giovedì 14 agosto 2014

Vu cumprà, cambio di anagrafe


A prescindere dalla fattibilità di un proposito che richiede risorse e mezzi, l'idea del ministro Alfano di ripulire le spiagge dei vu cumprà documenta uno Stato che dei suoi obblighi istituzionali fa progetti politici di cui lucrare i vantaggi.
Non c'era alcun motivo che Alfano andasse in conferenza stampa ad annunciare, con qualche enfasi e un paio di parole fuori luogo, il programma di liberazione senza prima spiegare perché finora non è stato attuato dal momento che chiunque, a cominciare dagli stessi vu cumprà, capisce bene che non è del tutto ortodosso vendere abusivamente oggetti di incerta provenienza a clienti raggiunti sotto l'ombrellone. Alfano avrebbe dovuto diramare una circolare ai prefetti, possibilmente dichiarandola riservata, e dare semmai conto dei risultati dell'operazione piuttosto che delle intenzioni. 
La filosofia, tutta renziana, di operare in funzione di qualcosa da fare anziché rendicontare quanto già fatto ha contagiato anche Alfano, che in verità è il primo a dover rispondere del disordine totale che regna nel campo del commercio sulle spiagge, divenuto così gigantesco da doverlo ammettere pure lui, non in veste di primo responsabile ma di primo artefice.
Un governo che progetta anziché fare, ancorché si picchi di chiamarsi "del fare", non può avere alcun credito. In campo letterario vale sempre la definizione che Nabokov diede della letteratura: che non nasce quando una bambina, uscendo dal bosco, grida "al lupo" e spunta il lupo, ma quando la bambina grida "al lupo" e il lupo non arriva. Se, alla stessa maniera, il governo Renzi continua a gridare "terra! terra!" e non si avvista nessuna costa, è naturale pensare che stia facendo appunto solo letteratura.
In questa prospettiva il ministro Alfano si è mosso da autore postmoderno a tempo scaduto ed ha chiamato gli immigrati "vu cumprà" tornando così alla originaria accezione invalsa al loro primo apparire subito dopo l'arrivo dei cosiddetti "polacchi", che erano i lavatori di vetri delle auto. Dopo i polacchi giunsero proprio i vu cumprà e nessuno trovò che fosse una definizione denigratoria, venendo peraltro dagli stessi ambulanti immigrati, come nessuno aveva trovato da ridire sul tacito e generale accordo di chiamare "polacchi" i lavatori di vetri - tant'è che nel 1998 Edoardo Albinati scrisse un romanzo intitolato appunto Il polacco lavatore di vetri e non ebbe alcuna censura, anzi gli fu riconosciuto il merito di aver trovato un eponimo. Lo stesso procedimento valse poi a definire i vu cumprà. Che però sono stati chiamati così, senza onta, fino a un certo momento, passato il quale oggi nemmeno a Renzi è piaciuto il nomignolo, sebbene sia quello più appropriato e identificativo nonostante il suo disuso.
Con quale altra espressione Alfano avrebbe dovuto indicare gli immigrati, quasi tutti clandestini, che pullulano sulle spiagge italiane stracarichi di cinciscaglie offrendole con modi insolenti a prezzi trattabili? "Ambulanti stranieri abusivi e perniciosi", forse? 
Intendendo designare un particolare tipo di immigrato clandestino, Alfano ha fatto ricorso al vocabolario più comune e diffuso, quello parlato, ed ha chiamato vu cumprà quanti, per l'evoluzione del fenomeno, oggi non hanno ancora un epiteto più appropriato. Ma capitando di avere usato tale espressione a ridosso del pronunciamento antirazziale di Tavecchio, è rimasto vittima dello stesso fallout determinato da una political correcteness che sta diventando fanatismo e integralismo e i cui primi banditori sono gli opinionisti dei grandi giornali. 
Se avesse parlato di vu cumprà in un altro periodo, il ministro non si sarebbe attirato critiche e contestazioni che trovano ragione solo nella povertà del nostro dizionario, incapace com'è di aggiornarsi ai rivolgimenti sociali e culturali.
Stiamo diventando un popolo di parrucconi e baciapile. Più pretendiamo di farci laici e più beghini ci facciamo. E quanto meno riusciamo a spazientirci per essere assediati dai vu cumprà in strada e sulle spiagge, tanto più ci sentiamo intolleranti nei loro confronti. Covando risentimento e affettando solidarietà. Epperò anche San Francesco cacciava le mosche e stava ben attento a non farsi pungere dalle api. Che i vu cumprà siano allora molesti e insidiosi come mosche e api? Ma no! Non lo pensa nemmeno Alfano. Se fossero siciliani o milanesi non sortirebbero sentimenti diversi. La verità è che si possono accettare molti vu cumprà attorno all'ombrellone, ma non tutti.
Witold Gormbrowicz racconta che un giorno vide sulla spiaggia uno scarafaggio a pancia in aria e accorse per salvarlo rovesciandolo. Poi ne vide un altro e lo rimise sulle zampe e continuò così vedendone altri ancora, finché alzando gli occhi non si accorse che tutta la spiaggia era piena di scarafaggi a zampe in aria e dunque morenti. Anziché passare la vita a salvarli se ne andò. Tale confessione pubblica non procurò allo scrittore polacco alcuna condanna: nemmeno per avere chiamato "scarafaggi" quegli "esseri viventi anch'essi figli di Dio" che, con maggiore sensibilità e rispetto, avrebbe potuto chiamare blatte. 
Franz Kafka, per volere essere politicamente corretto al massimo, chiamò "ungeziefer" l'insetto che appare a Gregor Samsa ne La metamorfosi. Ungeziefer vuol dire in tedesco insetto, più precisamente insetto parassita, così ogni lettore può ancora oggi pensare all'insetto nel quale è disposto nella sua immaginazione a trasformarsi insieme con Gregor. Ma quasi tutti abbiamo pensato sempre a uno scarafaggio. Senza però dirlo, in modo da essere liberi di vedere insetti ben più orridi in altri Gregor Samsa. Il risultato? Senza dirci qual è l'insetto, Kafka ha ottenuto di popolare i nostri sogni di mostri e di incubi. Se avesse invece precisato la specie del suo ungeziefer avremmo saputo con chi avere a che fare e conoscere il nemico. 
Cosa ha fatto, alla fine, Alfano? Ha chiamato l'insetto scarafaggio e ha detto che quelli che girovagano a decine di migliaia nelle spiagge di agosto come un'invasione di cavallette bibliche altro non sono che i vu cumprà, proprio quelli che conoscevamo: simpatici, un po' leziosi ma amorevoli e tutto sommato sostenibili.