Franco Battiato ai funerali di Manlio Sgalambro a Catania |
Avvicinato da una giornalista col microfono, che gli ha chiesto quale ricordo lasciasse Sgalambro, Franco Battiato l’ha guardata di sbieco per poi rilasciare l’unica dichiarazione data ai funerali dell’amico filosofo. Più che una dichiarazione si è trattato per la verità di una delle sue proverbiali uscite, del tipo di quella che gli costò il posto di assessore regionale.
Con una mano a carciofo e il passo di chi non ha tempo per trattenersi, ha rivolto appena uno sguardo alla giornalista per poi farle lui una domanda, ma tranchant: «Che domande mi fai, figlia mia?». Dando del tu a una sconosciuta trattata come una povera scema e usando toni che sarebbero stati gli stessi se al suo posto ci fosse stato Beppe Grillo.
I giornalisti non piacciono. Non sono mai piaciuti. Servono solo per magnificare, lodare e incensare. Quando non fanno questo e da pifferai si mutano in impiccioni le loro domande (perché altri mezzi non hanno i giornalisti che la sola intervista) diventano stupide, irritanti se non offensive.
La replica di Battiato, risentita per la banalità della domanda, che in realtà non si prestava che a risposte altrettanti banali, avrebbe meritato una controreplica su certa insensatezza dei testi di alcune sue canzoni: ma che canzoni mi fai, gioia mia? Ma anche quando la giornalista avesse pensato a una domanda meno banale (tale essendo in realtà la sua dal momento che il ricordo che lascia Sgalambro chiunque può facilmente immaginarlo senza che ce lo dica Battiato: che può averne uno personale e quindi degno di tenerlo riservato), quale mai avrebbe potuto essere il commento del noto cantautore se non una estemporanea banalità, visto peraltro che in ogni apparizione pubblica non ha mai brillato né per eloquenza né per sagacia?
Tuttavia la domanda della giornalista mostrava di essere alquanto diversa da quelle che molte volte sentiamo in televisione fatte a parenti straziati da un lutto, a persone appena scampate alla morte, a testimoni di orrori, domande del tipo “che cosa si prova?”, “come si sente?”, che davvero impediscono ogni risposta sensata.
Siamo talmente abituati a interviste strappate per strada e di corsa, che difficilmente sortiscono riflessioni ponderate e risposte pertinenti, da non considerare che è del tutto giustificabile il silenzio opposto da molti, pur visto come un atteggiamento di scortesia nei confronti del giornalista e dei telespettatori.
La risposta in forma di domanda pizzuta di Battiato interpreta questo sentimento diffuso ma non risolve la questione, perché i giornalisti sono tenuti a fare domande per il solo fatto che in una risposta può esserci una notizia, cioè la dichiarazione circa un fatto avvenuto o da verificarsi, un’accusa, una rivelazione o una replica che circuiti l’agenzia di stampa.
Che poi le loro domande debbano essere argute conta meno della possibilità che possa esserlo una risposta. Molte volte la domanda è solo pleonastica traducendosi in un invito a dire qualcosa, bastando perciò allungare il solo microfono. Senonché non volendo rilasciare dichiarazioni – scelta liberissima e insindacabile – chi come Battiato non ama i giornalisti perché non ne ha bisogno né indulge a parlare in pubblico può giudicare una domanda inappropriata e inopportuna se non stupida e sceglie quindi di tacere per non profferire ingiurie o stupidaggini. Battiato non ce l'ha fatta se non a metà.