pubblicato su La Repubblica di Palermo il 19 settembre 2014
Forse la copertina più bella, per l’aderenza al contenuto e la comprensione del titolo, è quella olandese de La forma dell’acqua: due mani a cucchiaio che riemergono vuote. L’acqua che prende la forma del contenitore è la metafora della natura umana, instabile e mutevole, nonché il punto di snodo del romanzo inaugurale del ciclo di Montalbano. Dove Andrea Camilleri nel 1994 vide il suo commissario “con un piede in aria”, cioè non ancora perfezionato. Appunto senza forma, come l’acqua.
La mostra aperta fino al 19 ottobre al Museo della musica di Bologna, intitolata “Camilleri a prima vista” e curata da Stefano Salis e Antonio Sellerio, allinea oltre cento copertine selleriane e straniere che si offrono a un confronto estetico come anche di rispondenza tra immagine, allestimento grafico e testo, riproponendo la vecchia e mai risolta questione - appunto di forma - se debba esserci compenetrazione di forma e sostanza. Una questione che il modello selleriano ha risolto da sempre optando per una grafica invariata e un’immagine di copertina evocativa ed esornativa, rare volte esplicativa. Scelta che non si ritrova invece nelle edizioni straniere, soprattutto anglosassoni, dove la presenza di elementi indicativi del contenuto è più ricercata. Bastano pochi esempi.
La francese Flayard ha voluto un vicolo per Privo di titolo, perché proprio in una stradina si consuma il delitto Grattuso. E per lo stesso romanzo la catalana El Balanci ha pensato alle sole gambe della vittima viste in una via al buio come l’aveva immaginata l’autore. Nell’edizione brasiliana di La luna di carta campeggia un uomo con una chiave in mano, quella servita proprio a trovare le lettere nascoste, mentre negli Usa e in Finlandia l’immagine di copertina per La pazienza del ragno è soltanto uno scooter, sul quale infatti viene rapita Susanna Mistretta. In Germania Il corso delle cose è stato tradotto, molto più opportunamente, in “Il gallo nel cesto”, perché la fabula sottende l’acquisto di un pollaio. Senonché, molto meno opportunamente, ma astutamente, il maresciallo Corbo diventa commissario di polizia così da poterlo imparentare a Montalbano. Le copertine delle diverse edizioni tedesche presentano comunque bozzetti agresti con urogalli e altri uccelli favolosi. Ma la casa editrice più attenta a forma e contenuto è l’inglese Picador che dissemina le copertine di numerosi motivi tutti conformi, anche nei particolari, ai temi dei romanzi: tanto che in Slovenia è stata letteralmente copiata. In linea di massima, anche gli editori stranieri indulgono a servirsi di opere d’arte per illustrare le copertine camilleriane, così come Sellerio, con l’eccezione della Penguin americana e della Picador britannica che hanno scelto il disegno originale.
La mostra è però occasione per non fermarsi “a prima vista” davanti alla biblioteca internazionale camilleriana ma di osservarne meglio le copertine per indagare il gusto e l’approccio Oltralpe e Oltremare, così da scoprire come la Sicilia è vista attraverso Camilleri. Siamo alle solite: marranzani e lupare.
In Germania si è arrivati a tradurre Un filo di fumo in “L’isola capricciosa”, sottotitolo “Una splendida satira della mentalità siciliana”. Epperò più che una satira Camilleri intese ricostruire un piccolo ambiente paesano sullo sfondo di una grande ingiustizia. Ma il massimo della mistificazione, sempre in Germania, si ha per La bolla di componenda, tradotto per una collana chiamata “Storie vere” col titolo “Una cosa d’onore”, allusione più che smaccata a Cosa nostra. Il colmo è quanto scrive il risvolto di copertina per accreditare la storia vera: “La prima esperienza di Camilleri con la mafia”. Si tratta in realtà di un saggio sul mercimonio delle indulgenze nel quale, in appena due pagine, Camilleri racconta quando nel ‘47 lui e lo zio Vicenzino furono fermati sulla strada per Palermo dalla banda Giuliano che trattò alcuni chili di pesce in cambio di un viaggio sicuro. Quell’episodio diventa senza rossore la trama del libro e gli dà pure il titolo.
E se in Danimarca la serie di Montalbano viene sempre presentata con la definizione di “romanzo criminale della Sicilia”, in Norvegia Il ladro di merendine diventa un romanzo scritto “a proposito di cibo e di uccisioni di siciliani”, quando protagonisti sono piuttosto donne, uomini e bambini extracomunitari. Negli Usa l’accostamento tra tavola e tabuto non è diverso se La forma dell’acqua risulta “un romanzo di cibo, vino e delitti”. Per non scalfire lo stereotipo siciliano, la Penguin ha peraltro pensato bene di raccogliere i primi tre romanzi di Montalbano sotto un unico titolo. Quale ? “Morte in Sicilia”. Non solo. In molte edizioni Usa appare in copertina una citazione di Donna Leon, la scrittrice americana che vive a Venezia, scrive gialli veneziani ma non pubblica in Italia: “I libri di Andrea Camilleri ispirano un senso di pace, di humour e di disperazione che restituisce l’aria della Sicilia. Leggerlo è come essere presi nella gloriosa, martoriata isola”. Niente di più contrario allo spirito di Camilleri che della Sicilia ha sempre colto la multiforme coscienza irenica ed apollinea.
Né la serie Tv di Montalbano (alla quale molte edizioni estere si richiamano dando al commissario in copertina, così come nella Repubblica ceca e in Svezia, il volto di Zingaretti, diversamente che negli Usa dove Montalbano ne La forma dell’acqua ha un aspetto più camilleriano) si è mai discostata da questo profilo.
Quanto ai titoli, la mostra bolognese non manca di casi a volte fuorvianti. Se è giustificato che Il re di Girgenti divenga in Francia “Il re Zosimo” per privilegiare il ribelle protagonista a scapito di un nome di città desueto, non si capisce perché in Germania Maruzza Musumeci sia inopinatamente “La donna in mare” e La setta degli angeli diventi “La setta dell’angelo”, rendendolo un noir esoterico. In Lituania poi Il ladro di merendine si trasforma del tutto immotivatamente in “Il ladro veloce”.
Il travisamento è comune e diffuso, ma in Spagna raggiunge l’ilarotragedia: Il sonaglio viene tradotto in “La youven del cascabel”, ovvero “La ragazza del serpente a sonagli”, quando peraltro il sonaglio si trova in fondo al mare. Ma forse la perla, in fatto di eccessi e iperboli, è norvegese. La pazienza del ragno è raccomandato infatti perché rivela “la decadenza morale dell’Italia di Berlusconi”. Il tentativo, un po’ dappertutto, è di impadronirsi di Camilleri e di farne un celebrato censore dell’Italia e della Sicilia, senza però tener conto che Camilleri si è sempre dichiarato un “italiano di Sicilia” e che la sua patria è Vigàta, a sua detta “il centro più inventato della Sicilia più tipica”.