giovedì 14 luglio 2016

Indipendentisti siciliani, una guerra tra poveri


La provincia di Ragusa è quella con la vocazione indipendentista più spiccata. Conta il maggior numero di militanti ed è, insieme con la sezione Archimede di Bagheria del Mis e il Movimento Sicilia libera di Messina, la più attiva.
Massimo Costa, presidente di Siciliani liberi, l’ultima associazione nata, ne tesse le lodi: “A Ragusa hanno vissuto il 15 maggio, 70° anniversario dello Statuto, andando in pullman a Niscemi a protestare contro il Muos e dando così un segnale forte della nostra presenza, mentre a Palermo noi tenevamo un gazebo avvicinando la gente sulla questione siciliana”. Segretaria distrettuale è la comisana Gina Schembari, 58 anni, che coordina i cinque circoli già operativi ai quali si aggiungerà presto il sesto di Santa Croce Camerina. I circoli sono quelli di Modica (segretaria Laura Di Giacomo), Comiso (segretaria Cinzia Pepe), Pozzallo (retto dall’ex forcone Giovanni Arato, impegnato soprattutto sul fronte dei diritti personali contro provvedimenti di sfratto e fiscali), Ragusa (condotto dalla stessa Schembari) e Ispica, dove è attesa la nomina del segretario ma è già presente un collettivo. "Non abbiamo ancora una sede - dice la Schembari - perché siamo nati solo il 9 maggio, ma la stiamo cercando. Per il momento ci riuniamo al Piccolo teatro della Badia”.
I circoli iblei fanno parte di Siciliani liberi, il movimento nato lo scorso gennaio su iniziativa di Massimo Costa dopo la scissione avvenuta a novembre in seno a Sicilia nazione, alla cui nascita, nel gennaio 2015, si parlò di concreto risveglio della lotta sicilianista. Sicilia nazione nacque per iniziativa non solo di Gaetano Armao, assessore nella Giunta Lombardo e docente all’università di Palermo, e di Rino Piscitello, ex deputato regionale di Augusta, ma anche di Massimo Costa, anch’egli docente a Palermo.
Gaetano Armao
Alla rottura tra Armao e Costa ha fatto seguito la divisione anche degli iscritti. “Noi della provincia di Ragusa - dice la Schembari - siamo passati tutti con Siciliani liberi. Il perché è dovuto a una scelta fatta sulla base di un rapporto di amicizia che ci legava già a Massimo”. Se questo spiega perché è bastata la presenza di Piscitello nel Siracusano a fare da freno, per stessa ammissione di Costa, a un analogo travaso di iscritti nella nuova formazione, non dice tutto sulle reali ragioni del divorzio. Armao e Costa, colleghi nello stesso ateneo e sostanzialmente legati da ottimi rapporti trascorsi, sono apparsi insieme sulla scena all’inizio del 2015 con un progetto finalmente edificante, sostenuto dall’impegno anche di Piscitello. Contro la storica tendenza dei gruppi indipendentisti siciliani a litigare, Sicilia nazione è sembrato il movimento unito e compatto che si attendeva da decenni. Ma è durato dieci mesi. Alla fine di novembre Costa comunica la decisione di voler lasciare il movimento. Armao oggi non parla di rottura né di divorzio: “È successo come tra due tennisti quando, mentre giocano, uno si prende la palla e se ne va lasciando l’altro con la racchetta in mano”.
Massimo Costa
Ma perché Costa ha voluto rompere? Ragioni di leadership o più profondi motivi di divergenza? Quali che siano stati, Armao è convinto che bisognasse intanto andare avanti: “Se due tifosi decidono di andare in treno a Milano per vedere l’Inter non rinunciano a partire solo perché non sono d’accordo sull’albergo dove alloggiare. Intanto partono e poi si vede. Quel che voglio dire è che una forza politica ha un senso se raccoglie tutte le sensibilità e le diversità, così come è stato in Corsica dove i gruppi hanno superato divergenze e personalismi e vanno avanti”.
Ma per Costa non si è trattato solo di posizioni diverse su una scelta di fondo tra la ricerca di una maggiore autonomia, che significa l’applicazione totale dello Statuto speciale della Regione, e la spinta a perseguire un ideale di indipendenza politica dall’Italia. C’è stato dell’altro. Armao taglia corto: “Dopo settant’anni, non ha più senso parlare di separatismo. Bisogna uscire dall’angolo dove si ritrovano quanti vogliono sostenere istanze puntando a soluzioni estreme”. Il riferimento è proprio a Costa, che è un separatista convinto e che ritiene l’autonomia solo una fase di transito, ancorché duri da settant’anni e sia punteggiata di grandi ostacoli.
“La nostra coscienza indipendentista - dice - è molto responsabile. Non siamo degli invasati che vogliono fare la guerra. Ma certamente è un fatto che in dieci mesi Armao non ha mai pronunciato la parola ‘indipendentismo’. Eppure il motto di partenza di Sicilia nazione era ispirato proprio all’idea di una Sicilia indipendente. La verità è che Armao ha sempre perseguito programmi autonomisti e, quel che è peggio, frequentato partiti convenzionali e ambienti di Centrodestra. L’elemento scatenante è stato però la sua partecipazione a novembre a una convention con Berlusconi venuto per discutere con i leader del Centrodestra i futuri candidati, fra cui figurava anche Armao, considerato organico. C’è di più. Due mesi prima, a settembre, Armao andò alla manifestazione di Musumeci ‘Diventerà bellissima’ proprio il giorno in cui ufficilizzavamo la costituzione del circolo di Catania di Sicilia nazione. Arrivò quando tutti ce ne stavamo andando. Questo episodio convinse il 90 per cento degli iscritti a chiamarsi fuori e a invitarmi a fare altrettanto. Due mesi dopo è nato il nostro movimento Siciliani liberi che conta sui fuoriusciti di Sicilia nazione”.
