venerdì 28 novembre 2014

Cultura e religione, la difficile sintesi


Gli integralisti islamici di Al-Shabaab che trucidano quanti non sanno recitare versi del Corano hanno un antico precedente nei soldati siracusani che massacrano i prigionieri ateniesi incapaci di recitare brani di Euripide. Con la differenza che nel 413 a.C. si uccideva in nome della cultura e oggi in quello del fanatismo religioso.
Si tratta di un regresso o anche la cultura può assumere una connotazione fondamentalista? Se la civiltà greca rappresenta un modello culturale di riferimento è ad essa e alle sue dinamiche che occorre rivolgersi. Ad Atene e quindi anche a Siracusa il teatro euripideo costituiva insieme con quello eschileo e sofocleo uno dei tre principi inalienabili della democrazia. Gli altri erano l'assemblea popolare e l'aeropago. Il teatro era visto come un propugnacolo del sistema democratico e per questo svolgeva un ruolo sostanzialmente politico. 
Non era dunque un capriccio di appassionati di tragedie quello che portava Siracusa a salvare i cultori di Euripide e gli amanti del teatro, perché era invece una verifica quella a cui i Siracusani sottoponevano i Greci al fine di accertare in essi la presenza più o meno sentita dell'ideale democratico, ad Atene ricorsivamente vacillante. E non a caso era Euripide l'autore scelto a stabilire questa coscienza, essendo Euripide il tragediografo che restituisce all'uomo il destino e, radicandolo nella società di cui è egli stesso artefice così come lo è del suo futuro, allontana l'Olimpo separando il cielo dalla terra. Un interesse da parte di Siracusa inteso a risparmiare quanti coltivassero uno spirito democratico proprio perché conoscitori dell'opera che affermava il primato della democrazia (anche se per la verità Euripide posò più volte dal lato degli oligarchi) non poteva non essere conseguito che stabilendo un'equazione tra quello e questa, spirito democratico e opera euripidea costituendo il penchant dell'ateniese da ritenere affidabile e quindi non nemico.
Diversamente, il trattamento riservato oggi a quanti non professino non tanto una cultura condivisa frutto di una comune visione politica quanto una unica fede religiosa appare esso sì divisivo e di tipo fanatico non sorreggendosi su alcuna base che postuli né una coscienza civile né un credo spirituale. La separazione tra musulmani e infedeli è netta e irreparabile agli occhi dei fondamentalisti islamici, non mediata da alcuna chiave interpretativa, neppure quella dell'appartenenza a una stessa razza, a una stessa nazione e a una stessa lingua, come si è visto nel massacro in Somalia dei viaggiatori in pullman, giustiziati perché non ferventi credenti.
L'ambivalenza tra cultura e religione si pone in termini più alternativi e ancora più minacciosi rispetto a quella tra scienza e fede perché incide più profondamente sulla natura dell'uomo, sulla sua episteme. L'apologetica cristiana è stata il più tenace tentativo di assimilare la filosofia alla fede dando al cristianesimo un fondamento compatibile con la ricerca derivata dal pensiero greco. Ma ancor prima degli scolastici sono stati l'evangelista Giovanni e San Paolo a gettare le basi perché la parola di Cristo diventasse un dettato filosofico e i discepoli si mutassero nei nuovi filosofi dell'impero romano. Ma, superato il Medioevo, l'Illuminismo si è poi incaricato di riportare cultura e fede nei loro agoni di partenza dove l'insorgenza del fondamentalismo li ha oggi trovati e tenuti. 
L'indebolimento della cultura come metodo di esercizio della convivenza civile, del progresso e della democrazia si è tradotto in un rafforzamento dell'integralismo che non è solo religioso ma anche pagano ed ateo. Le forme di incrudelimento cui si va conformando la società occidentale sono il portato di un consolidamento crescente della contrapposizione tra forze eterogenee e antitetiche riconducibili a grandezze quali il relativismo, il pragmatismo, l'epicureismo, l'edonismo, l'utilitarismo, tutte figlie di un fondamentalismo laico pressante quanto quello religioso contro il quale solo la cultura può fare da antidoto. Ma pare che la cultura sia vista oggi come una medicina scaduta.