una vera e propria ferita per le coscienze che non può passare sotto silenzio”.
Ecco, a Grotte, al premio Racalmare, è stato ucciso per la seconda volta il giudice Rocco Chinnici con il concorso della figlia e di Savatteri ed è stato sfregiato il Premio Racalmare-Sciascia.
Vede quante ragioni mi hanno indotto a non approvare la terna dei finalisti al premio Racalmare- Sciascia? La scelta è stata dolorosa e costosa ma avevo il dovere di farlo in nome di Sciascia che certamente questo libro non lo avrebbe neanche fiutato.
Le voglio solo dire che qui la letteratura non c’entra per nulla e che libri come questo di cui si parla non lasceranno traccia nel mondo delle lettere. Il libro ha avuto una certa fortuna editoriale solo per la polemica suscitata al premio Sciascia. In questo premio è stato tradito Sciascia e lo spirito del premio. Ognuno tragga le proprie conseguenze. Io ho tratto le mie e spero di non dovere subire altri attacchi personali. Giuro che non interverrò più se non subirò aggressioni come quelle ‘racalmutensis’.
Agrigento, lì 6.11.2014
Non voglio parlare dei suoi collaboratori del giornale "Malgrado Tutto" che sembrano presi da sindrome idrofobica nei miei confronti. Gli attacchi che mi hanno fatto sono inauditi e fuori luogo. Ho dissentito da una scelta, l’ho notificata a Savatteri che mi ha suggerito di dissociarmi con un comunicato stampa, così ho fatto e dopo ecco l’aggressione. Sono stato indicato come uomo rissoso, affetto da varie sindromi, è stato imbarcato nel loro giornale un articolo spazzatura altamente diffamatorio nei miei confronti, sono stato additato come un incoerente che la sera vota a favore e l’indomani se ne pente. Insomma "Malgrado Tutto", dove scrivono amici miei carissimi come Egidio Terrana e l’avv. Gigi Restivo e che sono sotto l’egida di Savatteri, mi ha dipinto come uno squilibrato e questo mi addolora perché Savatteri e i suoi amici hanno perso il senso dell’amicizia e il buon gusto di trattare con più garbo e cortesia un uomo che nulla ha fatto di sconveniente nei loro confronti. Comunque ognuno ha il suo stile e quindi tralascio questa dolorosa polemica, che sa di paesano e che non interessa chi fa cultura.
Ma andiamo a Savatteri, presidente della Giuria del Premio, cui voglio dire con molta franchezza: c’è stata una polemica letteraria, tu hai sostenuto alcune cose inesatte e io ho subìto, ci siamo incontrati al teatro greco di Taormina, ci siamo stretti la mano e poi scrivi su "Malgrado Tutto" che dopo la polemica trionfa il perdono e che l’amico Gasparino, come Enrico IV, è stato a Canossa dove il buon Gregorio VII (ovvero Gaetano) ha perdonato.
Gaetano, forse hai dimenticato di essere un uomo di cultura e hai dimenticato le buone maniere? Tu sei un letterato, o presunto tale, e non puoi volare così basso. La polemica letteraria era finita, ci si incontra e si ritorna a essere amici. Invece torni a infierire. Ho provato la stessa amarezza e delusione che Sciascia ha provato nei confronti di Guttuso.
A questo punto ho l’obbligo morale di dire tutta la verità sulla vicenda.
Sai benissimo che la giuria del premio ha ben lavorato e ti ha suggerito una serie di libri che sono stati ritirati dalle case editrici e quindi letti dai giurati. Durante la riunione per stabilire la terna ogni giurato ha proposto di premiare i suoi scrittori preferiti e tu hai sostenuto, ritengo in buona fede, che nessuno di tutti gli scrittori segnalati era disposto a partecipare al nostro premio. Hai tirato fuori la soluzione di ripiego, con l'opera Malerba che ci hai consigliato come libro di Carmelo Sardo, unitamente agli altri due che sono stati poi finalisti. Il libro Malerba non era tra quelli proposti dalla giuria e nessuno lo aveva letto (forse lo aveva letto solo il dr. Mimmo Butera).
