martedì 28 luglio 2015

Il discorso di Euripide ai siracusani




Se è documentata la presenza a Siracusa di Eschilo e Platone, per parlare solo dei grandi della Grecia, quella di Euripide è riferita in un rigo appena del secondo libro della Retorica di Aristotele. Non se ne trova traccia nella Vita di autore anonimo né nella biografia di Satiro, contemporaneo di Aristotele, pervenuta per frammenti papiracei.
Quel che sappiamo del tragediografo è che non si occupò di attività politica e che non viaggiò se non nel 408 quando lasciò Atene per la Tessaglia e poi per la Macedonia dove morì. Eppure Aristotele ci dice che fece un discorso ai Siracusani. In che qualità tenne questo discorso e soprattutto perché andò a Siracusa?
Lo scolio aggiunto al testo spiega che Euripide varca il mare e raggiunge la più potente città dell’Occidente in veste di ambasciatore. Aristotele ci dice soltanto che dà ai Siracusani una “buona risposta”, evidentemente al colmo di un contrasto verbale o di una disputa. Nel secondo caso la presenza di Euripide a Siracusa, se lo scolio è di natura autoschediastica, cioè didascalica ed estemporanea, si spiega in forza della sua fama di tragediografo, documentata da Satiro, ripreso da Plutarco, laddove è narrato che i prigionieri ateniesi vengono rilasciati se sono in grado di recitare versi di Euripide. Il quale è dunque ben noto in Sicilia, ragione che forse giustifica la sua scelta perché svolga un incarico di ambasciatore. Circostanza però alquanto strana perché lo scolio al testo riporta che Euripide arriva a Siracusa per parlare di pace e di giustizia nel momento in cui Atene non fa mistero di volere portare in Sicilia la guerra e distruggere Siracusa.
Aristotele è comunque informato di questa missione ed è il solo a darne notizia. Lo fa nell’ambito di un’argomentazione in tema di vergogna quando scrive - confusamente al suo solito - che “ci vergogniamo dinanzi a coloro che ci sollecitano per la prima volta, poiché non siamo mai stati disistimati di fronte a loro: tali sono anche quelli che da poco vogliono essere nostri amici; essi infatti hanno visto solo le nostre qualità migliori, perciò è buona la risposta di Euripide ai Siracusani”. Euripide probabilmente intende che la vergogna nasce anche in quanti si trovano per la prima volta di fronte a persone sconosciute e vogliono brillare ai loro occhi. Chi ha visto di noi solo il meglio e non ci ha mai disistimato, come succede al popolo siracusano avendo conosciuto Euripide per le sue opere, si aspetta il meglio da noi per cui ci sentiamo emozionati e quindi vergognati di subire un insuccesso. La risposta di Euripide è buona per Aristotele perché tiene fede alla considerazione che i Siracusani hanno di lui. Lo contestano quando li prega di assecondare la pace e la giustizia sicché lui replica: “Dovevate provare vergogna verso di noi se non per altro almeno perché poco fa vi abbiamo pregato e quindi vi abbiamo onorati”. Secondo Euripide, i Siracusani avrebbero dovuto vergognarsi di contestare lui e il suo seguito perché oggetto della sua ammirazione. 
Questo è però quanto riporta lo scolio, che appare in dissonanza con la teoria di Aristotele secondo il quale la vergogna adonta quanti vogliono essere per la prima volta nostri amici e hanno visto le nostre migliori qualità mentre la risposta che dà Euripide è un’accusa a persone che non si rivelano amiche. Ma al di là della natura dello scontro verbale, quel che interessa è la presenza di Euripide a Siracusa. Apprendiamo che non è solo ma guida una missione, segno che la sua visita ha il carattere dell’ambasceria. La quale può essere avvenuta solo prima del 415 quando scoppia la guerra con Atene e quando qualche iniziativa pacifica può essere stata tentata da gruppi ateniesi contrari al conflitto: cosa che fa pensare a un viaggio non ufficiale ma spontaneo e personale di Euripide in nome di una fama alla quale affida le speranze di pace. Ma perché mai Euripide avrebbe dovuto prendere una tale iniziativa, contraria alla crescente volontà bellica di Atene, se mai si è occupato di politica e se ad Atene peraltro non gode di grande considerazione nemmeno sotto il profilo della sua attività poetica? Dare risposta a interrogativi di questa portata comporta la caduta nella congettura. Di certo c’è però che proprio nel 415 Euripide porta sulla scena Le Troiane dove il sentimento antimilitarista, già rappresentato in Elena e ne Le Supplici, torna dirompente proprio alla vigilia di una nuova nefasta impresa bellica. E di certo, per un gioco del destino, c’è anche che in Macedonia Euripide fu sepolto nella valle di Aretusa: in qualche modo un legame sicuro con Siracusa è innegabile.