mercoledì 19 ottobre 2005

L'amore è una cosa scientifica


Forse Emma Bovary aveva troppa dopamina addosso e a Otello avrebbe giovato un bravo endocrinologo. Non anime nella tempesta né loro né molti altri personaggi letterari, da Romeo ad Anna Karenina, ma soggetti da curare: non ci si innamora perché il cuore va in frantumi ma per un cattivo dosaggio di ormoni.
E non si tradisce perché viene voglia di cambiare ménage ma per uno sbalzo di ossitocina e vasopressina: almeno così si è visto nei topi, che da monogamici diventano poligamici secondo la somministrazione. Quando il tema eterno dell’amore, l’unico che sembrava sottratto alle spire della biologia, finisce sul tavolo di un divulgatore della scienza qual è Piero Angela, la psicologia dell’amore e la teoresi del tipo di quella alberoriana osservano un radicale regresso. Categorie quali «innamoramento» e «amore» sono riviste alla luce della ricerca scientifica trasformandosi in funzioni cerebrali entro un gioco di ormoni, ipofisi e amigdala che produce nuove accezioni degli stessi termini proponendo concetti quali «innamoramento», «sessualità» e «attaccamento». 

Per questa via, in Ti amerò per sempre (Mondadori)  Piero Angela non può non pervenire a elaborare teoremi del tipo seguente: «Se l’innamoramento è caratterizzato da alta dopamina con bassa serotonina, e la sessualità da un alto tasso di testosterone, l’attaccamento sembra essere collegato a un innalzamento dell’ormone ossitocina nel cervello». Insomma aveva ragione Brancati a suggerire che nell’ammirare una bella donna occorre sempre concentrarsi su un suo sgraziato neo o pensarla nella sua toilette per vederla sotto una luce meno accecante e più corporale.
Fatto si è che Angela ha ragione a portare su uno stesso piano un impulso spirituale qual è l’innamoramento e una funzione fisica come il sesso combinando entrambi con un bisogno materiale del tipo dell’attaccamento, così deducendo una scala discensionale dall’etereo al terreno, perché come le specie animali anche quella umana risponde a una esigenza primaria, che è la riproduzione. La continuazione della vita è il precetto fondamentale e inalienabile che ispira i comportamenti sessuali, che a loro volta sono determinati da processi di attrazione rispondenti a un fine di salute genetica, in forza della quale la discendenza si garantisce.
Ci si innamora del partner che abbia due requisiti necessari ad altrettanti scopi: doti di salute fisica per riprodursi ed elementi di affinità per poi, nella fase dell’«attaccamento», cioè della convivenza, allattare il figlio. In questa prospettiva il processo evolutivo lenisce l’innato dimorfismo che rende uomo e donna fisicamente e sessualmente diversi e pone un freno alla vocazione naturale alla poligamia propria dell’uomo, nato per la panspermia, per favorire un credo monogamico nel quale è la donna a riconoscersi di più. Lo scontro «naturale» è tra paternità e maternità: il maschio impegna sempre una questione di certezza della nascita mentre la femmina si preoccupa della stabilità familiare. 
Se le cose stanno davvero così, non c’è dunque spazio per le emozioni e per l’azione del cuore? Ogni attività è il frutto di mere funzioni cerebrali? Non tutto insomma è dettato dall’ambiente, dalla società e dalla cultura. Rispondiamo anche a pressioni biochimiche interne e innate. Ma questo non significa convertire l’animo umano in un robot più o meno funzionante?

"Ma no - dice Piero Angela. - L’essere umano è composto di cellule, di ormoni, di neurotrasmettitori. Il cervello è formato da tre parti: la parte più profonda, quella arcaica, che sovrintende alle funzioni vitali; la parte limbica dove agiscono l’affettività e i sentimenti; e poi c’è la parte cacuminale, la corteccia cerebrale, dove hanno sede le attività intellettive, il linguaggio, la musica, la poesia. Il fatto che l’uomo sia dunque composto di cellule e reti neuronali non significa che sia un robot, tanto è vero che non c’è un uomo che sia, non solo fisicamente ma soprattutto spiritualmente, uguale a un altro, cambiando per ogni individuo il patrimonio genetico".
Prendiamo il testosterone, un ormone che si riduce se non si fa l’amore e che cresce in caso contrario. Bisogna immaginare che i detenuti e i sacerdoti ne siano del tutto privi?
