Prima ancora delle sagre e dei festival, sono i premi letterari a cadere in Sicilia sotto i colpi della crisi economica. O a ridimensionarsi. Dopo diciassette anni filati, il Vittorini (il solo a poter vantare la location più prestigiosa: il teatro greco di Siracusa) è stato rinviato a settembre, ma con ogni probabilità sarà definitivamente bocciato.
L’ente promotore, la Provincia, non dispone dei fondi necessari e non ne fa alcun mistero. I vincitori, già proclamati, rischiano perciò di rimanere solo virtuali. Le linguacce additano la “maledizione di Consolo”. Scomparso lui, che ne è stato il presidente e il vero patron, il premio è morto, nonostante le grandi velleità di partenza. In realtà non poteva durare. Troppo costoso e del tutto improponibile in tempi come questi. Sul suo destino pesa anche un peccato originale, essendosi infatti fatto prendere dall’”aria del continente” e tradendo così un provincialismo che è di tutti i premi siciliani: la pretesa di essere nazionali, ciò che comporta giurati e premiati d’Oltrestretto, già affermati e capaci dunque (insieme con il presentatore, anch’egli obbligatoriamente di grido) di richiamare pubblico e fare promozione.
L’ente promotore, la Provincia, non dispone dei fondi necessari e non ne fa alcun mistero. I vincitori, già proclamati, rischiano perciò di rimanere solo virtuali. Le linguacce additano la “maledizione di Consolo”. Scomparso lui, che ne è stato il presidente e il vero patron, il premio è morto, nonostante le grandi velleità di partenza. In realtà non poteva durare. Troppo costoso e del tutto improponibile in tempi come questi. Sul suo destino pesa anche un peccato originale, essendosi infatti fatto prendere dall’”aria del continente” e tradendo così un provincialismo che è di tutti i premi siciliani: la pretesa di essere nazionali, ciò che comporta giurati e premiati d’Oltrestretto, già affermati e capaci dunque (insieme con il presentatore, anch’egli obbligatoriamente di grido) di richiamare pubblico e fare promozione.
Di questa tentazione si fa però vanto Giovanni Puglisi, l’artefice del Mondello, il principale premio siciliano, il solo a non temere la crisi: «Giunto quasi alla 40esima edizione il Mondello rappresenta una pietra miliare del percorso culturale del nostro Paese. La sua origine è siciliana ma la sua vocazione scavalca i confini dell'Isola e quelli nazionali. Ricordo che il Mondello è stato il primo fra tutti i riconoscimenti letterari italiani a istituire una sezione destinata agli autori stranieri. La qualità dei premiati è fuori discussione: sono ben dieci i vincitori che successivamente hanno ricevuto il Nobel per la letteratura». Una vocazione, quella di cui parla Puglisi, che ha portato il Mondello a concludere un accordo di partenariato con il Salone del libro di Torino e addirittura con un quotidiano milanese, Il Sole 24Ore.
E “l’origine siciliana”? E’ nella giuria degli studenti (quest’anno non solo palermitani ma anche, per qualche ragione, di Enna e Noto) chiamati a novembre a votare il Supermondello e il Mondello Giovani. Per il resto sul premio che ha la dotazione più ricca (6000 euro all’Autore straniero vincitore e 3500 ai tre vincitori dell’Opera italiana) sventola la bandiera italiana. Il premio si è accresciuto e gode di ottima salute al punto che è stato inventato un curioso riconoscimento, quello alla migliore motivazione, ma Puglisi vede un altro panorama: «Premesso che la titolarità del Premio è del Comune di Palermo e che la Fondazione Sicilia se ne è presa carico con l'unico obiettivo di mantenerlo in vita, mi preme sottolineare che negli ultimi anni le sezioni sono diminuite così come sono diminuiti di circa il 50% i fondi a esso destinati». Eppure la Fondazione Sicilia, che nelle mani di Puglisi è diventata un’industria che macina cultura, è la stessa che ogni due anni bandisce il rinato Premio Pirandello per il teatro, che significa la bellezza di 12 mila euro al vincitore e di 7500 e 3500 euro ai primi due classificati nella sezione dei saggi. Anche in questo caso l’albo d’oro esibisce nomi di statura nazionale.
