mercoledì 2 dicembre 2015

L'Isis minaccia anche la Sicilia?


L’ultimo segnale inquietante su possibili attacchi terroristici in Italia è partito il 19 novembre da Catania. Intervistato per strada da La 7 nel programma “L’aria che tira”, Amed, 23 anni, da cinque a Catania, ha inneggiato all’Isis e ha poi detto che l’8 dicembre Roma sarà colpita dallo Stato islamico: “I francesi hanno ucciso i nostri popoli e io sono d’accordo con chi ha ucciso i francesi. E giuro, l’8 dicembre c’è qualcosa anche a Roma. Tu non puoi fare la guerra a Dio”. La Digos lo ha cercato per farlo parlare ma Amed non si fa trovare. 
Che Roma sia nel mirino del terrorismo islamico è fatto noto. Che possa essere colpita, in uno dei suoi 1400 obiettivi sensibili, in una precisa data fornita da un immigrato rimasto a Catania è invece un fatto nuovo. Ha detto il vero Amed o si è lasciato prendere dall’odio verso l’Occidente cercando di accrescere la paura con una minaccia infondata? E soprattutto: quanti altri Amed ci sono a Catania e in Sicilia pronti non solo a esultare per l’Isis ma ad entrare in azione? 
Dopo Roma, e forse più di Roma, la Sicilia si presta ad essere un obiettivo privilegiato per i miliziani dell’Isis che stazionano Oltremare e hanno già lanciato proclami di aggressione contro l’isola. Per la vicinanza, per essere teatro privilegiato di continui sbarchi clandestini, per ospitare due strutture militari statunitensi come Sigonella e il Muos, è la Sicilia orientale il bersaglio che qualsiasi jihadista colpirebbe per primo. 
Il Muos di Niscemi è una base destinata a primeggiare nella guerra automatizzata mentre Sigonella è oggi la piattaforma di appoggio per ogni incursione aerea in tutto il continente asiatico, oltre che in Africa e Medio Oriente. L’Isis potrebbe vederli come obiettivi naturali della loro rivendicazione ideologica e simulacri del militarismo americano. Ma mentre la base di Sigonella, sia nella parte americana che in quella italiana, è superprotetta, il Muos è del tutto vulnerabile. Qualche giorno fa l’attivista Turi Vaccaro ha dimostrato che può essere violato penetrando oltre la rete e arrivando al suo cuore. Del tutto sguarniti sono altri possibili obiettivi, quali i cimiteri di guerra di Motta Sant’Anastasia e Siracusa, evidenti emblemi militari dell’Occidente.
Indifesi sono anche, sulla rotta Sicilia-Libia, i nostri motopesca che, in acque internazionali ma in prossimità del continente africano, navigano alla ricerca del gambero rosso e si espongono così a facili azioni di prima ritorsione. Il presidente del Distretto della pesca Giovanni Tumbiolo ha perciò rivolto un appello alle autorità di governo perché i pescatori d’alto bordo siano protetti e non ha nascosto il timore di azioni violente nei loro confronti. La rabbia di parte jihadista può essere rinfocolata dal fatto che l’aeroporto di Pantelleria viene utilizzato da aerei spia americani per ricognizioni nel Ciambri, al confine tra Tunisia e Algeria, dove è in corso una vera e propria guerra dimenticata, e per operazioni antislamiche in appoggio al governo tunisino. 
Ci sono dunque più motivi perché l’Isis si senta aizzato contro la Sicilia e muova dalla Libia dove sta completando il controllo assoluto. Ma ce ne sono altri, in parte appartenenti al recente passato, a destare preoccupazione: tali che il presidente del gruppo Cinquestelle al Senato, Mario Michele Giarrusso, ha cofirmato un’interrogazione per chiedere al Viminale di intervenire con urgenza e determinazione. Giarrusso riporta fonti giornalistiche secondo le quali la Calabria e la Sicilia sarebbero le basi logistiche dell’Isis e ricorda fatti avvenuti due anni fa, quando a Scordia furono arrestati due tunisini che svolgevano lavoro di braccianti ma in realtà erano organici a una rete terroristica che portava in Puglia. I due tunisini di stanza a Scordia furono arrestati su ordine della Procura di Bari e considerati miliziani giunti al quinto grado di preparazione, o di “avvicinamento”, superato il quale non toccava loro che aspettare la chiamata per entrare in azione come kamikaze o unirsi a un commando in qualche attentato da compiere nel mondo.