Qualcuno proponeva altre soluzioni, ma io, che ho sempre nutrito grande stima nei tuoi confronti, ho detto che bisognava fidarsi della proposta del presidente e quindi è passata la scelta da te indicata. E’ stato richiesto il testo alla Mondadori che lo ha inviato dopo circa 10 o 15 giorni e allora mi accorgo che il libro non è di Sardo ma dell’ergastolano Grassonelli, il fondatore dell’associazione mafiosa “La stidda” i cui aderenti hanno ucciso il giudice Livatino. E a proposito dell’uccisione di Livatino devo dire che Grassonelli si è complimentato con gli esecutori del delitto, cosa che ha causato le dimissioni da consulente del premio di Vincenzo Consolo. Mi accorgo anche che il libro cerca di accreditare la tesi secondo la quale Grassonelli sia diventato stiddaro per necessità e cioè per vendicare i propri cari assassinati e che in fondo la Stidda è un’associazione antimafia, quindi un’associazione benefica.
Insomma Grassonelli, che non è collaboratore di giustizia, si redime ma cerca anche una velata giustificazione al suo operato. Poi il libro, ad arte, è infarcito di scene sessuali molto forti che cercano di soddisfare le gole profonde. Per questi e altri motivi telefono a Savatteri dicendo che mi dissociavo dalla scelta. Savatteri mi suggerisce di farlo con un comunicato, cosa che ho fatto con un articolo su “La Sicilia”.
Da qui si scatena il putiferio. Savatteri va alla conferenza stampa e sostiene che il sottoscritto ha prima votato la terna e poi si è pentito. Lui sa che non è così perché tutta la giuria si è fidata del suo presidente e poi ha inghiottito il boccone amaro. Fa dire a Liguori che la sera ho votato la terna e la mattina mi sono ricreduto. Mi dice e mi fa dire dallo stesso Liguori che se sogno Sciascia vuol dire che sono un soggetto da cure psichiatriche.
Le mie dimissioni trovano eco in tutta la stampa nazionale e questo per due ragioni. La prima perché il problema da me posto era ed è reale e poi perché il gruppo Mondadori - Mediaset fiuta l’affare e fa montare la polemica. Viene mobilitato Liguori, che è stato molto scorretto nei miei confronti, e il buon Sallusti che ha sparato a vanvera senza conoscere i termini della questione e si dà il via alla pubblicità del libro che, grazie alla polemica, ha avuto diverse edizioni. Ma questo non mi interessa perché io non ho niente da recriminare contro Sardo e Grassonelli; la mia è una battaglia letteraria tendente a tenere alto il livello del premio Racalmare che è stato il Premio di Sciascia, Consolo e Bufalino.
Del resto il premio, da qualche tempo, è appannaggio di giornalisti-scrittori e di questo mi sono lamentato nella intervista fatta a Francesco Pinto, intervista che la Rai ha cancellato dal mio sito.
Sciascia ci diceva sempre di tenere lontano dal premio gli interessi editoriali e aveva ragione. Purtroppo ci siamo cascati in buona o in mala fede. Io mi ostino a non pensare male di nessuno perché forse le cose si combinano per caso, però avrei gradito dal mio amico Savatteri un comportamento più corretto nei miei confronti, anche in considerazione dell’affetto che sempre gli ho dimostrato. Mi chiedo se è possibile che a un tratto una persona possa cambiare e diventare cannibale di se stesso.
Gaetano, in tutta questa vicenda avresti dovuto notare la signorilità del sindaco di Grotte che, preso di contropiede, ha scelto il silenzio e nell’invito non ha scritto il nome di Grassoneli ma ha attribuito il libro Malerba al solo Carmelo Sardo. Questo non ti dice niente?
