domenica 3 novembre 2013

E' ubriaca, ma i medici non lo capiscono


Cosa deve fare un medico del Pronto soccorso quando si trova davanti una paziente che presenta una ferita lacero-contusa alla testa per effetto di una caduta che può essere stata originata da uno stato di ubriachezza di cui sembra in realtà preda?
Deve prima constatare che la ferita non abbia determinato un trauma cranico e disporre dunque una Tac immediata oppure deve verificare che il comportamento incongruo e incoerente della donna sia davvero conseguenza di una sbornia e dunque valutare l’eventuale trauma cranico in rapporto all’incoscienza etilica? 
I medici del Pronto soccorso del Cannizzaro di Catania non hanno avuto dubbi a propendere per il primo percorso, ancor più perché la paziente ha dichiarato di essere caduta a terra dopo essere stata aggredita e spinta dal marito. Ritenendo del tutto plausibile l’ipotesi, i medici hanno attribuito l’atteggiamento convulso e frenetico della donna proprio a uno stato confusionale di origine traumatica. Non hanno dunque avuto alcun dubbio a certificare un trauma cranico e disporre il ricovero in Chirurgia della paziente. La quale è stata dunque creduta in tutto, al punto da verbalizzare nel referto la sua dichiarazione e nonostante la sua evidente condizione instabile. Che ben poteva, in teoria, essere frutto invece di uno stato di ubriachezza.
Quando, avvertito da parenti, il marito è perciò giunto in serata al Cannizzaro, proveniente per lavoro da Palermo, si è trovato ad affrontare una palpabile avversione dei medici del Pronto soccorso che, sulla base delle dichiarazioni della paziente, hanno visto in lui la causa del trauma della donna. Ma all’uomo è bastato uno sguardo per capire che la moglie aveva ancora una volta bevuto ed aveva perciò battuto la testa a terra, non diversamente da altre numerose volte. L’uomo ha dunque chiesto ai medici se avessero compiuto il test alcolico sentendosi rispondere che non c’era alcun motivo per farlo. Per loro le viste di svampitezza di cui la paziente faceva mostra erano semplicemente colpa sua. Il marito ai loro occhi stava recitando una parte accampando una spiegazione odiosa. E tanto più ciò era vero perché la donna era andata in escandescenze, scendendo dalla branda e inveendo contro il marito, proprio al momento del suo arrivo. Appena giunto la donna aveva infatti preso a urlare accusandolo ad alta voce di averla spinta e additandolo come un femminicida. Per i medici non potevano esserci dubbi: la signora aveva avuto una forte contusione di cui la Tac avrebbe rilevato gli effetti nonché il perché del suo strano comportamento.
Inutili sono state le perentorie richieste del marito di interrogare il computer per accertare quante volte sua moglie fosse stata soccorsa in diversi ospedali in stato di ubriachezza o di procedere a un test alcolico. Sospettato, anche perché accusato apertamente dalla moglie, di averla aggredita, è stato invitato ad allontanarsi. Di fronte alle proteste dell’uomo, che pretendeva che la moglie venisse dimessa per portarla in un altro ospedale dove fosse realmente accertato il suo stato, i medici gli hanno richiesto di dimostrare che la donna fosse una alcolista, cosa che al marito sul momento non è stato possibile. 
Ad ogni modo, hanno opposto i medici, anche quando fosse stata ubriaca il problema che si trovavano ad affrontare era il trauma cranico. Ma è chiaro che se fosse stato accertato il suo stato etilico, le sue accuse contro il marito sarebbero cadute. Dopotutto il marito non era nemmeno in casa e questo sarebbe stato facile dimostrarlo. “Ma se lo fossi stato - dice - come avrei potuto dimostrare di non essere stato io a spingerla?”
Il giorno dopo l’uomo torna al Cannizzaro, ma i medici di Chirurgia non ritengono né di dimettere la donna né di dargli ascolto. Solo più tardi l’uomo capisce le ragioni di tanta contrarietà: quando apprende della dichiarazione rilasciata dalla moglie la sera prima contro di lui. Nel frattempo la moglie ha smaltito la sbornia e dice al marito di non ricordare niente delle sue dichiarazioni ai medici e tantomeno del suo stato di ubriachezza. La donna ricorda di essere caduta e di avere battuto la testa a terra. Nient’altro. 
L’uomo adesso teme di essere convocato dall’autorità giudiziaria per rispondere dell’accusa della moglie. La quale ha assicurato al marito che è pronta a dire la verità: cioè che non ricorda di averlo accusato e che lui non era in casa. Ma il timore dell’uomo è che la verità della moglie possa essere interpretata come una versione indotta con l’intimidazione. Se l’ha spinta per farla cadere può non avere esitato a costringerla a ritrattare.
Eppure tutto ciò non sarebbe accaduto se i medici del Pronto soccorso avessero appena digitato al computer il nome della donna. Ma oggi, in tempi di caccia ai femminicidi, la parola di una donna ferita vale molto più del buonsenso e della buona pratica.