Mohsen Hammami, di 49 anni, e Ifaoui Nour, di 34 anni, ricordati come individui schivi e taciturni, sono stati accusati di associazione sovversiva finalizzata al terrorismo internazionale e istigazione all’odio razziale. Il loro capo era l’imam di Andria Hachemi Ben Hassen, arrestato in Belgio. Hammami e Nour partecipavano, secondo notizie del tempo che però non hanno avuto seguito, a campi di addestramento che si tenevano sull’Etna, sottoponendosi ad esercizi fisici molto pesanti, imparando il passo della biscia e osservando video di kamikaze all’opera.
Non si sono mai avuti riscontri a queste voci né sono stati in Sicilia istruiti processi. Nondimeno Giarrusso riporta nell’interrogazione grillina anche un passo di un sito, l’Osservatorio sulla repressione, per il quale “c’è una struttura parallela italiana che vende armi e addestra uomini destinati alle guerre che dilaniano il Medio Oriente in connessione con industrie italiane e con i rimasugli della banda fascista criminale della mafia del Brenta, molto simile alla banda della Magliana; sovrintende al tutto una cricca di camorra e una Gladio in sedicesimo denominata legione Brenno”.
Dove verrebbero addestrati questi uomini destinati alle guerre in Medio Oriente, con probabile riferimento alla Siria e all’Iraq? Il supposto campo di addestramento indicato due anni fa sull’Etna è forse quello di cui si parla? In un’intervista al Corriere della sera un anonimo trafficante di armi fa riferimento a una struttura clandestina operante in Italia, capace di reperire armi e addestrare milizie. Ancorché di addestramenti occulti si sia parlato negli ultimi anni solo in riferimento a quelli che sarebbero stati scoperti sull’Etna, si tratta tuttavia di supposizioni rimaste non dimostrate. 
Però, dietro questa ridda di voci e indiscrezioni, si apre un vasto campo di coltura delle possibili intenzioni dell’Isis, già espresse in questi giorni in alcuni video in cui il califfato rivendica i territori dell’Andalusia e della Sicilia, dominati nei secoli a cavallo dei primi due millenni. Non si tratta di proclami di nuova ideazione, ma di un repertorio millenario di sogni infranti ed esortazioni sacre. Già Hasan Al-Banna, il fondatore dei Fratelli musulmani, fu chiaro nella sua “Epistola ai giovani”: “Noi vogliamo che la bandiera dell’islam sventoli di nuovo, al vento e bene in alto, in tutte le contrade che hanno avuto la fortuna di accogliere l’islam per un certo periodo di tempo. Poi la malasorte ha voluto che le luci dell’islam si ritirassero da queste contrade, cadute nella miscredenza. Dunque l’Andalusia, la Sicilia, i Balcani, le coste italiane e le isole mediterranee sono tutte colonie musulmane e bisogna che ritornino in seno all’islam. Allo stesso modo occorre anche che il Mediterraneo e il Mar Rosso ridiventino mari musulmani, come lo erano prima”. 
Altrettanto chiaro è stato Abdallah Azzam negli anni Ottanta: “Il jihad resterà un obbligo personale finché ogni terra appartenuta ai musulmani non ci sarà restituita, così che l’islam torni a regnare: davanti a noi si aprono la Palestina, Bukara, il Libano, il Ciad, l’Eritrea, la Somalia, le Filippine, la Birmania, lo Yemen del Sud, Tashkent e l’Andalusia”. E la Sicilia, si può aggiungere, che standoal centro di quelle terre non può non essere restituita all’islam secondo un imperativo che il 26 settembre 2006 ha ripetuto perentoriamente Ayman al-Zawahiri, il numero due di Al Qaeda, incitando, come aveva fatto Bin Laden subito dopo l’attacco dell’11 Settembre, a portare il jihad in tutte le terre musulmane, dalla Cecenia alla Spagna.
La Sicilia è la regione italiana con il maggior numero di moschee e Catania la città che, con l’inquietante avvocato Michele Papa, negli anni Ottanta stabilì i rapporti più stretti con il mondo arabo. La Sicilia orientale è anche la terra che per prima toccano i migranti, impugnando non più la spada ma il Corano. Rappresentiamo insomma un boccone ghiotto per una civiltà che ritiene di essere la legittima signora di una terra, la Siqilliyya, rubata dagli occidentali che vi hanno insediato persino basi militari. Ora che l’Isis è a cento chilometri di distanza, nere profezie si addensano sul cielo siciliano. L’Isis può sentire la tentazione della Siqilliyya.

Questo articolo è uscito sul numero dei Vespri del 28 novembre 2105