lunedì 4 agosto 2014

Dalla Germania a Comiso per Bufalino

Bufalino recita sue poesie agli ospiti venuti a Comiso dalla Germania

Un anno prima di morire, Gesualdo Bufalino riceve nella sede della sua Fondazione a Comiso un gruppo di tedeschi venuti in pullman da Sindelfinger, una cittadina a quindici chilometri da Stoccarda i cui quarantamila abitanti godono del reddito pro-capite più alto della Germania e del credito che cosparge la presenza della Mercedes Benz. 
Al numero 2 della Stiftβtrasse c’era allora la Chorherrenhaus, che ospitava un’altra sede speciale: quella del Literaturclub, che ogni quindici giorni riuniva alcune dozzine di letterari dove il patto era di leggere ogni sei mesi libri di un solo Paese e di commentarli insieme. Animatore del Literaturclub è un insegnante di lettere in pensione, Wolfgang Völzke, che ama la Sicilia come la sua Baden Württemberg e che della Sicilia predilige i suoi scrittori. Völzke (prigioniero di Hitler e, per ironia della sorte, anche di Stalin) ha pressappoco l’età del suo autore siciliano d’elezione che è Bufalino, col quale divide lo stesso passato di insegnante di medie superiori e un’omologa burrascosa giovinezza. 
Di Bufalino Völzke ha letto traduzioni di Diceria dell’untore, Le menzogne della notte, Museo d’ombre, L’amaro miele, L’uomo invaso e Qui pro quo. Delle Menzogne della notte la Suhrkampf, un colosso dell’editoria tedesca, ha pubblicato tre diverse edizioni ognuna delle quali Völzke ha preferito naturalmente non farsi mancare, essendo lo Strega di Bufalino il suo livre de chevet. Il suo vanto è di aver ottenuto che i soci del Literaturclub si dedicassero per un semestre all’opera di Bufalino. E così gli è capitato che una sera, richiesto dai soci di spiegare alcuni versi di ardua comprensione, abbia dovuto convenire che solo Bufalino avrebbe potuto spiegare il significato di metafore come «pennone solitario di barca», traduzione sans façon di «asta deserta». Di fronte all’impasse, il Literaturclub finiva in piscem. «E se andassimo a chiederlo a lui?» buttava lì un socio. 
Völzke si ricorda allora di avere un’amica insegnante giù in Sicilia, Giusy Gambino, che è assessore alla cultura di Grammichele. Le espone il problema del Literaturclub e lei, fattasi coraggio, telefona a Bufalino. Il quale, con sua giustificata meraviglia, accetta di spiegare i suoi versi ai soci del cenacolo tedesco, cosicché una sera di febbraio del 1995 Wolfang Völzke può annunciare un viaggio in Sicilia a luglio per incontrare quello che il Literaturclub considera il più grande maestro della metafora. I tedeschi più ricchi della Germania diventano così anche i più fortunati. E invece di mettersi in preparativi per perpetuare il mito goethiano del viaggio in Italia tra chiese e musei, cooperano a inaugurare la moda del pellegrinaggio in casa di uno scrittore.
All’annuncio di Völzke il Literaturclub entra in frenetico. Quando l’appuntamento con Bufalino è preso, la partenza viene attesa contando i giorni e leggendo tutto il Bufalino possibile, a motivo della preoccupazione di non sfigurare di fronte al grande scrittore siciliano. Völzke pensa a un regalo che debba essere significativo e alla fine sceglie un peltro che riproduce l’opera di un pittore tedesco, Hans Richter, nella quale è rappresentato un suonatore di serenate del tipo di quello di Museo d’ombre.
La notte che precede l’incontro Völzke non chiude occhio, ossessionato dallo scrupolo tutto tedesco di prevedere ogni particolare dell’incontro. Ma all’alba si convince che, se Bufalino è quello che traspare dai suoi libri, non è tipo da rispettare copioni.
