lunedì 22 dicembre 2014

Libero sì, anzi liberissimo: di fare pubblicità


Libero (il motore di ricerca, non il giornale) fa un giornalismo che è solo pubblicità. Tacciono l'Ordine dei giornalisti e la magistratura di fronte a una condotta costante. Nella homepage vengono puntualmente postate dalla piattaforma notizie apparentemente clamorose che inducono il visitatore a cliccare: per poi ritrovarsi in vere e proprie pagine pubblicitarie.
Oggi campeggia una foto di un Maurizio Costanzo dolente, teneramente abbracciato da Maria De Filippi. Sotto sfila un titolo che non può lasciare indifferenti: "La confessione shock di Maurizio Costanzo". L'impostazione fa pensare a una rivelazione davvero traumatica: a vedere la foto che ritrae Costanzo quasi morente si è indotti a pensare, senza alcun dubbio, a una grave malattia in fase terminale. Invece chi clicca finisce incredibilmente in una vetrina di computer in vendita e in altri pop up che si aprono "liberamente". La notizia bisogna cercarla altrimenti, finendo su Virgilio, finché eccola qui: si tratta di un'intervista rilasciata da Costanzo a un quotidiano, di quelle natalizie dove si parla di tutto e di niente, nella quale l'ex presentatore si auspica che dopo morto possa avere nella televisione dell'Aldilà un programma tutto suo. Insomma, una battuta di spirito, nemmeno tanto carina. E lo shock? E la confessione? Una presa in giro da parte di Libero i cui giornalisti sono evidentemente dei pubblicitari addetti a confezionare notizie, perché se fossero davvero giornalisti nessuno può evitare loro quantomeno un procedimento disciplinare da parte dell'Ordine.
Libero, sempre il motore di ricerca, non è nuovo a questo modo di fare giornalismo. Lasciato Costanzo, spunta infatti un'altra notizia ancora sulla homepage: scoperta un'altra causa della pressione alta. Si clicca, stavolta con meno apprensione e più curiosità, e si finisce in una paginata di buongusto e diete. E non è finita. 
Appresso Libero annuncia il video choc di una donna violentata sul bus. Non si capisce dove e quando sia avvenuto, ma si pensa a un fatto italiano. Dopo trenta secondi di pubblicità ineliminabile si vede, o meglio si intravede, un filmato che mostra una donna seminuda, la quale in certi momenti sembra addirittura ballare. Un'altra donna, vestita di turchese, sembra farle compagnia. Il fatto è accaduto, non si sa quando, a Nairobi! Questo dicono i "giornalisti" di Libero, ma può essere accaduto ovunque ci siano persone di colore. Di bus naturalmente nemmeno l'ombra. La scena è chiaramente ripresa infatti tra la folla per strada. Ma si sa che il bus e il palpeggiamento sono appetiti che sorgono insieme nelle teste più fantasiose.
Questo è Internet, un mondo senza controllo e senza freni dove tutti i webmaster sono giornalisti e dove, a cercare per esempio come si scrive una parola correttamente, si può finire in quelle sbagliate e crederle giuste se - affidandosi all'unico criterio della maggioranza dei risultati - sono di più. Ma del resto, come fare a disciplinare Internet che non ha cittadinanza né nazionalità? L'Italia può ben pensare a mettere sotto controllo l'informazione ma non risolverebbe il problema perché i "giornalisti" chiederebbero asilo presso un provider non italiano continuando però ad operare in Italia. Il solo modo per cautelarsi è di non prendere sul serio Internet, opponendo il massimo di scetticismo e incredulità. A cominciare da Libero, che però si prende fin troppo sul serio.