martedì 4 luglio 2023

Vita di Gesù, Scritture da correggere

 Articolo uscito su Libero il 2 luglio 2023

Seppure in uno stile fin troppo elementare, quasi da intervento orale trascritto, poco sorvegliato e piuttosto lasco, In quel tempo (Solferino, pp. 256, euro 17) di Roberto Volpi offre un originale contributo alla conoscenza del Nuovo Testamento sotto l’aspetto di quelle che l’autore chiama “valutazioni quantitative” e che attendono allo studio statistico (la sua specialità: si ricordi Dio nell’incerto di due anni fa) della vita di Gesù e della nascita del cristianesimo.
Ma oltre alle cifre troviamo anche i simboli nel quadro di un’esegesi volta a dare significati mascherati in vicende, luoghi, percorsi e parabole: con il rischio però di incorrere in clamorose zeppe, come quella del viaggio verso Emmaus, distante da Gerusalemme undici chilometri, numero posto a indicare la somma degli apostoli dopo la morte di Giuda, per una deduzione di pura fantasia perché la Bibbia parla di sessanta stadi, misura corrispondente a circa quindici chilometri.
Nondimeno appare suggestivo lo sguardo di Volpi sui Vangeli, se letti con la consapevolezza di oggi che porta a dare un senso distorto a parole come “folla”, “moltitudine”, “popolo”, “mare”, “deserto”, “monti”, che nella Palestina del primissimo secolo corrispondevano a una geografia minimale e a un mondo semantico compreso in una sfera iperbolica ed enfatica perché intesa dalle Scritture a ricondurre sempre il Messia storico e umano alla dimensione divina facendo della predicazione un viatico della Passione. Così il Mare di Galilea, che ha conservato tutt’oggi il nome, è piuttosto un lago mentre monti e deserti non sono che surrogati di colline e pianure spoglie. La stessa Galilea non è al tempo di Gesù che una piccola regione di 700-800 chilometri quadri con una popolazione tra i settanta e gli ottantamila abitanti, per modo che i raduni di massa di cui parlano i sinottici vanno ridimensionati abbondantemente.
Gesù, che è in un’età matura quando appare, vista la durata media della vita, predica nella sola Galilea ebraica (ignorando quindi le due “grandi” città di Tiberiade e Sapphoris, perché di fede ellenistico-romana) e la attraversa in tutta la sua estensione, ma muovendosi quasi sempre ai bordi del lago, dove lo raggiungono le folle di pellegrini che molte volte sono composte dagli stessi seguaci decisi a riascoltare la sua voce. Ciò riduce ancora la consistenza della folla, termine che nei testi si muta in quello di “popolo” quando Gesù arriva a Gerusalemme, indicando la natura di cittadini dei gerosolimitani, ai quali però, nota Volpi, Cristo non parla mai se non nel Tempio, il solo luogo che lui frequenta raggiungendolo dal Monte degli Ulivi e dell’Orto di Getsemani che sono fuori città dove dimora venendo da Betania.
Gesù in realtà non entra mai nel cuore della città sacra se non unicamente durante il calvario, perché il Monte del tempio è a ridosso delle tre porte di ingresso e gli basta costeggiare le mura per arrivarci. Volpi nota come Gesù eviti dunque ostinatamente la città, che in verità non conquista mai perché è la città a conquistare lui catturandolo e mandandolo a morte. Dopo la quale, il popolo diventa nei Vangeli “moltitudine” in un’accezione dunque di gente non è ferma qual è una folla in ascolto, né astratta com’è per un “popolo”, ma in movimento e in agitazione, a rappresentare la nascita del cristianesimo e l’avvento sulla scena del suo vero fondatore, Paolo di Tarso, che costituisce il terzo atto, dopo la Galilea e Gerusalemme, della storia della fede cristiana proposta da Volpi. La quale storia nei Vangeli è narrata per diffondere la Buona novella, sicché nulla dice degli insuccessi di Gesù, che converte al nuovo Verbo quasi tutta la Galilea, si spinge nella miscredente Samaria ma fallisce nella meta decisiva, dove sono la roccaforte dell’ebraismo e il quartiere generale del paganesimo romano.
Volpi sottolinea il “taglio netto” che si produce tra la predicazione “domestica” in Galilea e la Passione che ha per teatro Gerusalemme, dove si ha una seconda cesura tra tempio e città. È in forza dell’apostolato svolto al chiuso che nasce l’avversione nei suoi confronti secondo uno schema per il quale il Gesù storico definito da Ratzinger, fonte privilegiata di Volpi, opera sempre in funzione di quello divino che solo a scribi e farisei, grandi sacerdoti e cohanim poteva rivelarsi.
Il libro è introdotto dal cardinale Camillo Ruini, che pur esprimendo esplicite riserve sulle competenze specifiche dell’autore in fatto di questioni teologiche, dallo stesso Volpi peraltro ammesse, ne loda “l’approccio” mostrato a una tematica riguardata con occhio nuovo.