Quando il pullman arriva a Comiso, il Literaturclub di Sindelfinger è emozionato come una III A che stia per conoscere Michael Jackson. Giusy Gambino li porta nella biblioteca comunale e sbaglia destinazione. L’appuntamento è infatti al Centro servizi culturali. Alle 15 (e 30 gradi) il Literaturclub, guidato da Wolfgang Völzke, entra in punta di piedi nella biblioteca come fosse il duomo e si trova al cospetto, percorsi tremila chilometri, dell’autore vivente a loro più caro.
Völzke è davanti al suo dieu fétiche. Il quale accoglie il Literaturclub sorridente e gentilissimo, sfatando il mito del gattopardo di provincia umbratile e corrusco e provando che i grandi uomini si vedono con i piccoli. Giusy Gambino, eccitatissima, ringrazia intanto la fortuna di averla fatta emigrare da bambina in Germania e di potere ora fare da traduttrice.
«Lei è superiore a Verga» dice un estasiato Völzke a un distesissimo Bufalino. 
«L’unica superiorità che ho su Verga è che sono vivo» risponde convinto e condiscendente Bufalino. 
Ma Völzke insiste: «No, no; lei è davvero superiore». 
«Come poeta forse sì - concede Bufalino divertito - visto che Verga non ha mai scritto versi». 
Con due bons mots il Literaturclub si trova così a suo totale agio e Völzke può lasciarsi andare: «Sa, lei ha messo la guerra tra me e mia moglie: io amo Le menzogne della notte, mentre mia moglie preferisce Diceria dell’untore» E Bufalino di rimando, con un humour siciliano molto ammirato dalla compunzione tedesca: «Metto subito pace in famiglia: il mio libro migliore è Argo il cieco».
Ora il Literaturclub può soddisfare il motivo del suo viaggio e chiedere chiarimenti su alcuni versi. «Asta deserta», cosa mai significa? Bufalino chiede di vedere con i suoi occhi la traduzione tedesca e poi spiega che l’asta deserta è quella alla quale non si presenta alcun acquirente per comprare la sua anima. No, la vela della barca non c’entra proprio niente. Völzke emette un «Oh!» che dice tutto sugli effetti delle traduzioni e mette un’espressione indicibile di stupore e disappunto. Si aspetta di tutto. E infatti scopre per esempio che «land» non sta per campagna ma per paese. «Ma questa traduzione è stata autorizzata?» sbotta risentito contro le traduzioni alemanne. Bufalino controlla, conferma e conviene che è molto difficile tradurre le metafore.
Il Literaturclub si rende conto che ha bisogno di una lezione immediata. E Bufalino si presta a spiegare paziente che sono state le sue letture giovanili a instillargli la fedeltà alla rima chiusa che poco concede al verso libero e che molto è legata al sonetto, suo metro preferito: «Come nasce la mia poesia? Diceva Valéry che il primo verso lo detta il cuore e gli altri la ragione. Per tutti i miei libri è così. Ho da qualche tempo in testa una frase, che è questa: “A quel tempo mi piaceva il rumore della pioggia”. Mi piace come incipit e vorrei continuare, ma devo trovare le forze». Le troverà presto scrivendo Tommaso e il fotografo cieco, che comincerà proprio così.
Völzke, come ogni buon ammiratore, esprime desiderio che Bufalino reciti qualche sua poesia. È il massimo, Bufalino acconsente e legge due liriche scelte chissà con quanta attenzione e da quanto tempo dal Literaturclub: "Su un calendario nuovo" e "Risarcimento". Poi le spiega. Il Literaturclub, crema di letterati e artisti, trasuda ebbrezza come un college. Ma ha ancora due desideri da esaudire. Il primo lo richiede Völzke e riguarda la lettura da parte di Bufalino della poesia a lui più cara, che non può che essere "Eine oleine nachtmusik"; il secondo parte spontaneo: come fans scalmanati, gli impassibili e ineffabili soci del Literaturclub di Sindelfinger si mollano su Bufalino chiedendo dediche, autografi e foto ricordo. E naturalmente qualcuno gli lascia proprie poesie da leggere.

da Maschere siciliane (Aragno)