Non sono un medico né quindi ho mai visitato sacerdoti, ma credo che il voto di castità sia una scelta di vita che implichi un distacco permanente dall’attività sessuale, per cui il sacerdote ha una dose di testosterone che riflette le sue condizioni. Quanto ai detenuti sappiamo che regolano la loro sfera sessuale con forme irregolari e comunque conosciamo lo stato di frustrazione e di macerazione che li affligge in rapporto a questa funzione.
Cosa diversa sono i feromoni, richiami sessuali per via olfattiva presenti nella specie animale ma privi nella nostra. Perché secondo lei questa particolarità in un mondo che in fondo tende ad assimilare animali e uomini?
I feromoni sono degli odori che per esempio gatti e cani emanano quando sono in calore e che servono ad attirare l’attenzione del partner al fine della riproduzione. Le donne ne sono prive perché probabilmente rispondono a una logica diversa: quella di coppia. Dovendo gli esseri umani operare alla formazione della coppia, non occorre alla donna possedere feromoni che servano ad eccitare il maschio quale che sia. La scelta del partner è sempre consapevole nella specie umana, quantunque anche in quella animale abbiamo esempi di varietà che conducono una vita monogamica, com’è per esempio nel caso degli uccelli.
Lei distingue due fasi iniziali e successive, «innamoramento» e «sessualità», che sono funzionali all’allevamento dei figli e propedeutiche alla terza fase dell’«attaccamento» che è strumentale al fine ultimo della riproduzione. Può mancare questa terza fase?
Non è raro che in realtà manchi. Nel caso per esempio di uomini che vanno con prostitute osserviamo che non c’è alcun attaccamento dell’uomo alla donna. Ma possiamo anche avere il caso in cui si prescinda dalla sessualità per cui ci può essere il solo innamoramento senza sesso. Pensiamo a Dante e Beatrice. C’è insomma una gamma di combinazioni diverse.
L’innamoramento è il frutto della formazione di una coppia legata a cure parentali lunghe come nel caso dell’allevamento dei figli, una forma sostitutiva dell’«estro», che è la prima fase di attrazione, dovuta all’ovulazione nascosta. Questa visione porterebbe a pensare che gli amanti non siano innamorati, mentre lei stesso osserva che tra amanti il sesso è quello che ha le maggiori chances riproduttive.
In questo caso ci sono molti elementi in gioco combinato. Diciamo che l’innamoramento è una specie di attrazione molto forte che porta due esseri a unirsi - ammesso che entrambi siano davvero attratti perché spesso l’attrazione è unilaterale. Quando questa attrazione nasce si ha l’innamoramento per cui due persone stanno insieme unendosi in matrimonio o facendo comunque coppia fissa. Fanno allora sesso e hanno dei figli. A questo punto una delle due ipotesi che io riferisco è che questa forma di innamoramento spinge le due persone a stare insieme abbastanza a lungo per fare un figlio, e continuano a stare insieme, per le spinte forti di affettività verso il figlio, almeno quanto occorre per rendere indipendente il bambino; dopodiché, finito l’allattamento, la donna può avere un altro partner e ricominciare daccapo. La lunga fase dell’allattamento che il bambino richiede, a differenza di altre specie molte delle quali procreano senza preoccuparsi dello svezzamento, è in teoria voluta perché la coppia si stabilizzi.
L’idea di bellezza fisica è definita nel senso scientifico di simmetria. Ciò che è regolare, cioè naturalmente perfetto, piace di più. Come spiega allora la disputa che generazioni passate ingaggiarono nella scelta tra Belmondo e Delon, il primo definito affascinante, il secondo bello?
L’ideale di bellezza è il risultato di esperimenti fatti in varie parti del mondo, esperimenti che dimostrano come un viso simmetrico, o reso simmetrico con una grafica computerizzata, è ritenuto più bello. Quanto alla differenza tra Delon e Belmondo si tratta di due tipi fisici diversi che rispondono a due ideali di uomo. Uno è un viso femminilizzato, quello di Delon, come lo è quello di Di Caprio, un viso che trasmette alla donna una sensazione di gentilezza e di dolcezza, promettendo un compagno che potrebbe essere più adatto all’allattamento dei figli, mentre il modello Belmondo è più «macho» e quindi propone un uomo più maschile e più dominante, richiesto da quella donna che antepone il bisogno di essere protetta.
Però viene meno il canone della simmetria nel caso di questa seconda scelta.
In linea generale la donna non cerca l’uomo bello ma quello vincente. Io faccio il caso Marilyn Monroe che sposa Arthur Miller, un uomo che non avrebbe mai vinto un concorso di bellezza ma che era vincente essendo un grande commediografo. Se fosse stato un modesto scrittore la Monroe non l’avrebbe probabilmente sposato.