Tu sai che il libro non è di Sardo ma di Grassonelli e per avere detto questo il tuo amico Sardo mi ha minacciato per ben due volte di denunzia penale. Questo ora lo scrive Bonina che sostiene che Sardo ha fatto solo lavoro di editing e non succede nulla, anzi Sardo condivide l’articolo e quindi mi assolve del reato di lesa maestà. Dovresti intanto riflettere sul silenzio del sindaco e sul modo in cui è stato scritto l’invito e il manifesto del premio.
Poi voglio rispondere all’articolo su "Repubblica", pubblicato successivamente sul suo blog, di Gianni Bonina che mi punge perché proviene da un letterato di tutto rispetto.
Veda Bonina, si dà il caso che il mio autore preferito in assoluto è il più illustre carcerato del ‘900 e cioè Antonio Gramsci che i suoi ex amici (ah l’amicizia!) e la cultura italiana tendono a dimenticare. Il suo articolo è un grande saggio di letteratura che io apprezzo, però scomodare San Paolo, Caravaggio, Agostino, Pellico, Verlaine, Rimbaud, mi sembra un poco eccessivo rispetto al killer Grassonelli. Veda, intanto le voglio dire che non ritenevo opportuno che il libro partecipasse al premio perché le ferite degli stiddari sono ancora vive nelle carni degli agrigentini, poi perché l’autore non è un collaborante e poi perché il libro non merita nulla in quanto, come detto, tenta di giustificare le sue scelte criminali e, in questo, ci casca pure lei con un’affermazione che ritengo molto grave.
Lei afferma testualmente: “Gaspare Agnello, autore peraltro di un libretto intitolato Dalla parte di Sedara, cenno dopotutto di accoglimento delle ragioni del lupo o di un dropout qual è il terragno borghese di Donnafugata, eppur convinto che un ergastolano condannato per numerosi omicidi, ancorché compiuti non da mafioso ma da giustiziere in cerca di vendetta per l'uccisione dei propri parenti, sia uno scandalo se candida la sua vicenda personal a un alloro, ha inteso non più ripristinare l'Index librorum prohibitorium, ma fondare l’indice degli scrittori al bando dove vengono proscritti gli autori che ambiscono a un riconoscimento pubblico senza però avere la fedina penale pulita”.
Vede, anche Lei è caduto nella trappola e chiama “giustiziere” un killer spietato. Forse si è lasciato prendere la mano dalle note di Carmelo Sardo che afferma: “Aveva solo vent’anni Giuseppe Grassonelli quando la vita lo consegnò a un irrimediabile e mostruoso destino. Vent’anni e vedersi sterminare l’adorato nonno, l’amato zio, un cugino a cui era legatissimo e scoprire che vogliono morto anche lui”. Quanto lirismo in queste parole. Ma dietro ci sono altre cose terribili che dal libro non emergono, tant’è che, dopo 23 anni dai fatti, il sindaco di Porto Empedocle si è rifiutato di presentare il libro proprio nel paese di Grassonelli. Del resto è lui stesso che afferma: “Sono sempre stato, fin da ragazzino, un delinquente, ma paradossalmente non sapevo di esserlo”.
E infine le voglio dire che il mio dissenso aveva anche ragioni di opportunità in quanto nella terna c’era il libro della Chinnici E' così lieve il tuo bacio sulla fronte edito da Mondadori.
Guardi cosa scrive la sottosegretaria ai Beni culturali Barracciu a tal proposito: “A colpirmi negativamente non è solo la proclamazione del vincitore, ma, ancor prima, la scelta operata dalla giuria di accostare due opere così profondamente diverse, di mettere in competizione la toccante vicenda di un martire di mafia con le memorie di un malvivente ancora in vita. Siamo di fronte a una mancanza di sensibilità, una vera e propria ferita per le coscienze che non può passare sotto silenzio”.
Ecco, a Grotte, al premio Racalmare, è stato ucciso per la seconda volta il giudice Rocco Chinnici con il concorso della figlia e di Savatteri ed è stato sfregiato il Premio Racalmare-Sciascia.
