martedì 15 luglio 2014

Dare la precedenza o prendersela?


Il primo automobilista che sorpassò un altro fu preso per cafone e probabilmente sapeva di esserlo perché la precedenza, per antica tradizione ed educazione, poteva essere o accordata o riconosciuta, mai presa e pretesa. 
Nell'Ottocento in Francia c'era addirittura una legge che impediva a un calesse di superare un altro. "Una stupida legge" la definiva Alexandre Dumas in Il conte di Montecristo. Stupida perché "proibisce ai viaggiatori di sorpassarsi l'un l'altro senza averne ottenuto il permesso, in modo che un viaggiatore ammalato o catanoso ha diritto di far stare dietro di sé i viaggiatori sani che hanno fretta". Quello che oggi è dunque la regola un tempo era l'eccezione. Ancor di più nel caso in cui si trattasse di due pedoni, uno non poteva senza recare offesa anticipare l'altro, a meno che non apparisse oggettivamente di ceto superiore. Dare la precedenza era segno di rispetto, prendersela ragione di superiorità. Incontrandosi due persone, a farsi di lato e cedere il passo, doveva sentirsi obbligato chi nell'aspetto apparisse di un grado sociale inferiore. Incrociandosi due gentiluomini invalevano forme di cortesia per cui la gentilezza si misurava in base a chi cedesse volontariamente la strada, come sarebbe stato obbligo in presenza di una donna. Negare l'altrui stato superiore o pretendere che il propria sia maggiore poteva portare a una sfida venendo leso l'onore personale, per giunta in pubblico. Curiosamente, in base a queste norme, il pedone doveva farsi da parte davanti a un cavaliere in groppa e a maggior ragione davanti a una carrozza, quando oggi una moto o un'auto è al pedone che devono dare la precedenza.
Incrociandosi un calesse e una carrozza, a differenza che tra due carretti, il primo doveva dare la precedenza alla seconda riconoscendone, de visu, la superiorità. In tempi in cui non esisteva la corsia di destra o di sinistra ma la via e basta, quando si incontravano due carrozze insorgevano problemi non da poco. Se uno dei due viaggiatori riconosceva il proprietario dell'altra carrozza e quindi a quale stemma quella carrozza appartenesse, era suo dovere accostare nel caso in cui nella scala sociale riconosciuta e accettata, quella famiglia era di grado più elevato. In caso contrario il tipo di carrozza fungeva da criterio di priorità, per cui di fronte a una berlina e a un coupé potevano nascere questioni non da poco. Così come a teatro quanto ai palchi, che erano una propaggine del palazzo e che designavano la posizione sociale in base alla sua collocazione. Il titolare aveva diritto anche fuori dal palco allo stesso trattamento che il teatro gli riservava. Una questione di rispetto variamente declinato.
Queste forme di rispetto legate all'obbligo della precedenza in pubblico sono in uso anche oggi, seppure in un altro ambito. Suscita molte volte attriti e incomprensioni il caso in cui una segretaria attenda che la collega dell'interlocutore chiamato glielo passi al telefono cosicché il proprio capo non sia costretto a parlare con una segretaria mentre lei lo fa con l'altro interlocutore, sancendone così l'inferiorità: attriti che si esasperano quando anche l'altra segretaria pretenda che il suo capo parli con il suo parigrado e non con la segretaria e che possono pregiudicare la conversazione tra questi se uno dei due si veda degradato avendo dovuto dare la precedenza, vista come un cedimento. 
La precedenza è oggi disciplinata, quanto al traffico viario che può comprendere anche i pedoni, dal Codice della strada. Dove non segnalato, ha la precedenza chi viene da destra perché avendo le auto italiane la guida destra è più facile vedere chi sta sopraggiungendo appunto da destra. Quando però ci si immette in una rotatoria la precedenza va riconosciuta a chi viene da sinistra perché è sempre il più vicino al centro della rotatoria che ha quindi già impegnato. Dunque la precedenza, stando al volante, è oggi questione che si presta a canoni diversi di comportamento, non più dovuti al rispetto ma all'obbligo di legge. Induce comunque modalità diverse di considerazione e cambia quindi il nostro concetto di precedenza. Che rimane comunque un atto di sottomissione. Spontaneo o coercitivo.
Come ancora oggi avviene nelle processioni religiose, nei cerimoniali laici e negli incontri protocollari, l'ordine di precedenza è regolato secondo una scala gerarchica che tiene conto del prestigio, della carica o del censo. Ma la precedenza a volte prescinde dalla posizione sociale come nel caso di una evacuazione che obbliga a favorire le donne e i bambini o come avviene al pronto soccorso di un ospedale dove il triage, che significa smistamento, altro non indica se non una scala di gravità. Entro questa logica il malato ha la precedenza sul sano, il vecchio sul giovane, le donne sugli uomini ancorché in determinate circostanze, come al momento di entrare in un locale, galateo vuole che sia l'uomo a entrare per primo dovendosi accertare che sia un posto adatto e adeguato a una donna. 
Chi ha la precedenza è comunque sempre un favorito. Chi la dà un obbligato al codice o alle buone maniere, che la consuetudine ha reso allo stesso modo cogenti. Se si operasse in uno stato decodificato è assai probabile che la precedenza diverrebbe una questione di forza perché nessuno la concederebbe a cuor leggero comportando una perdita, un recesso o un ritardo. Al contrario di molte specie animali, che ispirano il loro comportamento alla swarm intelligence, l'intelligenza dello sciame, per cui come colonia o branco o gregge osservano per natura regole che individualmente ignorano, gli uomini in gruppo e in società hanno bisogno di precetti e divieti essendo migliori da soli che insieme.