mercoledì 26 marzo 2014

Le talpe, i corvi, le iene e i gufi

Il deputato nazionale del Pd Fracantonio Genovese, messinese
Appena letti ieri mattina i giornali - riferiscono i giornali - l'assessore regionale alla Formazione Nelli Scilabra, del partito personale di Rosario Crocetta e dunque operante su suo impulso, ma comunque mai di sua volontà, ha licenziato Maria Cristina Risoli, che secondo la Procura di Messina sarebbe la talpa che informava "il supremo", cioè il re della formazione Fracantonio Genovese.
Agendo dunque sulla base di informazioni giornalistiche, fondate da un'inchiesta giudiziaria che come tale è solo un'accusa ancora tutta da dimostrare davanti ai giudici, la Scilabra ha ritenuto l'addetta al dipartimento della Formazione non tanto una talpa quanto un corvo. Il disconoscimento della presunzione di innocenza, trattandosi al momento solo di un rapporto di polizia finito sui giornali, ha fatto premio all'ansia del governo Crocetta di evitare contaminazioni con il malaffare quando è proprio al suo interno che si stanno scoprendo bubboni di precedente data, è vero, ma esplosi per un accidente solo adesso. Nella lista nera dei proscritti non figura solo la Risoli, ma altri funzionari regionali, fatto che ha accresciuto la sindrome dell'appestamento al punto che l'assessore Bartolotta, vicino a Genovese, ha annunciato, dopo aver letto anche lui i giornali, il siluramento di tutti i quadri, che sono poi i suoi più stretti collaboratori.
In tutto questo barnum dove non si capisce non tanto chi abbia il cerino che passa di mano ma quanti sono i cerini che girano sfugge un principio che è alla base di quella "rivoluzione" nel segno della trasparenza e della legalità elevata da Crocetta a propria insegna: che in politica non vige la regola della responsabilità personale valida nella società e penalmente sanzionata ma quella della responsabilità cacuminale per cui di qualsiasi misfatto risponde non il reo ma il dante causa, cioè il governo nell'articolazione delle sue cariche. Quando, per fare un esempio tra tanti, evase Kappler dal carcere, non fu il direttore del carcere a dimettersi ma il ministro della Giustizia Gui. Ed è stato giusto così. Oggi è invalsa un'altra logica per la quale il mandante non è imputabile in caso di illegalità del mandatario.
Se il sistema perverso di ramificazioni interne creato nel ventre della Regione Siciliana dal gruppo Genovese, arrivato a controllare le nomine dei funzionari e quindi a dirigere i flussi finanziari in materia soprattutto di formazione, ha raggiunto livelli fino a ieri impresagiti può sorprendere l'opinione pubblica ma non quelle sfere istituzionali e politiche, in altre parole il governo e il Pd che sta al governo, che quegli eccessi avrebbero dovuto impedire senza opporre di esserne all'oscuro, perché in questo caso la colpa sarebbe addirittura doppia implicando anche quella - come fu nel caso del ministro Alfano ignaro, a sua detta, delle combine dei suoi funzionari nell'affare della kazaka estradata - dell'inadeguatezza al controllo se non della incapacità al governo.
Fracantonio Genovese, al quale il sistema regionale ha consentito di diventare "il supremo" e in questa veste di raccogliere il maggior numero di voti in Sicilia, a maggior gloria e interesse del Pd, che mai si era chiesto come facesse ad avere un consenso di proporzioni bulgare, costituisce da un lato l'ultimo capro espiatorio, peraltro con sua professione di accettazione, e da un altro il risultato del processo di degenerazione cui è pervenuta la politica siciliana, al cui tralignamento Crocetta non solo non ha opposto alcun freno ma, per contrappasso rispetto alle sue predicazioni, ha dovuto dare il suo imprimatur. 
Si dirà un giorno che, sotto il governo Crocetta, si ebbe lo scandalo della Formazione e, in più, la scoperta che i suoi uffici erano in mano non tanto alla mafia, contro cui gonfiava il fiero petto, ma al malaffare politico. Quel che però è inammissibile che i responsabili dell'accrocco siano adesso cacciati su due piedi solo perché lo dice la polizia e lo scrivono i giornali. Questo non è democratico e non è neppure segno di temperanza e buon governo.