Vede quante ragioni mi hanno indotto a non approvare la terna dei finalisti al premio Racalmare- Sciascia? La scelta è stata dolorosa e costosa ma avevo il dovere di farlo in nome di Sciascia che certamente questo libro non lo avrebbe neanche fiutato.
Le voglio solo dire che qui la letteratura non c’entra per nulla e che libri come questo di cui si parla non lasceranno traccia nel mondo delle lettere. Il libro ha avuto una certa fortuna editoriale solo per la polemica suscitata al premio Sciascia. In questo premio è stato tradito Sciascia e lo spirito del premio. Ognuno tragga le proprie conseguenze. Io ho tratto le mie e spero di non dovere subire altri attacchi personali. Giuro che non interverrò più se non subirò aggressioni come quelle ‘racalmutensis’.
Agrigento, lì 6.11.2014
Gaspare Agnello
P.S. Voglio far presente che io e la professoressa Linda Criminisi avevamo proposto alla giuria di premiare la Maraini per il libro su Chiara d'Assisi, superando così la questione della terna. Il presidente ci ha detto che la Maraini non era disposta a venire per via della sua età. Si dà il caso che la Maraini verrà ad Agrigento il 18.12.2014 per conto del Liceo Classico Empedocle.
Caro professore Agnello, lei dice di trovare eccessivo che io abbia scomodato una ristretta cerchia di celebrità in taccia di maudits epperò dichiara che il suo scrittore de chevet è Gramsci. Che finì in carcere per essere stato anch'egli ritenuto un delinquente dal regime in vigore. Perciò mi chiedo: se avessi ricordato anche il suo scrittore preferito, avrebbe ritenuto meno eccessiva la mia rassegna o forse la sola presenza di Gramsci avrebbe giustificato tutti gli altri?
Come vede, tutto è relativo e tutto è soggettivo. Per restare a Gramsci, personalmente - e spero mi conceda di dire anche legittimamente - non mi ha mai appassionato. Che vuole farci? Sarà il tono di predicatore e di profeta o quel gusto un po' populista e utopista di immaginare le masse diventare egemoni non politicamente ma culturalmente, cosa che mi ha sempre tenuto in sospetto circa l'accezione gramsciana di cultura: fatto è che Gramsci non mi è mai sembrato alla stessa altezza di un Pasolini, né di Sciascia che tanto lei tiene presente. Ma certo, è una mia opinione. Che però vale quanto la sua, se vogliamo valerci di criteri giust'appunto gramsciani.
E per andare a Grassonelli, le dirò invece che Malerba mi è piaciuto molto. E sa soprattutto perché? Per le stesse ragioni per le quali Roberto Saviano magnifica il suo Gomorra quando dice che la mafia si conosce più la si guarda in faccia. Le dirò di più: Grassonelli quanto più fosse stato delinquente tanto più avrebbe incontrato il mio interesse perché altrettanto avrei imparato su un mondo che egli mi avrebbe vieppiù rivelato e che io non conosco.
Ricorda Sciascia? "Cos'è la verità? Si è tentati di rispondere che è la letteratura". Ed è vero sa? La letteratura dice verità che altre discipline tacciono. Perciò se Grassonelli avesse scritto non un romanzo ma un memoriale o un saggio io temo che mi sarebbe piaciuto molto ma molto meno se non addirittura punto. E non solo io. La invito a riflettere. Immagini che Grassonelli avesse proposto all'editore appunto un memoriale. Mondadori lo avrebbe potuto vedere come una testimonianza dal vero, una tranche de vie con il carattere di un verbale processuale, ma quanta attendibilità gli avrebbe accreditato? Non avrebbe supposto che Grassonelli, delinquente confesso, volesse costituirsi una difesa pubblica o rifarsi la verginità facendo un po' come Rousseau che scrivendo Le confessioni ammetteva di non voler dire la verità ma di farla credere? Mondadori avrebbe potuto sì pubblicarlo, ma solo dopo averlo sottoposto a un editing così pesante da lasciare al memoriale solo l'etichetta per farne invece un romanzo: così come ha fatto del resto Einaudi con Terra matta di Vincenzo Rabito, autore di un memoriale scritto con i piedi e diventato un succoso romanzo dal vivo dopo essere stato tenuto a lungo in officina revisione.