Un errore allora snobbare la spumeggiante produzione letteraria siciliana? Meglio un Niccolò Ammaniti salito sul palco del Vittorini in ciabatte e jeans sdruciti che un bravo Lucien de Rubempré nostrano ancora privo di allori ma in giacca e cravatta? Pare proprio di sì: al punto che il Tomasi, istituito a Santa Margherita Belice, è andato su dieci edizioni a sei autori addirittura stranieri.
Gaetano Savatteri, presidente onorario del Racalmare di Grotte, ricorda quanto raccomandò Sciascia alla prima edizione del 1982: «Ci disse così: “Non chiamate mai giurati che vengono dalle università o dai giornali. Tenete il premio tra voi e solo così sará premiato il libro apprezzato dai lettori”. Proprio per questo la giuria di selezione è composta da gente di Grotte e quella popolare che vota il vincitore è formata, su base volontaria, da lettori di Grotte e di Racalmuto. Certo, il premio ha avuto vincitori illustri e famosi, molti non siciliani. Nelle ultime edizioni, accanto agli scrittori “continentali”, tra i finalisti ci sono stati Simonetta Agnello Horbny, Leda Melluso, Roberto Andò, Paolo Di Stefano, tutti siciliani. Semmai il problema è quello di riuscire a far partecipare autori di piccole case editrici locali che spesso vengono penalizzati dai sistemi di bando o di confezionamento stesso dei premi letterari».
In linea generale succede che gli organizzatori dei premi operano per renderli sempre più nazionali, e quindi guardano a giurati, editori e autori di prima grandezza, epperò chiedono fondi agli enti pubblici locali il cui interesse è al contrario di premiare il territorio. Di qui l’impulso di Comuni e Province a rivolgersi alle scuole, un ripiego che nel caso del Città di Leonforte, un palmares con 35 edizioni, è diventato la regola: quest’anno infatti non è stato emesso nemmeno il bando e il Comune sta pensando a qualche iniziativa per dicembre riservata agli studenti collegata al premio. Dice il caposettore della cultura al Comune, Paolo Dottore: «Un tempo venivano stanziati fino a 30 mila euro, ma l’anno scorso siamo riusciti a mettere su la manifestazione con soli ottomila euro, tre dei quali andati al vincitore. Per il 2014 speriamo in una fondazione o in uno sponsor privato, altrimenti il premio può dirsi morto».
Il destino è lo stesso del premio Cattafi di Barcellona Pozzo di Gotto, sospeso nel 2008. Il Comune ha lasciato morire un premio che nella poesia aveva guadagnato un blasone davvero nazionale. Dice il patron Nino Sottile Zumbo: «C’è in animo di riprenderlo con cadenza biennale com’è stato negli ultimi anni», ma manca la reale volontà politica. La vedova Cattafi, Ada De Alessandri, ha ormai perso le speranze ed ammette: «Mia figlia ed io, dopo aver inutilmente chiesto che il premio venisse istituzionalizzato per sottrarlo alla precarietà, non ce ne siamo più interessate». Sebbene il Comune abbia ricevuto copiosi finanziamenti per lavori pubblici, anche la De Alessandri imputa a motivi economici l’annullamento di un premio che assicurava al vincitore un assegno di 4 mila euro. E’ in sostanza invalso il principio per cui “primum vivere deinde philosophari”.
Ma in tempi di ristrettezze anche “philisophari” deve produrre una utilità, quantomeno politica. Proprio nell’ambito del Cattafi, nel 2006 si ebbe non a caso un’aspra polemica sull’opportunità o meno di dare al premio un carattere locale premiando poeti del Messinese. Due anni dopo arrivò la chiusura.
