giovedì 15 agosto 2013

Il ritorno del "terrorista" nei campi di battaglia

Oreste Strano (il primo a sinistra) a Mongiove
Nemo propheta in patria. Nemmeno una pianta. La brassica incana (uno speciale cavolo selvatico che cresce solo nella parte settentrionale della Sicilia e vanta eccezionali proprietà, fra cui quella di ricostruire le mucose e sanare le ulcere, ed è utilizzata dai vecchi contadini per curare le ferite degli animali ma anche per alimentarsi e vivere cento anni) deve la vita a un imputato di terrorismo venuto dal Piemonte, Oreste Strano, che nell’85 fu assegnato per due anni al confino prima di San Piero Patti e poi di Patti.

Dopo 28 anni, lo scorso luglio, richiamato da “astratti furori”, Strano è tornato per una settimana sui Nebrodi a ritrovare gli amici e a rivedere la sua brassica, per la quale nel frattempo è stato tuttavia fatto ben poco: qualche interrogazione parlamentare e l’istituzione a Mongiove di una minuscola riserva naturale con tanto di cartello nel quale però, tra le piante protette, non è indicata proprio la brassica incana. Eppure da questo tipo di rapa sono nati tutti i cavoli del mondo, tant’è che negli anni Settanta americani, cinesi e olandesi vennero sui Nebrodi a prelevare semi da reimpiantare a casa loro. Con scarso successo, per la verità. Anche Strano, andando via dopo il soggiorno obbligato, portò con sé capi e semi di brassica ma nel suo orto non è riuscito mai a farli attecchire. Per vederla è dovuto dunque tornare in Sicilia. A 74 anni suonati e una vitalità, compresa la rabbia, ancora a tutta prova. 
Di fronte ai cartelli di Mongiove, gli amici di allora, Nino Di Stefano, Carmelo Favazzo, Carmelo Rifici, gli hanno reso il dovuto tributo: «Questo è stato possibile grazie alle tue lotte ai tempi del confino». Tempi epici. 
Era il 1985. Appena arrivato a San Piero Patti, Strano dovette vedersela con il sindaco Natoli e con mezzo paese, nel panico per la presenza di una figura mai conosciuta e mai vista, un ideologo del terrorismo venuto sicuramente per sobillare le coscienze. Ne fu perciò chiesto a viva voce l’allontanamento e intanto gli furono negati un alloggio e la diaria di legge, per cui Strano, dall’alto della sua albagia, reagì con una forza pari al suo nome: piantò una tenda in Piazza municipio, cioè davanti a tutti, e intraprese pure un digiuno di protesta. Protestarono pure Dario Fo e Franca Rame. Il braccio di ferro durò poco perché quella tenda lì in mezzo cominciò presto a muovere a compassione i contadini che tornavano la sera dalla campagna, solleciti a lasciare di nascosto viveri davanti alla tenda ma attenti a non avvicinarsi troppo perché non si capiva bene cosa fosse quel soggetto oscuro, essendo la sola varietà umana nota e da temere quella del mafioso, un terrorista non sapendo nessuno cosa fosse veramente. Grande fu perciò la sorpresa generale nel vedere Strano mutarsi da rosso in verde, perché l’unico interesse che mostrò, una volta trovato alloggio gratuito in casa di un’anima pia, fu per un cavolo rupestre che rischiava l’estinzione. 
In realtà, ricordandosi, come aveva scritto il tribunale, di essere in possesso di «spiccate capacità organizzative» (e volendo anzichenò dimostrare ai giudici, ai fini della revoca del confino, la migliore delle condotte possibili e la più degna sensibilità ecologista), Strano mise su un’associazione, chiamata “A campa”, dal nome nebroideo della farfalla che si posa sui cavoli, e raccolse la meglio gioventù attorno all’ideale non già della rivoluzione ma della recinzione. 
«Fu a suo modo anch’essa una dura battaglia» ricorda oggi Strano «perché quando fui trasferito a Patti trovai altre colonie di brassica incana a Mongiove e convocai subito una conferenza stampa mobilitando le istituzioni e tutti quanti. Ma nottetempo una ruspa distrusse l’intera colonia di cavoli nel timore che la zona fosse interdetta a un progetto edilizio già avviato». Ovviamente non furono quattro speculatori di paese a spaventare uno che veniva dai fronti italiani più caldi dell’epoca, per cui la lotta continuò: Strano convinse l’istituto germoplasma di Bari a conservare i semi, fece stampare opuscoli e organizzò manifestazioni, volle che le qualità della brassica fossero certificate da un istituto specializzato di Milano, sicché oggi al posto dell’area attrezzata riluce una riserva naturale. Una vittoria della lotta disarmata.
Ma in tutti questi anni l’associazione “A campa” è stata in sonno, i giovani di Strano si sono dispersi nel mondo e i cavoli sono rimasti ad aspettare un reale intervento di salvaguardia. Tornato adesso a San Piero Patti, Strano ha ripreso dunque da dove aveva lasciato, come se non fossero intanto passati trent’anni. Ha risvegliato l’associazione, ha riunito gli amici d’antan ed è andato dal sindaco Ornella Trovato con un pacchetto di idee ben chiare: istituzione di un parco naturale esteso a Mongiove, Tindari e Marinello, creazione a San Piero Patti di un istituto di ricerca sulla flora rupestre dei Nebrodi e costituzione di un centro per la conservazione del germoplasma della brassica. Di più: andando via, Strano ha lasciato detto che tornerà a ottobre per promuovere un convegno internazionale sul tema, anzi sul problema, aggiungendo che d’ora in poi sarà più attento e più vigile circa le sorti della sua brassica.
“Il solito Oreste Strano” dunque, come scriveva nel 1999 il collettivo Luther Blissett in un libro sugli anni di piombo, facendo il nome dell’ideologo di Autonomia Organizzata che figura quasi in ogni atto di terrorismo già dal 1967, quando a Novara guidava i capelloni contro la Celere, ricompare poi nella rivolta del carcere di Trani, nel processo 7 Aprile e in altre decine di casi, non ultimo il sequestro Saronio. 
Oggi, l’ultrasettantenne ex metallurgico ed ex partecipante «a banda armata denominata Brigate Rosse», il confrére di Toni Negri, Piperno, Scalzone e Fioroni, non ha ancora sotterrato l’ascia della lotta continua e a Novara, fra le altre intemerate, dirige il Coordinamento contro gli F35 mentre va intestandosi nuove battaglie civili e politiche. L’ultima l’ha vinta, essendo il mese scorso, appena tornato dalla Sicilia, stato assolto dall’accusa di avere nel 2009 interrotto in combutta una manifestazione di Casa Pound. Ma intanto il Comune si è costituito parte civile in un altro processo a suo carico, sicché l’indomito anarchico continua a vivere, ormai è quasi mezzo secolo, tra piazze, studi legali e aule giudiziarie. Il suo mondo, insomma. Un’appendice del quale è giù in Sicilia, sui Nebrodi verdi e azzurri come le brassiche.