giovedì 24 agosto 2017

Gli zii di Sicilia / Il gran rifiuto di Liza Minnelli


Articolo uscito il 20 agosto 2017 su la Repubblica-Palermo

La sera in cui a Montecarlo, il 24 agosto 1997, di fronte al gelo del pubblico, sconcertato dalla voce roca e vedendola ingollare continuamente una bibita rossa, forse un integratore per atleti o magari una bevanda di qualche gagliarda gradazione, gridò al microfono “Ehi, ci siete?”, Liza Minnelli capì che quello era il viale del tramonto, lo stesso della madre Judy Garland, cosparso di alcol e droghe. Ma ai giornalisti annunciò intrepida che a Palermo, prima tappa del tour italiano, sarebbe stata un’altra musica: il concerto del 26 sarebbe infatti durato novanta e non sessanta minuti e lei avrebbe dato il meglio perché a Palermo vivevano parenti che il 25 sarebbe andata senz’altro a conoscere. Sollecitata nel suo entusiasmo, la diva non volle però, molto stranamente, dire una parola su di loro e lasciò che fosse un suo stretto collaboratore a spiegare che era rimasta sconvolta nell’apprendere che vivevano in condizioni molto modeste. 
Al Teatro di verdura la applaudirono in tremila, fra cui alcuni Minnelli che provarono ad avvicinarla e “familiarizzare” pure, sebbene lei li avesse disinvoltamente ignorati ricusando i suoi strombazzati propositi di abbracciarli ed evitando così di mischiare la sua gran pompa con il bisogno più piccino, accampando dopotutto una solida ragione: la moltiplicazione d’incanto dei sedicenti parenti nessuno dei quali però con uno straccio di prova. Del resto suo padre Vincente non aveva detto di non avere idea alcuna di quando fosse nato e perché mai a Chicago? Epperò doveva saperlo bene, se è vero quanto dice Rosa Minnelli, supposta cugina diretta di Liza e quattro anni più grande: «Vincente nacque qui a Palermo e partì piccolissimo assieme al padre Nicolò. Doveva emigrare anche mio padre Michele, ma gli fu negato il visto perché allora chi aveva problemi agli occhi non veniva autorizzato. Vincente ebbe altri tre fratelli, Nicola, Benedetto e Giuseppe, che Liza non volle vedere sebbene fosse moribondo. Ha avuto paura di noi che siamo suoi cugini».
Rosa e Vincenzo Minnelli
Si sa però che i siciliani sono legati ai parenti, anche quelli ingrati, sicché l’incerto concerto che la celebre cantante offrì sul palco palermitano fu imputato non tanto a una raucedine, colpa sicuramente del fiasco monegasco, ma addirittura a una bronchite, la stessa che sapientemente le aveva impedito di entrare nelle case di Borgo Vecchio e Cappuccini, i quartieri dimora delle due schiere dei Minnelli, una di miserie e l’altra di splendori, che si disputarono la sua presenza, restando infine deluse entrambe per il pari trattamento usato dalla regina di “New York New York”. La quale il 29 anche a Taormina (che nel ’73 le aveva tributato un trionfo e conferito il David per “Cabaret”) si esibì con risorse evidentemente al minimo, visto che il concerto del 30 fu annullato, i pochi biglietti rimborsati e lei, per dispetto o per orgoglio, cantò gratis il 31 al porto di Catania: esibizione anche quella non passata alla storia, ma fatta passare come omaggio alla chiusura delle Universiadi. 
Nemmeno il concerto, unico in Italia, tenuto poi nel 2007 ancora a Taormina, ne rinverdì i vecchi e gloriosi fasti. Né quella volta la star pensò a una scappata a Palermo. E oggi, reduce da una encefalite virale che la stava uccidendo e oggetto di una fake news che l’ha data per morta, Liza (chiamata letteralmente così dai cugini palermitani non per lacune in inglese ma perché diminutivo di Elisa) si è alfine resa assente giustificata. 