Ora immagini invece che Grassonelli avesse proposto un saggio, pur rivisto e corretto dal migliore Carmelo Sardo. Quali possibilità avrebbe mai potuto avere di vedersi pubblicato? Nessuna, diciamocelo. Un killer in lucco di intellettuale è infatti più raro e improbabile di un intellettuale in veste di killer.
Quindi a Grassonelli non restava, per raccogliere l'appello di Savino lanciato ai primordi del neorealismo, "Raccontate uomini la vostra storia", che scrivere un romanzo e osservare l'insegnamento di Sciascia: fare letteratura appunto per dire la verità. Ovviamente la sua. Lo stesso Sciascia che in La strega e il capitano precisa meglio, mettendosi stavolta dalla parte dei lettori di romanzi: "Nulla di sé e del mondo sa la generalità degli uomini se la letteratura non glielo apprende".
E questo Grassonelli ha fatto: ha fatto letteratura e ha scritto quindi un romanzo. Che può piacere o no, ma che non può essere censurato per non avere il suo autore la fedina penale pulita. Apprezzi piuttosto che ci abbia messo la faccia e la firma, perché avrebbe ben potuto chiedere all'editore di apporre uno pseudonimo sulla copertina, alla Elena Ferrante, e indurlo così a montare una campagna di propaganda così rumorosa e remunerativa che quella che lei le imputa, per avere sfruttato la polemica di Grotte, avrebbe avuto l'effetto di chi urla senza voce. Con la differenza che lei per primo si sarebbe chiesto chi si mascherasse dietro lo pseudonimo e avrebbe letto il libro con un'altra disposizione d'animo. Senza contare peraltro che nessuna polemica sarebbe mai nata né forse il libro avrebbe vinto il Racalmare se lei per primo non avesse corso la piazza per gridare alla lesa maestà di un feticcio senza patria né statuto.
Di più: si è lasciato andare al moralismo, vecchio peccato di noi siciliani, tutti cugini di Brancati, e del suo moralismo è rimasto vittima non tanto perché dice che il libro non le è piaciuto - legittimissimo - quanto perché bolla l'autore di essere un killer e non un collaboratore di giustizia, come se un pentito non è stato, proprio perché pentito, autore di crimini e possibilmente anche un killer; e perché dicendo che "le ferite degli stiddari sono ancora presenti nelle carni degli agrigentini" stabilisce ipso facto che gli stiddari si siano comportanti come i guerriglieri dell'Isis che massacrano per ragioni ideologiche e religiose mentre in ogni guerra di mafia i massacri sono faide nelle quali è impossibile stabilire chi ha cominciato e chi ha torto.
Quanto alla "trappola" in cui sarei caduto per avere chiamato giustiziere un killer confesso, vorrei ricordarle la differenza: giustiziere è chi si fa giustizia da sé, molte volte per onore, altre per vendetta, altre ancora per legittima difesa, mentre killer è chi uccide per soldi o perché sicario di una cosca. Secondo me la prima condizione è meno grave e esecrabile della seconda. E, a quanto scrive Grassonelli, è nella prima che egli si identifica.