In che senso l’innamoramento è un bisogno fisiologico come lo sono la sete e la fame?
Nel senso che tutti abbiamo questa disposizione, ma diversamente dalla sete e dalla fame l’innamoramento non è qualcosa per cui ogni giorno o ogni settimana dobbiamo avere un partner altrimenti entriamo in crisi. Diciamo che quando siamo innamorati ciò che proviamo richiama l’idea della fame e della seta: si ha bisogno continuamente di sentire, di vedere il partner, di parlargli, di incontrarlo.
Perché l’eccessiva familiarità disinnesca l’attrazione sessuale?
È un’osservazione fatta tante volte e che ognuno può verificare da sé. L’incesto è l’esempio principale: non solo è un tabù sociale, ma quel che conta è che nessuno è attratto dalla sorella o dalla madre o da persone con cui vive insieme. Probabilmente è naturale cercare qualcuno al di fuori del proprio gruppo perché la biologia, cioè la selezione naturale, richiede una diversità nella discendenza.
Ma questo non vale tra marito e moglie perché l’eccessiva familiarità è la regola tra i coniugi.
Sì, ma la teoria postula che i due soggetti siano stati allevati insieme e poi magari stanno insieme. Nel caso dei coniugi, si tratta invece di due persone adulte che si sono piaciute, si sono unite e poi stanno insieme.
Perché i belli stanno con i belli e i brutti con i brutti?
Beh, forse i brutti vorrebbero stare con i belli e non ci riescono. Ci si può innamorare di una star del cinema ma è necessario l’elemento della reciprocità, perché se manca questo l’innamoramento si inaridisce. A meno che non ci siano dei pazzi come quell’americano che cito, John Hinckey, che - innamorato di Jodie Foster - per farsi notare da lei che ignorava le sue lettere, spara al presidente Reagan.
Ma il fenomeno per cui i belli stanno con i belli non risponde anche alle richieste del processo evolutivo della specie che tende sempre a migliorarsi?
L’idea di bellezza è qualcosa che è legata al patrimonio culturale di un’epoca. Gli animali non credo che abbiano questo senso estetico, anche se si è visto che il canone della simmetria ricorre anche negli animali, persino negli insetti. Vediamo infatti come animali asimmetrici, con un’ala più corta o senza una zampa, hanno più difficoltà a trovare un partner.
Lei dice che l’anima gemella è quasi sempre sconosciuta, perché non abbiamo la possibilità di scegliere tra tutte quelle che sono potenzialmente adatte, essendo disseminate in tutto il mondo. Questo significa sbagliare sempre?
C’è l’esempio di quel tale che dice: «Aspetto a comprare un computer perché sta per uscirne uno migliore». E quando il nuovo modello arriva continua ad aspettare ancora la nuova versione finendo così per non comprarlo mai. Noi siamo in questa situazione: 
viviamo in un mondo che per quanto ci riguarda è quello che c’è intorno a noi. Se dall’altra parte del pianeta c’è la persona veramente adatta noi non lo sappiamo né abbiamo la capacità di raggiungerla. Dobbiamo dunque esercitare i nostri sentimenti sulle sole persone che riusciamo a conoscere.
La strada dell’evoluzione è orientata a selezionare individui che abbiano maggiore capacità di riproduzione. E gli omosessuali allora? Lei parla di mistero senza risposta.
Il mistero c’è, ma ci sono anche delle possibili spiegazioni. Anche in natura vediamo che l’omosessualità è molto diffusa. Effettivamente se lo scopo dell’attrazione è quello di riprodursi, nella omosessualità manca questo scopo, ma in certe specie animali un gruppo, una coppia o una famiglia può essere aiutato nel suo compito attraverso figure che non si riproducono ma partecipano alla costruzione delle condizioni perché il gruppo possa riprodursi. Sono, per così dire, degli aiutanti dal punto di vista evolutivo. Forse nella specie umana è presente una radice analoga.
Con questo libro lei affronta un tema di natura psicologica e sociologica con gli strumenti scientifici, tanto da sottotitolarlo "La scienza dell’amore". Sembra un controsenso.
Guardi che molte di queste osservazioni le ho scritte nei decenni passati qui e là. Ho voluto ora riunire quanto ho imparato sia nel corso delle mie frequentazioni con scienziati e studiosi sia attraverso miei studi aggiornandoli per dare conto delle ultime acquisizioni.