A sentire la cugina Rosa (la cui verità stride acutamente con la versione ufficiale della vita del regista di “Gigi”, i cui bisnonni sarebbero stati ad emigrare da Palermo), Vincente avrebbe avuto anche una sorella, Rosetta, che abitava a Bosco Grande e forse riceveva soldi e vestiti dall’America che però negava: «Diceva che altri parenti avevano avuto qualcosa e non lei. Noi sicuramente no, anche perché Vincente non aveva il nostro indirizzo. Una volta sono stata al consolato americano e mi hanno chiesto una sua lettera come prova. Ma come potevo averla? Mio padre mi raccontò che una volta suo fratello venne a Palermo per girare un film e lo invitò a vedersi, ma lui si rifiutò. “Solo ora ti fai vivo?” pensò. E quando venne Liza, io lavoravo in casa di una baronessa che mi disse che sul giornale c’era la notizia dell’attrice in cerca dei parenti di Palermo e si prestò pure a ospitarla». 
Il regista e Vincenzo Minnelli, molto somiglianti
Rosa assomiglia molto allo zio Vincente, così come un sosia sembra un altro Vincenzo, figlio di Michele, conosciuto come “u cinisi”, che ha recitato in “I migliori nani della nostra vita” e “Signò Belluscone”. Un ulteriore Vincenzo, nipote di Rosa e di cognome Navarra, tutt’oggi lavora alla fotografia con Daniele Ciprì che ha per lui parole di elogio avendolo in sostanza scoperto e cresciuto: «Io e Franco Maresco lo abbiamo voluto come attore in “Loro di Palermo”, poi è rimasto a lavorare con me. Ha la passione per il cinema e anche molto talento. Si vede che ha il sangue del regista e dell’attrice di cui dice di essere parente». Vincenzo non nega la parentela: «Quando si tenne il concerto io ero fuori Palermo, ma mi dissero che venne organizzato un ricevimento tutto per Liza. Al ritorno vidi molti venire a bussare a casa presentandosi come parenti nostri e della cantante». 
Daniele Ciprì
Non ci fu un Minnelli che insomma non si fece avanti, sicché Liza si fece perentoriamente indietro, rilasciando a poche ore dal concerto una dichiarazione altrettanto tranchant: «Sono molto toccata dalla povertà dei miei parenti, ma voglio subito precisare che di fratelli palermitani mio padre non ne aveva affatto. Mio padre Vincente è nato a Chicago nel 1909 ed era figlio di un americano. Sono stati i miei trisavoli a partire da Palermo. Comunque io sono siciliana, questa è la mia terra e nessuno di voi può riuscire a comprendere quello che sento». Quello che sentì davvero fu di restare risolutamente sul palco ai piedi del quale mancò la cugina Rosa perché non trovò un mezzo per andare così lontano da casa. E anche quando l’avesse trovato, le sarebbe stato proprio difficile documentare la sua parentela solo mostrando la sua impressionante somiglianza al padre e a lei.
Franco Maresco
Il ricongiungimento mancato ha ad ogni modo sollecitato l’immaginazione di Franco Maresco che agli inizi di quest’anno ha annunciato a Repubblica un film dal titolo “Vicé” dedicato proprio a Liza e al suo gran rifiuto: «L’ho dovuto mollare per mancanza di fondi, ma l’idea continua a piacermi: un cugino che di fronte al no della diva mette su una scuola da ballo a Borgo Vecchio reclutando la povera gente del quartiere per allestire un musical da portare negli Usa nella speranza che lo veda la Minnelli. Che avrei visto nel film come Santa Rosalia, un’evocazione. Secondo me ha ragione lei a dire che emigrarono i trisavoli. Mi risulta infatti che il primo Minnelli andò via dopo i moti del 1848. E sempre secondo me Liza non incontrò i parenti perché qualcuno glielo sconsigliò». Questo qualcuno non poté parlare all’orecchio di Liza che a Montecarlo. E dev’essersi trattato di qualcuno bene al corrente della situazione palermitana e consapevole che sarebbe stato meglio per lei apparire biasimabile che non impresentabile. 
Sennonché Palermo comprese e dimenticò. E mentre Maresco pensa tutt’oggi di volgere il suo film in una pièce teatrale, il Comune lo scorso Natale ha intanto portato ai Cantieri della Zisa la versione restaurata del più grande musical di tutti i tempi, “Un americano a Parigi”, regia di quel gran maestro che fu Vincente Minnelli, fantasista anche nell’arte di mischiare l’anagrafe.