I premi letterari devono dunque rendere un profitto. A questa logica è ispirato sin dall’inizio il Moak di Modica che premia racconti che abbiano per tema il caffè. Concepito a fini pubblicitari, il Moak è cresciuto negli anni, valendosi di giurati quanto più possibile “nazionali” e pesando pressoché interamente sulla famiglia Spadola. Per l’edizione 2013 la Moak ha stanziato, secondo fonti aziendali, ottantamila euro e garantisce, per le due sezioni dei corti e dei racconti, assegni a partire da 2500 euro, ma chiede 17 euro a ciascuno dei concorrenti, che quest’anno sono stati più di 350. Dieci euro di iscrizione sono richiesti anche dal Premio Maria Messina di Mistretta che invece di assegni conferisce targhe e che vive nelle ristrettezze. Cinque sono invece gli euro da versare per partecipare al Di Giovanni di Raffadali, promosso dall’Accademia teatrale di Sicilia e sostenuto dal Comune. «Ma quest’anno - dice il sindaco Giacomo Di Benedetto - non è giunta finora alcuna richiesta dall’organizzazione». Non è un buon segno.
Senza l’intervento pubblico o lo sponsor privato non è in realtà possibile allestire alcun premio. Ne sa qualcosa il Racalmare, che quest’anno ha rischiato di saltare se non fosse stato per la riconferma da parte della Cmc (l’impresa di Ravenna impegnata nei lavori di adeguamento della statale Agrigento-Caltanissetta) dell’apporto di 5 mila euro. L’assessore alla cultura di Grotte, Angelo Collura, che pure non nasconde le difficoltà del Comune a reperire somme, ritiene invece che a rivitalizzare il premio sia stata la formula dei lettori selezionati come giuria popolare.
Lo scopo di favorire la lettura è anche alla base del Martoglio di Belpasso, la cui dotazione è di 1500 euro (dimezzata rispetto al passato), impiegati nell’acquisto di copie del libro vincitore. L’impegno economico è a carico del Comune con qualche contributo da parte di Provincia e Regione. Sponsor privati, cioè una banca, sono invece i mecenati del Ninfa Galatea di Acitrezza, un premio tutto al femminile nel quale crede molto la sua ispiratrice, Sarah Zappulla Muscarà: «Lo teniamo al Lido dei ciclopi, confiscato alla mafia, e premiamo la vincitrice con l’acquisto di libri che poi regaliamo». Non simbolico è però il premio Addamo di Catania, giunto alla sesta edizione, che assegna la somma di 2000 euro al primo classificato e che è finanziato dalla Provincia.
Interamente a carico del Comune è il Brancati di Zafferana, che il 22 settembre di quest’anno festeggerà i suoi 43 anni. Un premio con un lungo albo d’oro e dal costo non indifferente. Nelle scorse edizioni ai tre vincitori di narrativa, poesia e saggistica andavano 1500 euro ma quest’anno non sono stati ancora stabiliti né la dotazione né l’impegno economico. Anche il Brancati deve dunque fare i conti con la crisi. Di qui l’idea di Gaetano Savatteri quanto ai premi intitolati a scrittori siciliani: «Costruiamo un calendario di offerta culturale con un sostegno anche solo in termini pubblicitari e promozionali. Lancio una proposta: mettiamoci allo stesso tavolo e facciamo assieme il “premio dei premi”, una sorta di Premio Letterario Sicilia, itinerante, che tocchi i luoghi cari agli autori siciliani e che sia destinato soprattutto a scrittori stranieri. Un grand tour di Sicilia sotto lo sguardo di chi ha raccontato la Sicilia». L’idea è di sottrarre i premi letterari ai campanili e sarebbe in verità geniale se i premi siciliani non fossero nati per stare all’ombra degli stessi campanili.