Articolo uscito su Repubblica Palermo
È una mostra da vedere non per sognare di volare, come ci si aspetterebbe dallo Chagall più riconoscibile, ma per pensare cosa volere, giusto il suggerimento che uno Chagall più realista e presente al suo tempo offre fino al 14 febbraio dalle sale del Castello Ursino a Catania sotto il titolo “Love and Life”. Basti Crocifissione per fermarsi a riflettere sul senso mortifero di una gouache dove l’artista bielorusso trapiantato a Parigi prende in prestito il simbolo più cristiano, la croce, per rappresentare l’olocausto degli ebrei. Entro un cielo plumbeo e minaccioso che reifica cadaveri disseminati a terra nella neve cosparsa di sangue si materializza, surrealmente ma nel più autentico spirito chagalliano, sul tetto di una casa un ebreo in preghiera al posto di un angelo volante.
Non è Chagall questo, viene da protestare. Dov’è l’amore qui? E le eteree fanciulle? E i Peynet che si baciano e abbracciano? E dove sono i fiori? È invece uno Chagall più life che love quello che nel 1944, quando lascia la Francia per gli Stati Uniti, ha chiara la condizione degli ebrei e del loro destino che presto il mondo apprenderà con un’angoscia non più redimibile. Da ebreo yaddish arrivato ad assorbire la cultura occidentale, Chagall incrocia ebraismo e cristianesimo nell’intento di elevare a stadi universali una tragedia che sente tra i primi e trasfonde in un quadro che lo tradisce nel momento in cui lo rivela in una veste inedita.
All’osservatore rimane la sorpresa di un impatto forte che però non è il solo. C’è anche un Ebreo in preghiera che richiama l’uomo raccolto sul tetto della Crocifissione e ci sono altre due opere che soddisfano le due tensioni, l’ebraica e la cattolica: La festa dei tabernacoli e l’Apparizione, che altro non è se non un’Annunciazione rivisitata in chiave laica. Non mancano tuttavia gli acquerelli e gli studi sui temi più propri dell’artista, i più evanescenti e onirici, ma a Catania si raccomanda uno Chagall in presa immediata con il reale. Tali sono per esempio i disegni di figure della Bibbia e quelli per Le anime morte di Gogol’: uno Chagall che forse sarebbe stato meglio proporre non dividendo la mostra in otto sezioni tematiche ma secondo un criterio cronologico, così da seguire i percorsi e i tormenti di un artista talmente longevo da aver frequentato ogni temperie mantenendo però la sua cifra originale. Ad ogni modo quello catanese, se gustato senza aspettarsi lo svolazzo del cuore, integra un secondo Chagall forse minore ma chissà se più vero.