mercoledì 6 settembre 2023

Lo scoop del diavolo e il mestiere più antico del mondo

Nel film Un giorno di pioggia a New York di Woody Allen, Gatsby dice a Ashlight di aver parlato con la madre del mestiere più antico del mondo e lei dice: «Il giornalismo allora» per poi correggersi: «No, quello è il secondo». Invece non è il secondo rispetto alla prostituzione, bensì il primo.
La prima informazione nella storia dell’Occidente compare nella Bibbia, dove a richiederla è il serpente ad Eva: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?”». E la donna risponde: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Dà dunque al serpente un’informazione alquanto circostanziata.
Curioso destino dell’umanità quello per cui il primo giornalista a fare un’intervista e dunque a raccogliere notizie sia Satana nelle sembianze di un serpente parlante. Ma quella sua domanda ne pone un’altra: chi ha detto al serpente, anche solo come indiscrezione, che Dio ha imposto un divieto ad Adamo ed Eva, i soli oltre al Signore a poter essere informati? Ci si può sbizzarrire, immaginando intercettazioni ambientali, pedinamenti e appostamenti per origliare, rivelazione avuta da Adamo fors’anche estorta con la violenza, ma trattandosi di Satana la risposta è nelle sue capacità diaboliche pari a quelle divine.
Lo scoop del diavolo segnerà il destino dell’uomo e l’inizio di un’arte o mestiere che avrà una lunghissima storia, fatta anche di inganni e fake news, macchine del fango e dossieraggi. Una storia che comincia ancor prima di un’altra, parallela e della stessa natura, che è quella del racconto. Moltissimo tempo dopo Adamo ed Eva, gli uomini primitivi osservano infatti il creato e davanti ai fenomeni che non comprendono, dalle eclissi ai terremoti, esprimeno meraviglia e terrore, da un lato rendendosi succubi di una volontà soprannaturale e da un altro indotti a riferirsi e raccontarsi, per comunicare esperienze comuni, ciò di cui sono stati testimoni. Anziché giornalisti si fanno dunque narratori: non forniscono notizie di fatti accaduti loro riportandoli oggettivamente nella loro essenzialità, ma offrono di essi una propria interpretazione e una propria ricostruzione secondo la personale reazione emotiva e la loro visione delle cose: ne danno quindi una rappresentazione che solo in parte risponde al vero perché risente dell’opinione individuale.
Se allora il mestiere più antico del mondo è il giornalismo, il secondo è la letteratura. L’uomo racconta il mondo che osserva dando notizie e narrazioni, secondo il pubblico che ha di fronte e la credibilità acquisita come divulgatore. Il terzo mestiere in ordine di apparizione o forse concomitante con il secondo è l’arte figurativa, perché gli uomini, non possedendo ancora il dono della scrittura, si servono dei facili mezzi naturali per dipingere forme di animali, paesaggi e figure umane nelle caverne dove abitano, anticipando quelli che saranno i quadri. E quel che fanno è di illustrare le loro narrazioni orali, rendendole visive e facendo in qualche modo televisione. 
Il mito nasce dopo e di conseguenza, come frutto sintetico di giornalismo, narrativa e arte ante litteram in combinazione con la fede nel divino: quando l’uomo racconta i fatti di cui è a conoscenza ed è spinto a dare completezza ad essi, perché non ci siano domande che restino inevase, prova a inserirli armonicamente in una cosmogonia teologica e crea una prima storia dell’uomo che comprenda anche gli dei, una specie di teoria del tutto indispensabile per avere un codice della vita nonché una dottrina della salvezza dopo la morte, giacché – come ha intuito Edgar Morin in L’uomo e la morte – i primordi dell’umanità sono caratterizzati da un forte spirito di trascendenza che postula il seppellimento dei cadaveri come sentimento e come culto.
L’uomo nasce dunque giornalista, diventa narratore (Ortega y Gasset: l’uomo è un narratore), quindi pittore e poi storico (ancora Ortega: l’uomo è la sua storia, non la sua natura). Come sia stato possibile allora che la prostituzione sia assurta per antonomasia a “mestiere più antico del mondo” è questione da risolvere nel campo dello storytelling. Dentro il quale si è fatta strada la divertente trovata di un giornalista britannico, Roy Lewis, che nel suo libro più famoso, Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, immagina che l’uomo primitivo scopre la carne arrostita per via di un’antilope finita distrattamente sul fuoco di casa e perciò in gran parte bruciata: il marito, amando la crosta, dice alla moglie di lasciargli la parte esterna che mangia e trova gustosissima facendola assaggiare con successo a tutta la famiglia. Quello che poi esercita è giornalismo scientifico alla Piero Angela perché informa la comunità della sua rivoluzionaria scoperta.
Ed è davvero probabile che il giornalismo scientifico sia stato la prima forma di comunicazione e di conoscenza condivisa che sia stata praticata. Dopo viene la cronaca nera, legata a omicidi, cannibalizzazioni, furti, rapine, stupri, assalti cruenti di belve e morti misteriose. Quindi la cronaca bianca fatta di resoconti su raduni, decisioni politiche di convivenza tribale, incontri con rappresentanze forestiere. La cronaca rosa e il gossip devono essere arrivati per ultimi, alle prime e più numerose organizzazioni demografiche e alla nascita dei nomi più famosi sulla cui vita pubblica e privata cominciare a spettegolare. E chissà che la prostituzione non sia nata per questa via, quando una amante mantenuta ha trovato conveniente, una volta aver tradito la prima volta, farsi pagare per incontri occasionali con altri. Ma a questo punto il giornalismo non c’entra più niente, non servendo né dare notizie né fare “servizi” sulle prestazioni di ciascuna.
L’informazione origina comunque da una donna che è Eva, artefice di una notizia data al serpente. Notizia vera, che porta però a sviluppi catastrofici per l’umanità. Oggi si porrebbe la questione se dare notizie che suscitino allarme sociale e siano causa di esiti dannosi per la collettività, ma Eva (che dirà al Signore di essere stata ingannata) non conosceva la segretezza di Stato o la censura preventiva, né altra forma di ragione che oggi impedisce l’esercizio pieno della libertà di stampa. Fece la giornalista a tutto tondo, anche contro i suoi stessi interessi e la sua vita. Come inizio non fu per niente male.