Quello che è dunque successo nel Ragusano sarebbe avvenuto in tutta la Sicilia, motivo per cui Costa dice che “oggi l’indipendentismo si identifica solo con Siciliani liberi, perché Sicilia nazione non esiste più essendo diventata la segreteria politica di Armao e non avendo più di dieci militanti”. Ma Armao risponde con un argomento convincente: “Ha più sèguito? Beh, chiunque ne abbia voglia si vada a vedere i ‘mi piace’ nelle pagine facebook di Sicilia nazione e di Siciliani liberi. I numeri sono numeri”.
In realtà non c’è raffronto: Armao vanta quasi diecimila like mentre Costa non arriva nemmeno a mille, ma l’ex assessore ha dieci mesi in più di presenza sulla rete. Nondimeno Costa dà per certo che la sua associazione sta crescendo giorno dopo giorno e apre sempre più circoli in vista di una possibile partecipazione alle prossime elezioni regionali. Della miriade di sigle che popolano il mondo indipendentista dice che sono tutte finte, riferite a una sola persona, il fondatore: “Ne abbiamo avuto la prova il 30 marzo alla manifestazione di Palermo contro Crocetta promossa dai Centri sociali. Sono venuti tutti i movimenti sicilianisti e si è visto che il corteo era composto per metà dagli studenti e per l’altra metà da Siciliani liberi e da dieci persone in tutto, ognuna a nome di una sigla. Vuole che faccia nomi? Mario Di Mauro è venuto da solo, Rosa Cassata è venuta da sola, Tindara Mendolia con il solo marito”.
Mario Di Mauro (in piedi)
Di Mauro, di Ramacca, è il leader di Terra e liberazione, che è anche un periodico. Noto per la sua invettiva e la passione che mette nella lotta per i diritti della Sicilia, a febbraio ha denunciato di aver ricevuto di notte una telefonata di minacce da una voce che parlava inglese e che ha ritenuto di attribuire a un possibile apparato militare d’Oltreoceano invelenito per le sue iniziative contro il Muos di Niscemi. Rosa Cassata è a capo del movimento Sicilia libera di Messina composto perlopiù da indipendentisti che come lei militano dentro Cinquestelle. Il gruppo, noto anche come “La Sicilia ai siciliani”, è tra i più vivaci e presenti sulla scena siciliana. Tindara Mendolia di Grammichele anima il Muvimentu libbirazzioni (sic!) naziunali sikulo e chiede, su basi separatiste, l’osservanza del diritto internazionale sull’autodeterminazione dei popoli. Le sigle sono molte di più, fatte di slogan e di discorsi saputi, autoreferenziali, litigiose e inconcludenti, cui basta avere una pagina facebook per legittimarsi come forza in campo. 
Salvo Musumeci
Si distinguono però due schieramenti pressoché storici: il Movimento per l’indipendenza siciliana e il Fronte nazionale siciliano. Il primo è presieduto da Salvo Musumeci, un insegnante di Santa Venerina che ha stabilito la sede ufficiale nel suo paese lasciando a Palermo quella storica. Il movimento è stato rifondato nel 2004, dopo essere stato sciolto nel 1951, ma ripropone l’anno di nascita del 1943. Dice Musumeci che conta ottomila iscritti e che con le altre formazioni mantiene “un rapporto di buon vicinato, ma senza pensare ad alleanze perché i tempi non sono ancora maturi e si rischia di fare solo operazioni elettoralistiche”.
Francesco Perspicace
Un’alleanza è quella raggiunta tra il Fns e Sicilia nazione. Anche il Fronte nazionale siciliano ha lasciato Palermo dopo che segretario è diventato Francesco Perspicace di Caltagirone. “Più che un’alleanza abbiamo stretto un patto federativo - dice  - perché noi non facciamo alleanze con nessuno dei partiti tradizionali che sono quelli responsabili del disastro della Sicilia”. Massimo Costa vede questa unione come “una somma di due debolezze, mentre nei progetti originari di Sicilia nazione primeggiava l’intento del soggetto più forte ad assimilare quello meno forte”. In realtà il Fns è ridotto a poche unità. Alle comunali del 5 giugno il candidato sindaco Giacomo Cosentino ha avuto lo 0,93% di voti e la lista lo 0,87. “Ci siamo fatti avanti - dice Perspicace - e abbiamo voluto dare un segnale della nostra presenza. Purtroppo le elezioni continuano a essere clientelari, ma non sarà sempre così”.
Giuseppe Scianò
Chi lo sa. Il fatto più rilevante è la contestazione che al patto con Sicilia nazione è arrivata dall’artefice storico del Fns, il palermitano Giuseppe Scianò, che ha lasciato la presidenza per dedicarsi al solo Centro studi Finocchiaro Aprile: “La lotta indipendentista non è facile, richiede strategie che impediscano per esempio che siano fatte valere finalità elettoralistiche. La lite tra Costa e Armao è quella tra due galli in un pollaio. Nessuno dei due sposa realmente la questione siciliana, nessuno dei due pone la pregiudiziale antimafia. Si conoscono da molti anni e certamente non hanno litigato perché uno vuole l’autonomia e l’altro l’indipendenza. Quello che vogliono veramente è la leadership della lotta indipendentista, guidando le tante sigle che si moltiplicano sempre più. Nessuno ha peraltro capito che la proliferazione di sigle si spiega alla luce di un sospetto che è mio personale: temo che ci siano gruppi politici i quali, in una strategia antisiciliana, creano apposite sigle di disturbo che si mimetizzano per boicottare la questione siciliana distraendo e confondendo l’opinione pubblica”.