venerdì 19 dicembre 2014

L'ammainabandiera della stampa siciliana


I quotidiani siciliani continuano a perdere lettori in un'emorragia che sembra non avere fine. I dati Ads di ottobre rilevano che in un anno il Giornale di Sicilia ha perso 8970 copie, la Gazzetta del sud 4577 e La Sicilia 3489 copie di vendita. Ogni giorno.
Chi ha perso di meno è dunque il quotidiano catanese, che ha pubblicato ieri su Repubblica una pagina pubblicitaria per dichiararsi il giornale più letto in Sicilia con 429 mila lettori rilevati dall'Audipress: cosa che dovrebbe significare che ogni copia viene letta da venti persone mentre una sola la compra! 
Eppure, secondo l'Ads, La Sicilia, con 21420 copie al giorno, risulta il quotidiano meno venduto mentre la Gazzetta del Sud è il primo con 28342 copie. Il Giornale di Sicilia segue con 25374 copie. Quanto alla tiratura (le copie cioè che escono dalla tipografia), La Sicilia stampa 35536 copie (39150 nell'ottobre 2013), il Giornale di Sicilia 36835 (47864 l'anno scorso) e la Gazzetta del sud 43321 (49441 nel 2013). Il Giornale di Sicilia ha quindi ridotto la tiratura di ben 11029 copie al giorno. la Gazzetta del sud di 6120 e La Sicilia di 3614. 
In due anni le tirature dei tre giornali si sono drasticamente ridotte. Nell'ottobre 2012 il Giornale di Sicilia stampava infatti ben 65866 copie (29031 in più di oggi), la Gazzetta del sud  53893 (10572 in più) e La Sicilia 53210 (17674 in più rispetto ad oggi).
Il calo di vendita è progressivo per tutt'e tre i quotidiani. Sempre secondo i dati Ads, a settembre scorso il Giornale di Sicilia vendeva 25090 copie e ad agosto 26049, la Gazzetta del sud rispettivamente 28746 e 32955, mentre La Sicilia 22232 e 24366. Il trend peggiore è quello che registra il quotidiano messinese che in due mesi ha perso 4613 copie contro le 2946 de La Sicilia e le sole 674 del Giornale di Sicilia, che si rivela dunque la testata con la minore perdita e perciò con il migliore recupero.
Causa del crollo di vendita è senz'altro la crisi economica, che pesa non solo sui quotidiani siciliani ma anche su quelli nazionali. Il Corriere della sera, secondo dati di ottobre, vende 286881 copie contro le 318019 dell'ottobre dell'anno scorso e le 364035 dell'ottobre 2012. La Repubblica vende oggi 272595 copie contro le 297104 dell'ottobre dell'anno scorso e le 346700 copie di due anni fa. 
Non stanno meglio i settimanali. Sorrisi&Canzoni è passato in due anni da una vendita di 624758 copie alle attuali 545493 rimanendo comunque il periodico più venduto. Panorama vende oggi 113707 copie contro le 183978 dell'ottobre 2012 mentre L'Espresso è passato, con una bella perfomance, dalle 97093 copie vendute due anni fa alle attuali 128085: segno che i rimedi contro la crisi ci sono e per giunta efficaci quando anziché suonare la ritirata riducendo i costi si dà la carica e si passa alla controffensiva.
Il deficit dei giornali è oggi soprattutto quello di mantenere uno stile di produzione rimasto fermo almeno a dieci anni fa e perciò non competitivo con i nuovi mezzi di comunicazione, siti web e social network, che sono gratuiti. In Sicilia l'ammainabandiera dei quotidiani è ancora più vistoso e penalizzante. 
Per scongiurare una fine annunciata, inevitabile se il calo di vendita sarà delle attuali proporzioni, gli editori dei tre quotidiani lavorano a un progetto che dovrebbe maturare alla fine dell'anno prossimo: la fusione delle tre testate in un unico quotidiano regionale. Il progetto prevede una forte dismissione di giornalisti in tutt'e tre i quotidiani così da conservarne un numero sufficiente per realizzare un solo giornale. Si tratta di un rimedio dettato dalla paura che comporterà un effetto distorsivo perché svuoterà di ogni significato il solo motivo che ancora lega ogni platea di lettori al suo quotidiano locale capozona. Quando messinesi, catanesi e palermitani non avranno più il loro giornale di riferimento tradizionale e storico, perché si liofilizzerà in uno che non potrà non essere peggiore di ogni quotidiano a diffusione nazionale, la scelta cui saranno spinti sarà quella di preferire appunto un quotidiano nazionale soddisfacendo l'interesse per l'informazione locale rivolgendosi al web che avrà ben validi motivi per esperire ogni sforzo di miglioramento. I tre editori, pur di rimanere in vita, anzi a galla, propendono per una soluzione che rischia di rivelarsi una forma di suicidio di massa. 
Non avendo le forze né le capacità per farsi venire nuove idee e migliorare i loro giornali, semplicemente rilanciandoli, preferiscono rinunciare alla propria identità e al connotato anche sociale che li distingue e concepiscono perciò il folle progetto di una fusione che finirà per mettere insieme dinamiche sostanzialmente contrarie, platee antitetiche, logiche locali inconciliabili, persino tifoserie nemiche, creando così le condizioni per una fine che sarà diversa solo nel senso che sarà unica per tutti. Esaltati e celebrati come signori della stampa al tempo in cui era facile vendere giornali, oggi gli editori siciliani tradiscono tutte le loro debolezze nell'incapacità di dimostrare il loro talento. E fanno pesare sui giornalisti non solo la crisi ma anche i propri errori, chiamandoli a condividere le perdite quando però al tempo delle vacche grasse nessuno di loro ha proposto mai di partecipare agli utili, affermando in questo modo una forma di solidarietà che vale solo come sacrificio condiviso. Anche questa è la Sicilia.