C'è piuttosto un punto nella sua lettera che costituisce per lei una trappola. Scrive infatti che Grassonelli si è macchiato di cose terribili che dal libro non emergono. Cosa ha fatto, caro professore? Lei dico, non lui. Prima o dopo aver letto il libro ha svolto ricerche sull'autore e ha scoperto che ha scritto menzogne o è stato reticente? Ma guardi che la letteratura è menzogna, come dice Manganelli e prima di lui Wilde, anzi può esserlo a piacimento, perché un autore che scriva un romanzo è libero di essere sincero ed è sempre immune da un'accusa di falsità. Il sindaco di Porto Empedocle ha negato la presentazione del libro perché Grassonelli è peggio di quanto si dichiari nel suo romanzo? Beh, come lei, il sindaco di Porto Empedocle ha letto il libro come la marmotta che con un occhio guarda ciò che mangia e con l'altro chi c'è attorno. Oppure come i padri della Chiesa, che dichiaravano sacri i testi secondo l'ortodossia degli autori. O magari come si usava nelle aule scolastiche di De Amicis dove un alunno era tanto più bravo quanto fosse più buono.
Però, in definitiva, è curiosa davvero la sua condotta generale. Dice che in un primo momento accoglie come gli altri giurati la proposta del presidente di candidare Malerba; poi però, quando arriva il libro, apre una sua inchiesta personale e scopre sull'autore "cose terribili" non riportate nel libro e perciò protesta e infine si dimette. Ora la domanda è: al momento in cui il presidente ha proposto Grassonelli, perché non si è premurato, prima di acconsentire, di informarsi innanzitutto sul libro e poi magari sull'autore? Lei spiega di aver prestato fiducia a Savatteri. Bene, se l'ha fatto prima, avrebbe dovuto mantenerla anche dopo, perché la fiducia è come l'amore: non può essere sottoposto a modo o condizione né a termine. E perché tanto zelo e accanimento lo ha impiegato soltanto dopo e soprattutto spendendo energie per indagare su Grassonelli? Forse perché i premi letterari, compreso il Racalmare, vengono assegnati - come par di capire dalla sua ricostruzione dei fatti - non in base alla qualità dei libri ma in forza del peso degli editori e del nome degli autori? Se è così, anche lei, avendo detto sì a Savatteri, ha la sua quota-parte di colpa per aver agito entro la stessa logica perversa e imperante.
Ora dice che quest'anno è stato tradito Sciascia e lo spirito del premio. Secondo me sbaglia, perché Sciascia per primo premiava solo gli autori che gli andavano a genio e perché il premio Racalmare, non meno degli altri, si è distinto in passato per spirito di parzialità, anzi di "particolarità" come avrebbe detto proprio Sciascia. Anche lei in fondo ha fatto una particolarità, professore, nei confronti di Grassonelli, sia sincero.
Detto ciò absit iniuria verbis, abbia la mia stima: il libro di Grassonelli non passerà alla storia, è vero, ma il suo gesto sì. Perché onesto, sincero, in buona fede e opera di chi coltiva della letteratura un ideale non condivisibile ma inteso al suo bene. Merita una medaglia al valore dei libri, ma anche un cicchetto per la persecuzione degli autori nonché un invito a tornare in giuria. C'è bisogno di una buona aria di anticonsociativismo e anticonformismo.
Come vede, tutto è relativo e tutto è soggettivo. Per restare a Gramsci, personalmente - e spero mi conceda di dire anche legittimamente - non mi ha mai appassionato. Che vuole farci? Sarà il tono di predicatore e di profeta o quel gusto un po' populista e utopista di immaginare le masse diventare egemoni non politicamente ma culturalmente, cosa che mi ha sempre tenuto in sospetto circa l'accezione gramsciana di cultura: fatto è che Gramsci non mi è mai sembrato alla stessa altezza di un Pasolini, né di Sciascia che tanto lei tiene presente. Ma certo, è una mia opinione. Che però vale quanto la sua, se vogliamo valerci di criteri giust'appunto gramsciani.
E per andare a Grassonelli, le dirò invece che Malerba mi è piaciuto molto. E sa soprattutto perché? Per le stesse ragioni per le quali Roberto Saviano magnifica il suo Gomorra quando dice che la mafia si conosce più la si guarda in faccia. Le dirò di più: Grassonelli quanto più fosse stato delinquente tanto più avrebbe incontrato il mio interesse perché altrettanto avrei imparato su un mondo che egli mi avrebbe vieppiù rivelato e che io non conosco.
