lunedì 14 aprile 2014

Sapere o non sapere?



Molta gente ritiene che chi è informato sia anche una persona colta. E fa confusione tra chi legge i giornali e si tiene documentato e chi invece non legge giornali ma libri. Il primo vive nel presente, il secondo in una dimensione acronica che è la sintesi di passato, presente e futuro.

Succede che chi resta ancorato all’oggi ottenga maggiori riconoscimenti: è invitato in televisione, viene ascoltato, esprime opinioni che possono influenzare il pubblico, si fa insomma un nome. Chi invece si dedica alla lettura di libri appare un cerebrale, un passatista che essendo fuori dal presente è anche fuori dal mondo: il suo ambiente è il convegno specialistico, la rivista di nicchia, l’uditorio di scuola o di facoltà. Chi è informato perché legge i giornali è pronto a rispondere a tutte le domande che riguardano il nostro tempo. Chi invece non si tiene informato perché non legge i giornali può solo dare risposta a questioni che riguardano il suo tempo, per cui non interessa a nessuno. E non interessa a nessuno perché non può incidere sul presente, che è di tutti. Sicché la storia interessa meno della cronaca non essendo in potere di modificare l'oggi.

Eppure è questa figura irrelata di escapista che, rifuggendo la contingenza, è una persona colta perché ha la consapevolezza socratica di sapere di non sapere. Anche l’ignorante sa di non sapere, ma la persona colta sa anche quanto non sa e quanto ancora deve sapere. Una persona informata invece non sa quanto deve ancora sapere perché l’apprendimento non dipende da lui ma dai giornali che devono uscire e continuare a informarlo. Chi è colto conosce la strada dell'ignoranza, chi non lo è procede nel buio. 
Ma chi legge romanzi, saggi, trattati filosofici, manuali di storia, più dimostra competenze e più viene equiparato alla vile condizione dell’insegnante, del travet topo di biblioteca che conduce vita misera e appartata, che veste in maniera dozzinale ed è poco brillante perché non ha argomenti brillanti. Di questa categoria di persone, chiamate in maniera regressiva «studiosi», sinonimo di secchioni da giovani e ora di barbosi, la società mediatica si serve in modalità scorciata, utilizzandoli al pari di soggetti dello spettacolo, come sono gli attori. Una volta gli studiosi erano equiparati ai saggi e come tali erano ascoltati, mentre oggi la palma della saggezza, che non va più da sola ma unita alla sagacia, è passata in capo ai giornalisti, ai politici e ai cosiddetti «esperti», una nuova casta del tutto eterogenea che ha esautorato i professori e che si mantiene sulla breccia leggendo giornali in gran quantità e concedendosi solo qualche libro necessario, cioè molto presente sul mercato. 
La differenza è tra realisti ed escapisti, tra chi vive il presente e chi lo rifugge. A cercare di rifuggirlo con accanimento sono i letterati. Italo Calvino ne aveva fatto una sua professione. Un letterato puro molto difficilmente lo si vede a "Porta a porta": deve essere famoso come Camilleri o deve costituire un caso di attualità come Saviano. I letterati che riescono a rendersi mondani conquistano invece le scene televisive e il vasto pubblico dandosi un aplomb che mentre snatura la loro qualità di letterati ne fa dei soggetti smerciabili e quindi degni di una loro nuova dignità. Ma devono tenersi informati, sapere chi dirige Hamas, cosa sta facendo il Cern di Ginevra o cosa ha detto Angela Merkel. 
Devono cioè scegliere, come Ercole, tra piacere e dovere, bella vita o buona vita, sapendo che solo la buona vita porta alla cultura, lontano dal piacere della celebrità e delle celebrazioni, ma in sintonia con i valori meno effimeri e più duraturi. Chi è informato lo è oggi, ma non sappiamo se lo sarà domani. Chi è colto, nel senso che rifugge il presente e si dedica alla lettura di libri, è colto sempre. Ma conta molto meno sullo scacchiere sociale. Nell'Apologia Socrate dice che, avendo saputo dall'oracolo delfico di essere il più sapiente degli uomini, interroga tra gli altri anche i technitai, gli specialisti nelle arti manuali, quelli che oggi sarebbero i tecnici nel senso di persone dotate di un sapere oggettivo, epperò non sapienti perché del tutto ignoranti fuori dall'oggetto di loro conoscenza. E ciò fa Socrate per dimostrare quanto poi avrebbe teorizzato Borges per il quale ogni persona è credula fuori dalle proprie competenze.