lunedì 4 settembre 2023

Il sogno americano alla Winslow

 

Articolo uscito su Libero il 13 agosto 2023

La “trilogia delle città” di Don Winslow (dopo Città in fiamme dell’anno scorso, ora Città di sogni, pp. 400, euro 20,90, e aspettando sempre per HarperCollins Città in rovina) chiude, secondo le intenzioni annunciate dall’autore newyorkese, una carriera di thriller crime writer vissuta sulla cresta dell’onda.
E la chiude questionando sulle etnie straniere, irlandese e italiana, portatrici del vulnus cronico che ha infettato la società Usa, per modo che le mette una contro l’altra lasciando che la patria faccia da teatro e da giudice. “Il popolo americano – scrive l’autore – vuole tutta l’omelette ma non vuol saperne di rompere le uova”.
La guerra tra i Murphy e i Moretti, scoppiata per una donna contesa tra rampolli delle due famiglie un tempo amiche e alleate, si è tradotta nel secondo episodio in un inseguimento, da parte di mafia ed Fbi, dell’erede dei Murphy, Danny Ryan, che da Providence ripara a San Diego e a Las Vegas. Quando sembra che il conflitto possa estendersi alle istituzioni americane che dunque si contaminerebbero nel marcio di importazione, dopo che la siciliana Regge Moneta, vicedirettrice nazionale dell’Fbi, e l’irlandese Bill Callahan, agente speciale del New England, entrambi di Boston, si scontrano sulla caccia da dare a Ryan, l’autore sceglie di mandare in pensione il secondo e conferisce a Ryan il titolo di protagonista e beniamino: che uccide solo per necessità, butta nell’oceano dieci chili di cocaina, ha testa solo per il figlio piccolo rimasto orfano della madre, si innamora di una star del cinema e sogna una vita nella legalità dopo aver però assalito la centrale dei narcos portando via quaranta milioni di dollari.
Il viaggio verso ovest di Ryan, con il bambino, il padre la sua banda, è quello che Winslow chiama “il fottuto sogno americano”. Che però si precisa ancor meglio nella trovata del film che Hollywood vuole realizzare sulla guerra di Providence degli anni Ottanta, reclutando uomini della banda e poi lo stesso Ryan come consulenti e addirittura coproduttori. 
Una trovata di autocompiacimento autorale che muta il thriller in una commedia romantica, giacché Danny si innamora della diva del film, interprete proprio della “Elena” di Providence, e conquista il cuore anche dei lettori. Il romanzo hard boiled perde a questo punto credibilità e diventa fumettistico, infilando ripetute improbabilità: Frankie Vecchio, compare dei Moretti, cerca Nuto Valdez, il nuovo capo dei narcos che lo vuole morto, solo per dirgli dove trovare Ryan che ha i suoi quaranta milioni e ovviamente finisce ammazzato. Questa però non è la sorte anche del probo Danny al quale Valdez ha giurato “muerte non rapida”: il narcotrafficante messicano infatti lo cattura ma, in un colpo di scena degno della migliore “americanata”, gli salva la vita per ricambiare il trattamento ricevuto a suo tempo, senza dirgli però perché mai lo ha cercato nell’intenzione di ucciderlo e riavere i suoi soldi. Che gli lascia pure. Forzata anche l’idea di portare Danny in una comunità hippy, dopo che dà un passaggio a una ragazza solitaria in pieno deserto Anza Borrego dove i narcos lo raggiungono.
Quanto agli italiani, Winslow tiene presenti, entro un cliché irridente, i Soprano, sicché manda il capoclan Peter Moretti non dallo psicologo ma tra gli alcolisti anonimi; non esita a fare dire sì alla moglie perché l’amante lo uccida e prenda il suo posto nel letto e nella cosca; né si fa velo di trasformare Peter Junior in un Oreste che uccide sia la madre che il suo nuovo marito. Naturalmente, trattandosi di mafia, partecipano alla messinscena le “famiglie” sia dell’East che della West Coast, oltre che di Chicago e del Midwest, perché le decisioni in Cosa nostra sono sempre apicali mentre gli irlandesi non si organizzano che per bande sciolte.
Winslow ha insomma ripescato stereotipi accogliendo anche incongrue tirate oniriche, sogni come incubi di cattivo presagio, cadendo così nel feuilleton o nel noir. Né lo stile, pur sempre personalissimo, fatto di efficaci monologhi interiori e di scambi vorticosi di tempi tra presente storico, imperfetto e passato remoto come anche prossimo, ha lo smalto di un tempo se il cattolico Danny pensa così di Dio: “Credevo che Gesù fosse morto per redimere i miei peccati: è così che dicevano le suore. Ma forse i miei peccati eccedono la disponibilità sulla carta di credito di Cristo”. Non proprio da Winslow.