Ricorda Sciascia? "Cos'è la verità? Si è tentati di rispondere che è la letteratura". Ed è vero sa? La letteratura dice verità che altre discipline tacciono. Perciò se Grassonelli avesse scritto non un romanzo ma un memoriale o un saggio io temo che mi sarebbe piaciuto molto ma molto meno se non addirittura punto. E non solo io. La invito a riflettere. Immagini che Grassonelli avesse proposto all'editore appunto un memoriale. Mondadori lo avrebbe potuto vedere come una testimonianza dal vero, una tranche de vie con il carattere di un verbale processuale, ma quanta attendibilità gli avrebbe accreditato? Non avrebbe supposto che Grassonelli, delinquente confesso, volesse costituirsi una difesa pubblica o rifarsi la verginità facendo un po' come Rousseau che scrivendo Le confessioni ammetteva di non voler dire la verità ma di farla credere? Mondadori avrebbe potuto sì pubblicarlo, ma solo dopo averlo sottoposto a un editing così pesante da lasciare al memoriale solo l'etichetta per farne invece un romanzo: così come ha fatto del resto Einaudi con Terra matta di Vincenzo Rabito, autore di un memoriale scritto con i piedi e diventato un succoso romanzo dal vivo dopo essere stato tenuto a lungo in officina revisione.
Ora immagini invece che Grassonelli avesse proposto un saggio, pur rivisto e corretto dal migliore Carmelo Sardo. Quali possibilità avrebbe mai potuto avere di vedersi pubblicato? Nessuna, diciamocelo. Un killer in lucco di intellettuale è infatti più raro e improbabile di un intellettuale in veste di killer.
Quindi a Grassonelli non restava, per raccogliere l'appello di Savino lanciato ai primordi del neorealismo, "Raccontate uomini la vostra storia", che scrivere un romanzo e osservare l'insegnamento di Sciascia: fare letteratura appunto per dire la verità. Ovviamente la sua. Lo stesso Sciascia che in La strega e il capitano precisa meglio, mettendosi stavolta dalla parte dei lettori di romanzi: "Nulla di sé e del mondo sa la generalità degli uomini se la letteratura non glielo apprende".
E questo Grassonelli ha fatto: ha fatto letteratura e ha scritto quindi un romanzo. Che può piacere o no, ma che non può essere censurato per non avere il suo autore la fedina penale pulita. Apprezzi piuttosto che ci abbia messo la faccia e la firma, perché avrebbe ben potuto chiedere all'editore di apporre uno pseudonimo sulla copertina, alla Elena Ferrante, e indurlo così a montare una campagna di propaganda così rumorosa e remunerativa che quella che lei le imputa, per avere sfruttato la polemica di Grotte, avrebbe avuto l'effetto di chi urla senza voce. Con la differenza che lei per primo si sarebbe chiesto chi si mascherasse dietro lo pseudonimo e avrebbe letto il libro con un'altra disposizione d'animo. Senza contare peraltro che nessuna polemica sarebbe mai nata né forse il libro avrebbe vinto il Racalmare se lei per primo non avesse corso la piazza per gridare alla lesa maestà di un feticcio senza patria né statuto.
Di più: si è lasciato andare al moralismo, vecchio peccato di noi siciliani, tutti cugini di Brancati, e del suo moralismo è rimasto vittima non tanto perché dice che il libro non le è piaciuto - legittimissimo - quanto perché bolla l'autore di essere un killer e non un collaboratore di giustizia, come se un pentito non è stato, proprio perché pentito, autore di crimini e possibilmente anche un killer; e perché dicendo che "le ferite degli stiddari sono ancora presenti nelle carni degli agrigentini" stabilisce ipso facto che gli stiddari si siano comportanti come i guerriglieri dell'Isis che massacrano per ragioni ideologiche e religiose mentre in ogni guerra di mafia i massacri sono faide nelle quali è impossibile stabilire chi ha cominciato e chi ha torto.
