domenica 9 novembre 2014

Lo sbarco in Sicilia. Del ciclone


Non sempre prevenire è meglio che curare. I ripetuti allarmi meteo hanno determinato un fermo di tutti gli esercizi commerciali e di molte attività produttive. Consumatori, lavoratori e studenti hanno preferito rimanere a casa, consigliati anche a farlo.
Ne hanno risentito anche cinema, ristoranti, stazioni di servizio, tabaccai. Persino le chiese: tanto che a Siracusa al Pantheon è stato affisso l'avviso che non sarebbero state celebrate messe "causa maltempo". In realtà il parroco avrebbe voluto scrivere "causa arrivo ciclone", dal momento che il maltempo non era stato che pioggia continua e rischiarite, ma gli sarà sembrato come evocare orde di miscredenti e fiamme dell'inferno o magari avrà creduto di apparire ridicolo: senza pensare che, così come è sempre stato nella storia di fronte a una calamità naturale, avrebbe semmai dovuto aprire ancor di più le porte della sua chiesa per accogliere i fedeli in accorata preghiera impetranti il bel tempo e scongiurare il ciclone.
L'attesa del ciclone si è caricata di tale ansia generando una sindrome collettiva che ha scontato il fatto di non sapere cosa esattamente fosse quello che nelle televisioni americane si vede passare sulle città con esiti distruttivi e che a molti ha risvegliato il ricordo di altri americani in armi attesi in Sicilia dalla stessa provenienza un giorno di altre angosce e altre empuse. 
La paura atavica dell'ignoto ha riempito i soccorsi degli ospedali di pazienti in preda a una forte agitazione, mentre i vigili del fuoco sono stati richiesti di spiegare meglio cosa sarebbe successo nella notte, i telefoni si sono intasati di raccomandazioni e rassicurazioni, i posti di lavoro sono stati lasciati prima della chiusura e i negozi hanno abbassato le saracinesche come per l'arrivo di un corteo di Black bloc.
Quando alle venti il Tg1 ha aperto con la notizia dell'imminente arrivo di un ciclone tropicale sulla Sicilia orientale proveniente da Malta si sono create tutte le condizioni perché i siciliani si atterrissero. Il ciclone era dato per certo, con tanto di grafico e riprese satellitare, e per inevitabile sarebbe stato l'impatto in nottata sulle coste siciliane. Previsioni così precise non hanno lasciato spazio alcuno a una eventualità: che il ciclone, andando incontro alla terraferma, si sarebbe notevolmente indebolito e che perciò avrebbe potuto deviare, spiraleggiando, verso est. Cosa che poi è scientificamente successa.
Ma dopo l'ultimo disastro di Genova, la paura degli organi di controllo del clima di finire sotto accusa non tanto per avere sbagliato le previsioni quanto per non averle date ha indotto i meteorologi a strafare, a segnare un allarme rosso dove sarebbe bastato arancione e a segnalare un pericolo che avrebbe richiesto una semplice soglia di attenzione. Così facendo hanno commesso un reato, quello di procurato allarme, che è frutto dello stato di pressapochismo, inadeguatezza, oggettiva impossibilità di accertamento meticoloso e puntuale, ansia della prestazione, in cui versa la nostra meteorologia: spinta a prendersi sul serio a fronte di un'aspettativa crescente da parte della gente che si è andata sempre più americanizzando nel senso che alle previsioni del tempo viene data un'importanza che, vista negli statunitensi, ci è sempre sembrata, a ragione, eccessiva, tanto da ridere delle fissazioni per il tempo di un Woody Allen. 
Invece ci siamo assimilati a loro finendo per regolare la nostra vita sulla base delle indicazioni atmosferiche. Cosa che da antichi saggi abbiamo sempre deprecato nei costumi Made in Usa. Se un tempo ci bastava guardare il cielo per decidere se portarci l'ombrello, oggi preferiamo guardare lo smartphone prima di metterci in macchina e cercare le previsioni localizzate sul posto dove siamo, su quelli che dobbiamo attraversare e sull'ultimo di destinazione. Questo comportamento non fa che guastare la qualità della vita di ciascuno, danneggiare l'economia e tantalizzare la società. 
Non è stato perciò un sospiro di sollievo quello dei siciliani alla notizia del ciclone che si era allontanato come un lupo ma un'imprecazione. Ora tutti a dire "ma figurati, il ciclone! Ma chi ci ha creduto?".