giovedì 15 maggio 2014

Meglio ricchi o protagonisti?


Per ragioni difficili da indagare oggi una persona è importante e autorevole, ovvero in possesso di un ascendente, quanto più sia nota. Si è potenti e si riscuote maggiore consenso se si è personaggi.
Gli attori e i calciatori, perlopiù di bassissima istruzione, godono di una popolarità che li rende influenti quanto maggiore essa sia. Ma sono tali perché popolari o perché in genere la celebrità si accompagna ad un alto tenore di vita e quindi a uno stato di ricchezza? Ora, mentre è comprensibile che una persona ricca, pur non famosa, sia anche potente proporzionalmente al proprio censo, che molte volte coincide con un ceto elevato, non è naturale, non è cioè nell’ordine delle cose, che una persona famosa lo sia altrettanto: perché se è vero che il denaro costituisce la più forte arma di dominio consentendo di comprare un bene o un servizio e quindi di disporne, non è altrettanto vero che la popolarità di per sé sola permetta una posizione di dominio sociale quando esso non sia anche economico. Per cui si può essere molto popolari, come una star del cinema caduta in miseria, ma non potenti, appunto perché non ricchi. 
Ci sono ricchi anonimi, ma non per questo meno potenti, anzi a volte l’anonimato consente di esercitare il potere con maggiore successo; e ci sono ricchi popolari che sono sempre potenti. E’ dunque la ricchezza il criterio di designazione del potere, così come è sempre stato. Si è ricchi e perciò potenti, indipendentemente se si è anche famosi. Ma può aversi il caso, come succede in moltissimi ambienti, che si è potenti e non ricchi, la ricchezza semmai seguendo la detenzione di un potere. In politica, per esempio, ministri e parlamentari, capi di stato e di governo, non sono ricchi perché tali ma possono diventarlo perché posti a capo di un centro di potere. Così è anche nella burocrazia pubblica dove i boiardi e gli alti dirigenti conseguono condizioni di ricchezza garantite da stipendi altissimi in funzione del potere che posseggono.
Ma chi tra un ricco e un potente ha maggiore peso sull’altro? Se la corruzione, nei suoi cento aspetti, non esistesse, il ricco non avrebbe alcun modo per imporre la forza del denaro, sicché il potente che sia legittimato comanderebbe su di lui. E legittimato significa che opererebbe in rappresentanza di un’assemblea, che sia una nazione o un condominio, cioè in un sistema democratico fondato sulla prevalenza della volontà maggioritaria. 
Ma è proprio il sistema democratico maggioritario a consentire la corruzione: rendendo libera l’iniziativa personale necessaria per guadagnare consenso attorno a una proposta o un proponimento, la democrazia autorizza a tale scopo l’esercizio di ogni mezzo purché legale. Dal momento che il consenso si consegue con la persuasione, i mezzi utili sono quelli dati soltanto, ricordiamoci di Michelstaedter, dalla retorica, cioè dalla capacità di convincimento, che tanto può essere incisiva e penetrante quanto più sia martellante: cosa che oggi può aversi soltanto con l’uso dei giornali e dei mass media: che richiedono grossi investimenti di denaro per ottenere i quali si determinano grandi concentrazioni economico-finanziarie la cui nascita esautora la democrazia e introduce di fatto l’oligarchia. 
Se la corruzione è figlia della democrazia e se la ricchezza prevale sul potere nella sua modalità di autorità (che è un potere accettato mentre il potere è un’autorità imposta) condizionando la democrazia e favorendo la corruzione, con ciò stabilendo un sistema oligarchico, la popolarità non ha più alcuna possibilità per farsi valere. A meno che chi sia popolare, sebbene non ricco, non divenga protagonista. Il quale, al contrario di chi eserciti un potere, può essere anche chi non possieda ricchezza ma sia celebre. Una persona può essere celebre quando ne conosciamo sia il nome che il volto. Se riconosciamo una persona per averla vista in televisione ma non sappiamo chi è o se conosciamo un nome ma non riusciamo ad abbinarlo a un volto, non stiamo parlando di una persona famosa. La quale è tale davvero quando è nota, riconoscibile in viso e identificabile nelle generalità, anche al di fuori dal suo ambito. Un artista è famoso se è noto anche a chi non si occupi di arte donde quanti più sono gli ambiti estranei tanto più l’artista è famoso. E’ dunque normale che un appassionato di musica leggera conosca e riconosca Bono degli U2 ed è anche comune il caso di molta gente che sappia chi è Bono ma a vederlo non lo riconoscerebbe.
Il protagonista è colui che sappia raccogliere consenso rendendosi artefice di un risultato senza impegnare denaro. Riuscendo in ciò detiene un potere che può essere uguale a quello di un personaggio che sia ricco, a quello di un personaggio che ricco non sia e a quello di una persona ricca che non sia un personaggio ma un anonimo.
Con l’avvento della società dello spettacolo profetizzata da Guy Debord la figura del personaggio si è andata via via identificando con quella del protagonista acquistando un potere in termini di consenso che il ricco deve contendere per conservare il primato. Facciamo l’esempio di un film, dove abbiamo il produttore nel ruolo del ricco, il regista in quello di personaggio e l’attore come protagonista. Si tratta di funzioni diverse, senonché agli occhi del pubblico è l’attore protagonista a primeggiare e prevalere anche sul regista che lo dirige nonché sul produttore che lo finanzia. 
E’ sempre una questione di consenso, divenuto oggi il vero criterio di designazione del potere quando un tempo il consenso, fuori dalle cariche pubbliche elettive, era visto con sospetto, frutto di maleficio, causa di indemoniamento o fattore di sobillazione ed eversione. In un tempo in cui il potere era ereditario così come la ricchezza e la separazione tra i ceti era la regola per mantenere il retaggio dei censi, rendersi protagonisti ricercando il consenso significava iscriversi nella schiera dei ribelli. Farsi personaggi era invece un esercizio inutile ai fini del potere, rimanendo relegato nel suo ambito. Attrici e cantanti famose, artisti celeberrimi e scrittori oggi veneratissimi erano visti fino all’Ottocento al pari di medici e avvocati, esercenti cioè mere arti liberali. Il fatto che fossero famosi non li liberava dalla condizione di subalternità e dipendenza dai veri potenti. Anziché essere “seguiti”, come diciamo oggi, erano “richiesti”. La loro arte era un mestiere, cioè una professione, vale a dire un’occupazione. Oggi sono invece dei Vip, equiparati se non superiori ai ricchi essendo dei protagonisti.
Ancorché oggi come ieri e come sempre conti soprattutto il denaro necessario per influire nel mondo, non è più solo il denaro a consentire di guadagnare la stessa posizione. Se non fosse per il fatto che chi è protagonista e dunque personaggio è anche ricco, si potrebbe pensare che possa bastare la celebrità frutto di qualche eccellenza artistica o imprenditrice, risultato del genio quindi, per farsi una posizione di prestigio. Tenendo sempre pur conto che se fino a un secolo fa si diceva di uno spirito ambizioso che se voleva diventare ricco e famoso doveva scrivere un romanzo, oggi a uno scrittore si direbbe che per scrivere un libro deve prima diventare ricco e famoso. Meglio entrambe le condizioni.