Quanto alla "trappola" in cui sarei caduto per avere chiamato giustiziere un killer confesso, vorrei ricordarle la differenza: giustiziere è chi si fa giustizia da sé, molte volte per onore, altre per vendetta, altre ancora per legittima difesa, mentre killer è chi uccide per soldi o perché sicario di una cosca. Secondo me la prima condizione è meno grave e esecrabile della seconda. E, a quanto scrive Grassonelli, è nella prima che egli si identifica.
C'è piuttosto un punto nella sua lettera che costituisce per lei una trappola. Scrive infatti che Grassonelli si è macchiato di cose terribili che dal libro non emergono. Cosa ha fatto, caro professore? Lei dico, non lui. Prima o dopo aver letto il libro ha svolto ricerche sull'autore e ha scoperto che ha scritto menzogne o è stato reticente? Ma guardi che la letteratura è menzogna, come dice Manganelli e prima di lui Wilde, anzi può esserlo a piacimento, perché un autore che scriva un romanzo è libero di essere sincero ed è sempre immune da un'accusa di falsità. Il sindaco di Porto Empedocle ha negato la presentazione del libro perché Grassonelli è peggio di quanto si dichiari nel suo romanzo? Beh, come lei, il sindaco di Porto Empedocle ha letto il libro come la marmotta che con un occhio guarda ciò che mangia e con l'altro chi c'è attorno. Oppure come i padri della Chiesa, che dichiaravano sacri i testi secondo l'ortodossia degli autori. O magari come si usava nelle aule scolastiche di De Amicis dove un alunno era tanto più bravo quanto fosse più buono.
Però, in definitiva, è curiosa davvero la sua condotta generale. Dice che in un primo momento accoglie come gli altri giurati la proposta del presidente di candidare Malerba; poi però, quando arriva il libro, apre una sua inchiesta personale e scopre sull'autore "cose terribili" non riportate nel libro e perciò protesta e infine si dimette. Ora la domanda è: al momento in cui il presidente ha proposto Grassonelli, perché non si è premurato, prima di acconsentire, di informarsi innanzitutto sul libro e poi magari sull'autore? Lei spiega di aver prestato fiducia a Savatteri. Bene, se l'ha fatto prima, avrebbe dovuto mantenerla anche dopo, perché la fiducia è come l'amore: non può essere sottoposto a modo o condizione né a termine. E perché tanto zelo e accanimento lo ha impiegato soltanto dopo e soprattutto spendendo energie per indagare su Grassonelli? Forse perché i premi letterari, compreso il Racalmare, vengono assegnati - come par di capire dalla sua ricostruzione dei fatti - non in base alla qualità dei libri ma in forza del peso degli editori e del nome degli autori? Se è così, anche lei, avendo detto sì a Savatteri, ha la sua quota-parte di colpa per aver agito entro la stessa logica perversa e imperante.
Ora dice che quest'anno è stato tradito Sciascia e lo spirito del premio. Secondo me sbaglia, perché Sciascia per primo premiava solo gli autori che gli andavano a genio e perché il premio Racalmare, non meno degli altri, si è distinto in passato per spirito di parzialità, anzi di "particolarità" come avrebbe detto proprio Sciascia. Anche lei in fondo ha fatto una particolarità, professore, nei confronti di Grassonelli, sia sincero.
Detto ciò absit iniuria verbis, abbia la mia stima: il libro di Grassonelli non passerà alla storia, è vero, ma il suo gesto sì. Perché onesto, sincero, in buona fede e opera di chi coltiva della letteratura un ideale non condivisibile ma inteso al suo bene. Merita una medaglia al valore dei libri, ma anche un cicchetto per la persecuzione degli autori nonché un invito a tornare in giuria. C'è bisogno di una buona aria di anticonsociativismo e anticonformismo.